– Fabrizio Boschi –
Dopo due anni di agonia a causa del Covid, il settore turistico è ripreso a pieno ritmo e gli imprenditori delle aziende di noleggio con conducente hanno messo in campo tutte le loro risorse per assolvere al meglio l’ondata di richieste che si sono generate la scorsa estate. Oltre 300 aziende sparse su tutto il territorio nazionale per un volume d’affari di oltre 200 milioni di euro. Sono questi i numeri della SuperRete Ncc, nata il 30 settembre 2019 da un’idea di Mario Molinaro, fiorentino, ex bancario, ex taxista, oggi Ncc vicino alla pensione, nonché presidente onorario della SuperRete, che mette insieme i più importanti noleggiatori d’Italia in un gruppo whatsapp e sito internet superrete.com che collaborano e fanno impresa insieme senza alcun vincolo se non uno: il rispetto.
Presidente Molinaro, la stagione 2022 appena terminata, per gli Ncc è stata molto producente. Come si spiega questo incremento esponenziale del lavoro? La pandemia ha influito?
“Dopo un fermo di oltre due anni, la voglia di vivere è esplosa, insieme all’impegno dei tour operator e, i turisti, insieme agli eventi, hanno sconvolto con massicce richieste le aziende Ncc già stremate da 2 anni da incubo, con perdite irrecuperabili di dipendenti sistematisi prevalentemente nel famelico settore dei trasporti merci. Nessuno ha potuto prendersi giornate di riposo, per cogliere ogni opportunità di guadagno necessario a ripianare le enormi perdite del 2020/2021 cui il governo a guida Conte non è stato capace di mettere un freno”.
Lei è presidente onorario della SuperRete che raccoglie le più importanti aziende di Ncc nazionali. Di cosa si tratta? Come è nata?
“Nel trovarmi a dover soddisfare come Ncc la mia clientela ho dovuto cercare su scala nazionale delle ditte Ncc professionali e affidabili e crearmi quindi una rete di fornitori soddisfacente, da Milano fino a Catania. Intuendo che questa mia necessità era anche la medesima di tante altre ditte Ncc, ho promosso insieme ad altri colleghi la virtuale ‘rete d’impresa’ SuperRete, cui i miei stessi fornitori potevano liberamente relazionarsi fra loro per le loro necessità. Dalla serietà, professionalità, affidabilità, libertà, è nato questo network diventato una risorsa aggiuntiva per le aziende Ncc aderenti, cui l’unico obbligo è il rispetto”.
Non si paga niente?
“Non esistono quote da pagare, si entra su presentazione e si partecipa alla vita del network tutto in libertà e democrazia assoluta, tutto alla luce del sole. È in buona sostanza una rete d’imprese, priva di vincoli statutari e regolamentari, che consente liberamente la creazione di una rete fra gli aderenti, dove l’unico ‘contratto’ è la parola, seguita da una mail o da un messaggio whatsapp. Penso agli eventi della moda a Firenze, a Milano, a Catania, cui il network che abbiamo chiamato SuperRete ha contribuito concretamente alla buona riuscita degli stessi”.
Chi sono i vostri clienti?
“Siamo obbligati alla riservatezza sulle personalità straniere che vogliono discrezione e segreto professionale quando salgono sui nostri mezzi. Comunque, imprenditori, uomini d’affari, sportivi, attori, politici e anche reali, oppure anche semplici turisti in vacanza in Italia. Tanto per fare un esempio, uno dei nostri nel 2022 ha lavorato per la Casa Bianca, come altri dei nostri nel 2019 per Putin, altri per i vertici di Apple”.
Da cosa deriva il successo della vostra realtà?
“Ciascun membro, piccolo o grande, di questa virtuale rete d’imprese è il centro, quando da imprenditore-cliente usa le risorse del network, ovvero la certezza di una selezione, ed è una ruota dell’ingranaggio quando diventa, se vuole, esecutore ovvero fornitore”.
In che cosa si caratterizza?
“La libertà della scelta, della trattativa, dei termini di pagamento, delle regole d’ingaggio, tutte in sede privata e riservata. Dalla commessa di lavoro di 50 euro a quella da 500mila euro. L’insindacabilità delle scelte degli imprenditori. Il rispetto delle diversità culturali e aziendali tra regione e regione su cui gioca l’intelligenza dell’imprenditore che deve realizzare lavoro e ricchezza e certezze ai suoi dipendenti. Una realtà apparentemente fragilissima, ma nella sua ossatura fortissima, molto più di una rete d’imprese costituita che ha un suo direttorio costituito, nel mentre nella sua fluidità si vengono a creare ad hoc tanti direttori quante sono le missioni commerciali che si formano spontaneamente e si sciolgono altrettanto naturalmente”.
