“Quando sento la parola cultura mi viene voglia di metter mano alla pistola”. La famosa frase attribuita a J. Goebbels credo che possa essere attribuita a molte persone, magari senza l’arma da fuoco di mezzo. È forte il sospetto che la parola cultura, da colere (coltivare), susciti in tanti immagini di argomenti difficili e noiosi magari contenuti dentro libri polverosi e zeppi di parole complicate e concetti astrusi, cose da pochi e non da tutti. Eppure, secondo un‘accezione antropologica, cioè della scienza che studia come vive l’uomo sulla terra, la cultura di un popolo comprende tutto: la pastasciutta, Annalisa e Fedez, i vestiti di Armani, i profumi francesi, gli sport, le serie tv, i videogiochi, le barzellette, le storie d’amore, i balli, e chi più ne ha più ne metta. La cultura, insomma, è tra noi e siamo noi, anche quando pensiamo di starne lontani e distanti. In ogni luogo e solo con un briciolo di curiosità si possono scoprire dei mondi nuovi e divenire lievemente più ricchi di sapienza. A volte basta poco, per esempio un piccolo comune guidato da amministratori che i libri li sfogliano come quelli di Cascina, a pochi chilometri dalla dotta Pisa, tra cui alligna un attento e appassionato assessorato culturale diretto da Bice del Giudice insieme al suo staff della Biblioteca Comunale “Peppino Impastato” ben coordinato da Manuela Simoncini.
Basta, poi, che questi abbiano il ghiribizzo di esagerare organizzando una nutrita rassegna d’incontri culturali (Goebbels posa subito l’arma che altrimenti per te finisce male un’altra volta) denominata “Libri lungo le mura” e dalla durata di quasi due mesi, e si capisce come la cultura possa circolare tra noi con semplicità e competenza. Portandosi, nel suo passaggio, tanti semplici quanto importanti motivi di riflessione per le azioni quotidiane di ognuno di noi. Per spiegare bene e meglio questo concetto vorrei soffermarmi sugli ultimi tre incontri della rassegna appena conclusosi.
Il primo momento si è svolto nella Sala “Dario Fo e Franca Rame” della Città del Teatro con Stefano Massini, scrittore, drammaturgo e noto personaggio televisivo, definitosi “evangelizzatore culturale”, ma forse più semplicemente “comunicatore”.
Attraverso una riflessione ad alta voce sollecitata da alcune domande dell’assessore Del Giudice e del sindaco cascinese Michelangelo Betti e surrogata da esempi pratici e divertenti, Massini ci ha dimostrato come la letteratura ci parli non di cose astratte ma di noi. In questo modo ci permette di comprendere i nostri sentimenti meglio di uno psicologo, così un libro viene a costare pure meno di una lunga terapia psicologica. D’altronde, se ci si pensa, è vero che in qualsiasi spettacolo teatrale o film noi cerchiamo e vediamo quasi solo quello che ci riguarda. L’immedesimazione coi personaggi delle storie, quindi, può permetterci di rispondere a dubbi, quesiti che angustiano le nostre menti e sciogliere ansie e tensioni. Ovviamente se accettiamo di farlo e non fuggiamo via a gambe levate in cerca di evasioni più facili e persino lontane dal nostro mondo.
Il secondo momento ha avuto luogo presso la Biblioteca Comunale “Impastato” dopo una bella visita presso lo storico e suggestivo Oratorio di San Giovanni nel centro cascinese gestita dalla sezione locale di Italia Nostra, ed ha visto la presenza del conosciuto e apprezzato storico Franco Cardini, che ha presentato il suo libro “L’avventura di un povero cavaliere del Cristo. Frate Francesco, Dante, Madonna Povertà!” (Laterza Ed). Grazie a Francesca Fazzi e dopo l’introduzione di Alessandro Bedini, giornalista nonché discepolo dell’insigne docente universitario, la grande capacità affabulatoria del professor Cardini ha portato l’uditorio dentro l’incredibile avventura umana di San Francesco d’Assisi. In questo modo i presenti hanno riscoperto sia le avventure terrene del santo patrono d’Italia, come la partecipazione, non certo in qualità di combattente, alla quinta Crociata con l’assedio di Damietta del 1218, che ha riportato subito alla mente l’odierno e un po’ analogo assedio di Gaza, sia il suo rapporto stretto con Madonna Povertà durata tutta la vita. Tante le notizie uscite dalla ricca e documentata narrazione dello storico, alcune delle quali ci invitano a scegliere le fonti giuste quando intendiamo raccogliere informazioni importanti e veridiche dato che le fake news sono sempre a portata di mano con i conseguenti guasti, come tutti verifichiamo spesso.
