Vi ricordate la splendida cover firmata Dalla&Ron “Una città per cantare”? Orbene, avrebbe potuto essere la colonna sonora di Pisa fino alla fine degli anni ’70, poco più o poco meno. Poi il “progresso” ha bloccato il cuore pulsante della città, imponendo agli ultimi residenti superstiti il trasferimento nei comuni limitrofi. E da allora non si “canta” più.
Come non rimpiangere i caratteristici rioni, dove le comunità si ritrovavano nei vari esercizi commerciali aperti in gran parte nei primi anni Cinquanta. Quelli erano i veri luoghi di aggregazione e confronto, altro che Internet e Social. Ci si guardava in faccia, per confrontarsi, per socializzare, magari anche per fare anche gossip, come di solito avviene nelle piccole comunità. Ci si dava il buongiorno e la buonasera anche tra sconosciuti, i bambini giocavano per strada anche se non era ancora stata pedonalizzata. Adesso nessuno non saluta più, manco quello che abita alla porta accanto, non si canta più ed i bambini giocano con telefonini e tablet, mentre gli adolescenti spappagallano gli influencer o peggio le babygang.
Guardando ad esempio, i cambiamenti radicali della parte di Tramontana, come non si può rimpiangere negozi e negozietti che la rendevano viva? Nella piazzettina di via Palestro, accanto al Teatro Verdi, in pochi metri operavano un calzolaio, un giornalaio, un macellaio, un negozio di alimentari, un fruttivendolo. Tutto in poche decine di metri. Pochi passi ancora, da Via dei Rigattieri, dove si
commerciava praticamente di tutto, passato lo storico colonnino di Borgo Stretto eccoci accedere in Piazza delle Vettovaglie, non prima di aver dato un’occhiatina al caratteristico pertugio che ci riforniva quello che un tempo era il cibo dei poveri: baccalà e stoccafisso. Da qui le meravigliose vetrine dei “Cesqui” o del Panificio Bufalini, la Casa del formaggio, i pescivendoli e per la gioia dei più piccoli e non solo, il mitico banchino del bombolonaio.
Che dire dei Lungarni Mediceo e Pacinotti. Scomparso lo storico caffè Pietromani, poi conosciuto come Volpi, il ristorante le tre Donzelle, il Bar Moderno, il Banco della Berlina, il negozio del Quadrini, quello di Strumenti Musicali Gastone Bini. Tutto scomparso, sostituito da locali per la movida non stop, per la disperazione dei pochi residenti rimasti, al limite della pazienza e della…. sordità. Anche i ristoranti, come Turiddo, Davide, e il mitico “Da Bruno” sono scomparsi dopo svariati decenni di gustosissima attività. E tutto questo in nome di un progresso che a noi non appare tale, come vedremo, nella prossima puntata quando andremo a “riesumare” il commercio e la vita che fu nella parte di Mezzogiorno. Nel frattempo, dalla “Città per cantare” passiamo al “canta che ti passa”…. la malinconia.
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La rubrica si chiama “Lo Scolmatore” perché, quando il troppo è troppo, è opportuno aprire le paratie dando libero sfogo all’acqua del fiume, per evitare che tracimi allagando tutto. Ogni riferimento al canale Scolmatore, che dall’Arno devia l’acqua in eccesso al mare, è voluto. Un libero sfogo ragionato da cui si possono trarre spunti di riflessione interessanti.
Foto: Pisa, vita e memorie della città (Facebook)