Sembra, dunque, una moderna agorà greca dove tutti si incontrano…”
Sì, è come una libera agorà di uomini e donne libere, una grande piazza all’interno di una città ideale, dove liberamente si incontrano, si cercano tra simili, parlano del loro mondo lavorativo, propongono, trattano e concludono affari, protetti, da alte mura dei fondatori, della democrazia partecipativa fatta di sacra, inviolabile, libera parola, sui valori del lavoro, sulla libertà di fare impresa, di creare ricchezza. Mura che sono a loro volta fortificate dai partecipanti, attenti e consapevoli di essere ciascuno responsabile della sicurezza della libertà della piazza, rendendo inespugnabile la medesima città ai tiranni distruttori della libertà di pensiero e di azione commerciale, alla riprova dei fatti vero motore del progresso, della ricchezza”.
Quante aziende vi aderiscono?
“Oltre 300 aziende, a breve 350. Ci manca persino il tempo di aggiornare il sito pubblico di riferimento tante sono le richieste di adesioni. Dall’estremo nord Italia, fino a Pantelleria, per centinaia e centinaia di auto, van, bus, e migliaia di migliaia di dipendenti. Tante piccole e grandi realtà aziendali che sono come tante fiaccole che illuminano tutte le strade d’Italia, che di fatto territorialmente copriamo bene, cui ciascuno di noi conosce bene almeno 10 colleghi del network”.
Qual è il vostro volume d’affari?
“Vi sono aziende che fatturano ad oggi, post-lockdown, 7 milioni di euro fino alle microaziende che arrivano al minimo a 70mila euro. Da una stima sommaria credo si vada oltre i 200 milioni di fatturato in totale. Ma come ripeto i dati reali degli affari che vengono conclusi a mezzo del network non lo sappiamo, perché’ tutto è ricondotto alle trattative dirette e personali. Stante quanto mi dicono i più grossi imprenditori, i volumi delle collaborazioni sono consistenti, anche di 10mila euro al mese di fatturato, e come abbiamo verificato sull’evento ultimo della moda di Milano oltre 300mila euro di fatturato, in divenire crescente, essendosi rafforzate le collaborazioni in vista dei futuri eventi, a beneficio della città ospitante, della clientela, e dei noleggiatori del network”.
Come mai allora a livello istituzionale non siete ancora riconosciuti?
“Come libera e micro-virtuale associazione di categoria, costituitasi e vivente come rete di relazioni, priva di istituzionalità, ma ugualmente vivente come ‘libero movimento’ non possiamo ambire ad un riconoscimento istituzionale dallo Stato, al pari dei grandi sindacati di categoria. Possiamo solo in punta di piedi esprimere la nostra opinione sul nostro lavoro alle varie autorità che sanno della nostra esistenza. Noi siamo un network, una rete d’imprese virtuale, una sana rete di relazioni tra imprese del settore Ncc, ma anche uno specchio di una vera democrazia che è ancora dominante in Italia e che ci lascia liberi di pensare, agire e fare affari. Mentre sono riconosciuti taluni autorevoli presidenti di sindacati partecipi della vita del network, che hanno rapporti istituzionali con lo Stato. Il network non è sindacalizzato, ma ha l’adesione di Imprenditori Ncc che hanno anche la carica di presidente di diverse sigle sindacali, come Cna, 8PuntoZero, e con partecipazione di altri sindacalisti di altre sigle con incarichi regionali o provinciali”.
Cosa servirebbe a livello normativo per venire incontro alle esigenze degli Ncc? Un mestiere che negli anni è molto cambiato…
“Secondo il mio modesto parere, che molto ascolta i big sindacali nazionali, un tavolo permanente di confronto tra le autorità politiche e i sindacati per disciplinare bene e in modo realistico la nostra funzione di ‘servizio pubblico’ in linea con i giganteschi cambiamenti di internet, dei telefoni, che rendono primitivo il rientro in ‘rimessa’, essendo il nostro lavoro ‘nazionale’, e rendendo l’attuale legge adatta ai tempi delle ‘carrozze’, con grave molestia alla produzione di ricchezza e posti di lavoro.
La questione della liberalizzazione delle licenze è risolta?
“Detesto il mondo selvaggio dei predatori che in nome di un malato liberismo distruggono il tessuto sociale, le sue regole scritte e non scritte. Vedo giusto che i taxisti come servizio pubblico da piazza siano tutelati nel bene della loro licenza, che costa una vita di sacrifici, nel numero che il Comune delibera nella considerazione di una visione precisa della domanda/offerta che garantisca il servizio ma anche il lavoro, mentre sulle autorizzazioni Ncc sempre come ‘servizio pubblico’ allargherei le maglie del numero soprattutto nelle grandi città che da decenni non emettono bandi. Chi vuole la liberalizzazione non conosce il nostro mestiere e forse non sa neppure generare ricchezza e lavoro”.
E la diatriba con Uber si è conclusa?
