Se è vero che “gli archivi sono il sudore della vita, ciò che resta della fatica di vivere”, come dice Diana Toccafondi, componente del Comitato tecnico scientifico per gli archivi del Ministero della Cultura, da oggi Firenze (e più in generale tutta la comunità intellettuale) tornerà a respirare e a nutrirsi dell’essenza di Oriana Fallaci grazie al Fondo a lei dedicato e conservato tra la Biblioteca della Toscana Pietro Leopoldo (in cui si trova il materiale librario con le opere a stampa pubblicate in vita sia in italiano che in traduzione) e l’Archivio storico del Consiglio regionale, dove troviamo il materiale archivistico.
“Una belva assetata di sangue, una donna ruvida, difficilissima, ma anche simpatica divertente, romantica, femminile e molto dolce” (come ce la racconta il nipote ed erede Edoardo Perazzi che nel 2016 ha donato il materiale), una “fiorentina pura” (come si definiva lei), una fiorentina maltrattata da una città che non la riconosceva (come afferma Riccardo Nencini nel ricordare che furono pochissimi i fiori lasciati fuori al Santa Chiara alla sua morte), eretica nelle sue posizioni (da quelle contenute negli anni Settanta in “Lettera a un bambino mai nato” o nei reportage dal Vietnam fino a quelle del nuovo millennio confluite in “La rabbia e l’orgoglio”): con queste parole viene ricordata la giornalista che con l’arte delle sue parole seppe tener testa a un mondo fatto di uomini, seppe criticare, arrabbiarsi, essere scomoda nel portare avanti il suo lavoro con impegno e onestà, un’onestà che prima di tutto doveva a se stessa e al suo pensiero.
Oriana Fallaci già in vita aveva lavorato per organizzare le tracce della propria memoria dividendo la gran mole di materiale che aveva conservato in quattro archivi (Milano, New York, Roma, Firenze) attraverso i quali noi ora possiamo trovare la donna schiva nel parlare di sé ma maestra nel far parlare gli altri.
Sono conservate a Firenze oltre a libri, carte manoscritte, riviste (anche alcune di cucina), il materiale audio con molte delle interviste da lei realizzate, lei che in questo genere era maestra, basti pensare al quanto realizzò nell’incontro con Sandro Pertini o, ancora, all’intervista memorabile con l’ayatollah Khomeini davanti al quale tolse il velo, scoprì i capelli e così facendo, ancora una volta, disse ciò che pensava.
Ilaria Clara Urciuoli
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