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Mangiare costa sempre di più, anche in Toscana. Che fare?

- Economia, Primo piano
8 Dicembre 2024

Secondo alcuni dati Istat diffusi dal Ministero delle imprese e del Made in Italy andare fuori a mangiare una pizza, con bibita, a Firenze può costare fino a 18 euro. La media parla di 12,64 euro. Non sono pochi. La città meno cara della Toscana è Livorno, dove si spendono intorno agli 11 euro (la media parla di 8,67 euro). Una cifra davvero molto contenuta. Per cavarsela con così poco, in Italia, bisogna spostarsi al Sud.

Ma perché costa così tanto mangiare fuori anche un semplice piatto come la pizza, i cui ingredienti base sono farina, lievito, acqua, pomodoro, sale e un po’ di mozzarella? Ci parlano sempre delle materie prime, sempre più care, ed è sicuramente vero. Ma dobbiamo anche considerare gli altri costi che incidono: a partire dagli affitti del locale, per non dire delle spese del personale. Ecco che mangiare fuori, anche una semplicissima pizza, diventa un lusso. Pensate ad una famiglia di quattro persone a cui piacerebbe uscire fuori, una volta a settimana, per mangiaresi una pizza. Può permettersi 288 euro di spesa al mese, a cui magari aggiungere 40 euro per due gelati (8 in un mese) ai bambini? Se facciamo due conti rapidi secondo noi no, non può farlo.

Per questo motivo sarebbe utile promuovere la diffusione del cibo di strada, piatti semplici e fatti come si deve, ma con ridottissimi costi fissi e la possibilità degli esercenti di venire incontro ai consumatori proponendo dei prezzi umani. Si potrebbero preparare i piatti più disparati, organizzando delle piccole cucine sui furgoncini, ovviamente seguendo tutte le disposizioni previste dalla legge in materia di tutela della salute. Evidentemente occorrerebbero però degli incentivi, per aiutare chi fa impresa, perché partire da zero e avere a disposizione un furgone con tutte le attrezzature a norma non è banale né economico. Le ricadute sociali ed economiche, però, sarebbero enormi.

Ampliando lo street food si danneggerebbero i ristoratori che vedrebbero ridotti i loro volumi di affari? Non è detto. Mangiare per strada o seduti su una panchina non è comodo né adatto a tutti, bisogna adattarsi. Di certo si darebbe una possibilità di scelta a chi non può permettersi di spendere troppi soldi per nutrirsi: studenti, stagisti, lavoratori con basso reddito, ecc.

Nelle vecchie osterie di una volta si mangiava con poco quello che veniva proposto ogni giorno. Oggi, molto spesso, quelle stesse osterie sono diventate “fighette”, specie nelle grandi città, ed è facile lasciarci 40-50 euro, se ti va bene. Business is business? Sì, è vero. Ma i soldi sono pochi, nelle tasche di tanti italiani, in vent’anni l’inflazione si è pappata una gran bella fetta dei nostri stipendi e mangiare bisogna mangiare. Non è giusto costringere le persone che vanno a lavoro a portarsi il cibo da casa e a consumarlo, nella maggior parte dei casi, sulla propria scrivania. È un imbarbarimento inaccettabile. Il cibo di strada non è la soluzione di tutti i mali, ovviamente. Ci sarebbero anche le mense a prezzo calmierato (sempre più difficili da trovare), a cui lo Stato dovrebbe riconoscere dei vantaggi fiscali per venire incontro al fatto di dover limare all’osso i ricavi, contenendo i prezzi. E che dire dei buoni pasto con cui, spesso, molti lavoratori non riescono neanche a prendere un primo e una bottiglietta d’acqua. Che vergogna…

Il tema del costo del cibo, specie nelle pause pranzo dal lavoro, è di strettissima attualità. Cari politici, ve ne volete occupare?

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Giornalista.

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