Torna finalmente a operare a pieno regime la macchina Lucca Comics, destandosi dal suo letargo pandemico: dopo due anni di assenza totale o parziale il grande pubblico nerd riconferma l’istituzione della maggior fiera fumettistica europea, con numeri che superano quelli pre-Covid. Tornano anche ospiti celebri ed eventi esclusivi, dall’intervento del regista statunitense Tim Burton, icona della controcultura e del cinema horror, alla proiezione in anteprima di Red, il nuovo lungometraggio del franchise One Piece, a riprova della qualità della manifestazione e, soprattutto, della volontà di ricominciare dopo due anni di stop che hanno lasciato gli affezionati del festival affamati di leggerezza e comunità: tematica, questa, che è alla base dell’intero Comics, come esemplificato dal titolo Hope scelto per questa edizione.
Come di consueto, l’organizzazione stessa della fiera rivela le tendenze della cultura pop: è imperante e capillare la presenza manga, impressione coadiuvata dalle interminabili file di appassionati accalcati all’ingresso dei padiglioni delle maggiori case editrici. Benissimo anche il settore comics e illustrazione (sia italiano sia estero), sostenuto da presenze stabili del festival come Zerocalcare e Sio e ospiti d’eccezione; John Romita Jr, Ted Nasmith, John Blanche. Un po’ carente è l’area games, povera di annunci importanti per il pubblico generale e poco adatta ai più appassionati, che difficilmente potranno trovarsi meglio che negli ambienti di gioco e scambio delle rispettive città.
La critica più importante, però, va mossa all’aspetto economico ed organizzativo. Nonostante l’altissimo livello degli ospiti di quest’anno a tratti è difficile scuotersi di dosso l’idea di essere semplicemente dei clienti e non più parte di una comunità di amanti del fumetto. Fino a pochi anni fa si poteva discutere anche a lungo con gli autori, mentre ora i “firma copie” sono una macchina ben oliata ed efficientissima che porta a massimizzare il numero di interazioni a discapito della qualità delle stesse. È inoltre da segnalare l’aumento vertiginoso del costo di ogni singolo prodotto, dalla t-shirt al videogioco. Sembra incoraggiato il consumo sfrenato, con la consapevolezza dell’appeal che la fiera esercita sui suoi frequentatori: tendenza, questa, particolarmente esplicita nell’area Japan Town che quest’anno trasloca a pochi km di distanza dal centro della città. Qui la vocazione artistica del Comics è quasi completamente sottomessa all’aspetto puramente fieristico ed espositivo, con lo spiacevole effetto di un grande outlet di prodotti della cultura nerd.
Prendendo ancora a esempio Japan Town è doveroso affrontare l’aspetto organizzativo, che non è carente di per sé, ma in funzione della grandezza ogni anno maggiore della fiera. Sfiorando quest’anno il tetto dei 75.000 biglietti al giorno, con un’area espositiva sempre più estesa e un numero di ospiti che cresce in maniera esponenziale. La gestione delle folle non può e non deve affidarsi alla formazione di code chilometriche di ispirazione gardalandiana, che incidono in modo davvero negativo sull’esperienza.
Il nerd all’interno di questa manifestazione pare essere sempre più marginalizzato in casa sua in favore di un pubblico generalista. L’interpretazione di questo fenomeno è mista: con una maggiore apertura si tende a mediare le passione dei frequentatori più radicali ma è innegabile che allungando il campo ad un pubblico meno informato il compromesso fra specifico e settoriale possa avvicinare molti novizi a cinema di genere, fumetti e giochi.
Insomma, pare davvero idiosincratico il contrasto tra il livello in costante crescita qualitativa degli interventi e delle ospitate e la calante organizzazione. D’altro canto la contraddizione è insita alla natura di Lucca Comics and Games, e ne è in fondo anche la dote caratterizzante: l’ambientazione di quanto più è pop e mutevole sullo sfondo senza tempo della cittadella medievale, in un contrasto sacro-profano di cui abbiamo sempre più bisogno e a cui, forse, si può anche perdonare qualche difetto di organizzazione.
Giacomo Fasulo e Elisabetta Panzera