Altra indicazione di Cardini è arrivata allorché ha affermato, prendendo spunto da insigni psicoanalisti come Jung (gli storici spaziano tra gli ambiti scientifici) che tutti noi sappiamo più di quel che crediamo di sapere. Perché dentro di noi ci sono le conoscenze tramandate dal nostro inconscio collettivo (Goebbels molla la mano dalla fondina, l’inconscio non è un nemico né esce dai Protocolli di Sion, ce l’avevi anche tu pur se molto disastrato) e poi incameriamo più di quel che crediamo e nei modi più disparati.
Il terzo incontro si è svolto di nuovo alla Biblioteca con un altro personaggio di livello, parlo dello scrittore-professor Enrico Galiano. Molto apprezzato, oltre che per il suo stile di scrittura per cui i suoi libri sono molto letti, per il suo stile d’insegnamento molto alternativo, Galiano ha illustrato la sua ultima fatica letteraria “Geografia di un dolore perfetto” (ed. Garzanti). Si tratta di un libro autobiografico, genere più accessibile di altri al lettore dato che vi si raccontano fatti veri facilmente condivisibili, in cui l’autore racconta della morte del padre ripercorrendo la complessità del rapporto da lui avuto col proprio genitore nel corso degli anni.
Dalla sua presentazione è emersa l’importanza di valorizzare i talenti nella formativa età giovanile. Infatti l’autore ha iniziato a scrivere perché nella sua età cucciola una suora notò la sua creatività immaginativa e lo stimolò a svilupparla. Quanti, fra noi, hanno avuto rapporti conflittuali con i propri genitori per cui pagine come queste possono senza dubbio dare conforto e consiglio. Io me lo segnerei.
Tre incontri, quindi, da cui si può dedurre che i libri non sono uno scoglio, un porto periglioso da raggiungere in quanto ostico e avulso dal reale, bensì una lente speciale con cui guardare sé stessi e il mondo circostante. Basta un po’ di buona volontà e fiducia per vincere il timore di non essere all’altezza (Goebbels, ho capito che tu eri all’altezza perché ariano, ma hai fatto una finaccia anche perché i libri li bruciavi senza leggerli). Insomma, questi tre autori ci ricordano che le parole sono importanti e che sono loro ad aver fatto progredire il mondo non le bombe. E saranno sempre loro a salvarlo se usiamo un po’ del sale che tutti noi, anche in maniera inconsapevole, abbiamo in zucca: parola di tre grandi. Siamo tutti meglio di quel che crediamo. A parte i Goebbels.
PS- Vorrei anche invitare quelle grandi menti sempre pronte a proclamare che con la cultura non ci si mangia, a fare dei bei girini a Lucca nei giorni in cui, durante tutto l’anno, si svolgono quelle grandi manifestazioni internazionali ivi organizzate. Vi troveranno centinaia di migliaia di persone di tutto il mondo circolanti in mezzo a canzoni, film, fumetti, libri, giochi, quadri e altro dello stesso “culturame”, vedendo e comprando. E pure bar, negozi, banchetti, ristoranti e alberghi strapieni. Per dire.
E per chiuderla del tutto che le giornate sono pizzicotti e le biciclette le rubano i livornesi (ormai ce ne saranno milioni al porto) vorrei mettere in mezzo pure una frase di Claudio Abbado, il direttore d’orchestra non un probabile terzino dell’ottima Sampdoria, per cui la cultura è ”un bene comune, e primario, come l’acqua: i teatri, le biblioteche, i musei, i cinema sono come tanti acquedotti”.
Il resto è silenzio, come (non) disse il mimo.
Guido Martinelli
Foto di Guido Martinelli e Bice Del Giudice