Un intreccio di potere e devozione si condensa nei bronzi argentati, negli ori e pietre preziose, nelle stoffe ricamate, pezzi unici esposti fino al 7 gennaio al Museo Marino Marini di Firenze. Un intreccio che rende onore a uno dei luoghi più importanti della storia dell’Occidente e non solo, la Terra Santa. Crocevia di culture e detentrici di un potere universale quelle terre sono forgiate da secoli di storia che oggi possiamo avvicinare attraverso i 108 oggetti esposti nell’antica chiesa di San Pancrazio, opere provenienti in larga parte dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme: in mostra troviamo infatti capolavori di elevato pregio artistico mai esposti prima, doni di re e imperatori che a più riprese hanno voluto (talvolta forse dovuto) mostrare attraverso oggetti sacri di estremo valore e di pregiata manifattura la propria devozione e insieme il proprio potere. Riconosciamo così stemmi e visi che hanno segnato le sorti del mondo: l’aquila del Sacro Romano Impero e il giglio di Francia, il ritratto di Carlo III di Borbone e quello di Francesco I di Lorena.
Spazio di rilievo viene dato al Granducato di Toscana grazie alla presenza dell’Altare dei Medici che attualmente occupa uno dei luoghi simbolo della cristianità, la navata latina del Calvario. Di questo altare fa parte l’Ornamento di Ferdinando I, che in occasione di questa mostra è stato restaurato, e che conserva un dettaglio unico nel suo genere. Ideato nel 1588 e fuso nel 1590 da Frà Domenico Portigiani nel convento fiorentino di San Marco, contiene i sei prestigiosi pannelli decorativi dedicati alla narrazione della Passione di Cristo e un dossale scolpito a bassorilievo dal Giambologna. Ma la particolarità di questo pezzo risiede nella presenza, accanto alla corona granducale che troviamo agli angoli sopra le quattro armi medicee, del cappello cardinalizio che ci racconta come, nel momento in cui aveva commissionato l’Ornamento, Ferdinando I unisse sotto di sé i due titoli. Poco dopo, il 14 dicembre 1588, sceglierà di rinunciare a quello di cardinale per poter dare una discendenza alla famiglia.
Se nella cripta al piano inferiore del museo si possono ammirare doni come questo di incredibile valore, non meno affascinante è la ricostruzione della lunga storia del luogo che troviamo al piano terra, partendo proprio dalla Cappella Rucellai che ha nella sua stessa architettura un legame speciale con il Santo Sepolcro, avendo Leon Battista Alberti realizzato l’opera come replica della basilica di Gerusalemme. In quegli spazi infatti ci viene raccontato lo stretto legame che unisce Firenze e la Toscana alla Terra Santa già a partire dalla prima Crociata quando Pazzino de’ Pazzi riportò a Firenze tre pietre del Santo Sepolcro, da lui ricevute come ricompensa per aver scalato le mura di Gerusalemme e così aperto la strada ai crociati. La tradizione vuole che, una volta giunte in Toscana, quelle stesse pietre fossero usate il sabato santo per accendere il fuoco benedetto nella Cattedrale che veniva poi distribuito ai fedeli, prima di vederle usate oggi, mutata la tradizione, per dare avvio allo Scoppio del Carro la mattina di Pasqua.
Ilaria Clara Urciuoli