– Andrea Cosimi –
Dall’inizio di febbraio anche in Italia è visibile sulla piattaforma Netflix la docu serie televisiva, di quattro episodi, “I milioni di Gunther”. Del cane Gunther, di Mian e della signora Gentili sappiamo già molto, non fosse altro per il solo motivo che, per un breve periodo, alla guida del Pisa Calcio ci furono proprio loro. Ma la narrazione del milionario pastore tedesco nella serie viene trattata in modo sicuramente seducente e gli episodi si lasciano vedere fluidamente, stimolando lo spettatore e alla fine lasciandolo con qualche domanda, forse volutamente.
Nella serie appare ripetutamente Massimo Marini, noto giornalista da sempre vicino al calcio neroazzurro e a Pisa, anche se il mestiere lo ha portato frequentemente in altri ambiti professionali. Lo abbiamo incontrato per parlare proprio di questa sua partecipazione, visto il grande successo della serie negli Stati Uniti e ormai pure in Italia.
Massimo, a quando risale la tua conoscenza con Maurizio Mian?
“Conobbi Mian nel 2002, sulle scalinate del Tribunale, quando si presentò per tentare di acquistare il Pisa e nominò il cane Gunther IV presidente onorario (con gli assegni di acquisizione in bocca). Sicuramente era una trovata pubblicitaria, ma ricordo bene che la sera, in tv, lo trattai male, perché ritenni questo atteggiamento poco rispettoso verso un dramma sportivo quale quello che si stava consumando da mesi nella città di Pisa per la passione di tantissimi tifosi”.
A distanza di anni, che idea ti sei fatto di Mian?
“Sicuramente di una persona dotata di intelligenza acuta, molto sensibile, ma i cui comportamenti a volte discutibili hanno offuscato le tante qualità che ha. Mian nasce come imprenditore farmaceutico, non dimentichiamolo, anche se poi ha scelto una vita del tutto diversa”.
Come è nata la tua partecipazione alla serie su Netflix?
“Circa un anno fa mi chiamò proprio Mian in persona, mi disse che il regista, Aurelien Leturgie, aveva bisogno di un giornalista su piazza per dare un contributo alla narrazione, avvenne dunque l’incontro e il regista si convinse da subito della mia partecipazione. Negli episodi, oltre ad alcuni miei interventi ripresi nella Villa Fanny a Livorno, ci sono immagini originali direttamente fornite dal mio archivio personale e da quello di Granducato tv”.
Che idea ti sei fatto della serie televisiva e di tutto quanto viene raccontato?
“Credo che tutto ciò che viene detto, talvolta in modo sibillino, vada interpretato e possa lasciare spazio a varie chiavi di lettura… e alla curiosità. Devo dire che mi sono ritrovato in una dimensione più grande e lontana da quella che inizialmente avevo immaginato, ma è stato ed è ancora stimolante averne fatto parte e gratificante essere stato apprezzato dal regista e dallo staff della produzione”.
“Come ti spieghi il grande successo de “I milioni di Gunther”?
“Al di là dell’Oceano è sicuramente in parte spiegabile con la passione per la spettacolarizzazione, tipicamente americana, anche se trasgressione e provocazione, in certi passaggi, non sono da meno. La formula narrativa è accattivante, dinamica, intrigante, al di là dei temi trattati”.
Un episodio che ricordi in modo particolare del tuo rapporto con la famiglia Mian-Gentili?
“Ricordo bene una puntata del “Neroazzurro di Massimo Marini”, dal Grand Hotel Continental a Tirrenia, durante la quale organizzai una diretta intercontinentale con Miami. Avevo la signora Gentili in studio, mi diceva che con il figlio non si vedevano da oltre sette mesi, fu bello farli dialogare a così grande distanza: Mian parlò dalla villa un tempo appartenuta alla cantante Madonna, fu tutto molto divertente e decisamente singolare”.
Un’ultima domanda: indubbiamente la Presidenza Mian-Gentili è stata la più facoltosa della storia del calcio neroazzurro, insieme a quella attuale di Knaster. Perché a tuo avviso non ha coinciso con un successo sul campo?
“Sia Mian sia la signora Gentili avrebbero voluto il massimo per i nostri colori, ma probabilmente erano un po’ ‘acerbi’. Tra l’altro la mamma coinvolse Maurizio anche per tenerselo un po’ più vicino. Mancò anche la fortuna e, va detto, se avessimo vinto a Bergamo contro l’Albinoleffe, in quella finale praticamente giocata in casa, sarebbe cambiata la storia del calcio neroazzurro per tanti anni a seguire: la signora mi aveva confidato che erano già stati stanziati una ventina di milioni per fare la B. Purtroppo sappiamo tutti come andò a finire e il futuro prese poi direzioni diverse e, in troppi passaggi successivi, di sofferenza e mancanza di successi”.
Foto in alto: Massimo Marini con il regista Aurelien Leturgie e l’assistente di produzione Fiammetta Luino