Per dar riposo alla mia mente stanca
E dar aiuto a i caldi mia sospiri
Poi che la lana al cor, e al corpo manca
Nacqui per sopportar doglie e martiri
Consorte cara in questo cieco mondo
Ne val ch’io seco mi dolga, o m’adiri
Le inedite terzine in rima incatenata dedicate a “Madonna Niccolosa Bacci sua consorte” da oggi esposte nella mostra “Per gloria dell’arte et honor degli Artefici” presso la Biblioteca di Arezzo ci permettono di scoprire un frammento (più privato e ingenuo forse, sicuramente meno noto) del genio vasariano. A riportare i versi una copia del codice conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze, che rientra nella selezione di manoscritti e stampe curata da Elisa Boffa per ripercorrere le vicende che lo hanno reso celebre tanto nel contesto aretino quanto in quello fiorentino.
Si apre con questo piccolo scrigno di cinque teche, testimoni di storia, la celebrazione dell’anno vasariano in occasione dei 450 anni dalla morte dell’architetto, pittore, storico dell’arte che tanto plasmò la Firenze di Cosimo I e che tuttavia mai dimenticò la sua città natale, tanto da definirsi lungo tutto l’arco della sua vita “l’aretino”.
La mostra ne ricostruisce, attraverso i documenti della stessa biblioteca, le radici tanto familiari quanto culturali: nella prima sezione troviamo infatti l’albero genealogico della famiglia, in cui si evidenzia la figura del bisnonno Lazzaro, del quale il pronipote scriverà che è stato stretto amico di Piero della Francesca, e di suo figlio Giorgio, il primo a prendere il cognome di Vasari in riferimento alla sua attività di vasaio.
Abbandonando così il cortonese de’ Taldi. Uno stemmario ottocentesco ci mostra invece lo stemma che, come spiega la didascalia, “Giorgio d’Anton Vasari celebre pittore [ottenne quando] fu ammesso al Gonfalonierato il 1561 in virtù di lettera di Cosimo I“. Sempre nella prima teca sono poi esposti volumi di Giovanni Pollio Lappoli, dal quale il giovane Giorgio ricevette una prima educazione umanistica, e di Paolo Giovio che gli fornì l’ispirazione per la scrittura delle Vite.
Preziosa la seconda teca in cui, accanto ai documenti che testimoniano la posa della prima pietra delle logge vasariane di Arezzo, troviamo il manoscritto autografo risalente al 1547 della sottoscrizione dell’accordo tra il poliedrico artista ancora trentasettenne e l’abbate del Monastero delle sante Flora e Lucilla per la realizzazione della tavola raffigurante il Banchetto di Ester e Assuero.
Seguono poi i volumi che hanno fatto la fortuna del Vasari storico dell’arte: si parte infatti dalla seconda edizione delle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori per arrivare ai Ragionamenti, pubblicati postumi dal nipote Giorgio Vasari sempre all’interno di un progetto mediceo, e continuare con quella che sarà la fortuna dell’aretino nei secoli successivi.
A festeggiare l’apertura dell’anno vasariano accanto al sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli, al direttore della Fondazione Guido d’Arezzo Lorenzo Cinatti, al presidente dell’Istituzione Biblioteca Città di Arezzo Alessandro Artini e alla curatrice di questa prima mostra Elisa Boffa, anche il presidente del Comitato “Arezzo. La città di Vasari”, Carlo Sisi, che ha illustrato i vari progetti che animeranno la città fino al prossimo febbraio tra i quali, fortemente attesa per la sua valenza internazionale, l’esposizione curata da Cristina Acidini “Il teatro delle Virtù” che sarà allestita in autunno presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea.
Ilaria Clara Urciuoli