C’è ancora chi legge poesie? I professori, certo, e gli studenti (almeno quelli più diligenti). Qualche
ricercatore, forse ancora qualche editore. Come biasimare gli altri, quelli trascinati dal tempo in corse
rumorose, in una quotidianità che divide la nostra attenzione e noi stessi in un multitasking dalla dubbia
produttività?
Eppure resistono ancora i poeti, che con i propri versi talvolta gettano un’ancora e ci donano la cima per ormeggiare nel porto segreto dove coltivare il meglio dell’umano. Ha scritto Auden che l’angoscia è causata dalla mancanza di passione. E aggiunge che “solo un’anima sublime può cavalcare la tempesta”. La passione e il sublime: questo cercano i poeti.
Renzo Ricchi, con la sua ultima raccolta “Profezia dell’Essere” (Book Editore, prefazione di Giuseppe Langella), segna un ideale compimento del proprio percorso poetico, attraverso versi che ci guidano lungo temi cari al poeta. Tra questi il tempo – che è affermazione dell’istinto vitale dell’uomo che non dimentica ma prosegue lungo il suo cammino -, il dubbio e la fede – scommessa del cuore -, la malinconica accettazione di una destinazione che ci accomuna ma che, lungi dall’essere livella, eterna il destino compiuto di ognuno in un altrove che non ci disperde.
Giunto a maturità, Ricchi condensa i grandi interrogativi del pensiero in parole semplici ed evocative che restituiscono a tutti l’essenza di un lungo cammino: se spesso troviamo la data di composizione (che fa di questo testo quasi un diario poetico), ben oltre il singolo episodio è l’approdo al quale giunge. Esso abbraccia piuttosto l’intera storia e, attraverso l’immobilità di una luna di leopardiana memoria, scioglie ogni tensione cantando “l’abbondanza del poco” (che ci riporta a un Turoldo poeta molto caro a Ricchi) e insieme “la fragilità del sogno” al quale pure aveva relegato la salvezza (“Solamente sognando ci salviamo”).
Una raccolta densa che è anche dichiarazione di poetica (“Tra solitudine e silenzio/approda a noi la Parola/vertiginosa preghiera/spazio illimitato/orizzonte del Pensiero”) e commiato con una buonanotte che accoglie l’orizzonte di un’intera vita per congedarsi, lasciandoci una meditazione poetica di grande intensità, un canto che celebra insieme la fragilità e la bellezza del vivere.