“Uber è un’applicazione come tante altre, condivisa oggi anche dai tassisti. Un tipo di servizio richiesto dalla clientela. O ci mettiamo nell’idea che siamo nel nuovo secolo e stiamo raggiungendo Marte, o restiamo al mondo delle carrozze con lo chauffeur con la tuba. Le polemiche appartengono soprattutto a chi non è imprenditore e non accetta le nuove tecnologie”.
Perché tra gli Ncc e taxi non corre mai buon sangue?
“Brutta storia e ancora più brutta in assenza di una legge chiara che metta in chiaro che il tassista fondamentalmente è un artigiano dipendente in modo anomalo del Comune, mentre un Ncc è un imprenditore dipendente dal mercato. I primi tutelati dal Comune, noi tutelati, se va bene, da Dio. Il taxista con la licenza trova da subito lavoro, l’Ncc, uscito dal Comune con l’autorizzazione, se vuole campare deve ingegnarsi come imprenditore e non certamente pescando tra il lavoro dei tassisti. I taxisti sono vulnerabili e se vogliamo che il servizio taxi, indispensabile, non sparisca deve essere protetto, mentre gli Ncc sono inaffondabili come imprenditori, col solo tallone scoperto della legge che li può uccidere, togliendo un servizio indispensabile ad una fascia di mercato. L’ignoranza del politico genera tra i cittadini scontro e anche cattivo sangue”.
Si può dire che il fulcro della SuperRete sia Firenze?
“Firenze, insieme a Venezia, è stato l’iniziale motore stimolante della nostra idea di rete. Decollati, oggi noi stessi restiamo impressionati dalla capacità di coinvolgimento dei colleghi milanesi o romani, o degli stessi siciliani, per non citare per brevità decine di città, di tutto il network, a riprova che l’Ncc è sì radicato al 70% nella propria regione, ma vocato per il 30% a lavorare sull’intero territorio nazionale in occasione degli eventi, dei tour, delle trasferte lunghe, ed altro”.
La Toscana che potenzialità di lavoro ha per gli Ncc di tutta Italia?
“Moltissime. Abbiamo sperimentato che i picchi di flusso turistico che richiedevano più auto di quanto la Toscana tutta ne abbia, ha generato un flusso migratorio di Ncc da altre città toscane, da Bologna, da Roma, dal Veneto, dall’Umbria, che con le loro lussuose vetture hanno pienamente risolto le grosse problematiche di una domanda enorme rispetto all’offerta, facendo fare bella figura all’Italia, oltre che alle aziende fiorentine praticamente all’urlo con lo tsunami della ripresa del lavoro che ha raggiunto il 150% rispetto al 2019”.
La rete infrastrutturale toscana però non li aiuta: penso alla Fi-Pi Li- continuamente bloccata dai lavori, l’eterna diatriba sui due aeroporti Firenze e Pisa, la Tirrenica. Che cosa ne pensa?
“Oltre alla Fi-Pi-Li direi anche la Fi-Siena. Purtroppo, siamo in Italia, ovvero nella tela del ragno della burocrazia e dell’Europa che condiziona i nostri bilanci. Sarebbe urgente un allargamento delle due microsuperstrade e un perfezionamento della tirrenica nell’interesse nazionale. Sugli aeroporti, quello di Pisa non richiede piloti con brevetto speciale come Firenze. Mia opinione personale: sarebbe stato meglio prediligere Pisa”.
Cosa chiederebbe al nuovo ministro del Turismo o a quello delle Infrastrutture e Trasporti?
“Chiederei la massima attenzione per lo studio di una legge quadro nazionale cui gli Ncc possano fare impresa al passo con la modernità, senza costringerci tutti a perdere tempo prezioso a fare fogli di servizio per controllare se rubiamo lavoro ai taxi, cosa che offende la nostra intelligenza imprenditoriale, in considerazione del fatto che esistono strumenti di controllo superiori, efficaci al 100%, sulla serietà degli Ncc, che nessuno ci ha mai chiesto, perché’ l’onda dell’ignoranza ci vorrebbe in catene, facendo del male a noi e soprattutto a tutti quei potenziali dipendenti che non vengono assunti a tempo indeterminato in onore all’ignoranza politica e ai supposti interessi delle cosiddette lobby dei taxisti, che come ripeto il nostro mercato, la nostra clientela rigetta. Abbiamo oltre 100 milioni di italiani ricchi all’estero di 2′ e 3′ generazione. Le nostre strutture diplomatiche non fanno abbastanza per indirizzarli in Italia. Manca una seria pianificazione strutturale, logistica e organizzazione in tale senso. Sarebbe il caso di liberare gli oltre 900 miliardi accumulati dalla tassazione sull’emissione delle monetine dalla Banca d’Italia, con una patrimoniale, da redistribuire anche tra le aziende del settore turistico colpito da 2 anni di Covid, oltre che abbattere il debito pubblico da subito per oltre 500 miliardi, in barba ai gufi che vogliono l’Italia al fallimento, o schiava dell’Europa”.
Fabrizio Boschi