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Scusate, stasera si parla d’amore

- Cultura
13 Dicembre 2024

In un mondo che ogni giorno lancia preoccupanti segnali di odio, in questa sorta di terza guerra mondiale a pezzi che stiamo tutti tragicamente vivendo, messaggi che invece richiamano a sentimenti opposti di disponibilità e amore vanno evidenziati e accolti con favore, nella speranza utopistica che possano essere raccolti da chi invece semina odio.

Ci riferiamo a una nuova proposta editoriale delle Edizioni Felici, una collana denominata “Costellazione Cupido” che intende coniugare l’amore in una molteplicità di modi, colori, profumi, odori, situazioni…tramite storie, versi, frammenti, racconti e quanto ancora altro non sappiamo e non vogliamo. L’intento di questo manipolo di poeti e scrittori pisani è di “suscitare un fuoco d’amore che rinnovi la vita e si colga ogni moralismo che soggioga corpo, sentimento, pulsioni, visioni, punti di vista”.

Fanno parte di questo collettivo: Alessandro Scarpellini, Dino Fiumalbi, Cristina Lastri, Guido Martinelli, Isabella Moretti, Piero Pancanti, Marina Sacchelli, Genny Sollazzi, Renzo Zucchini.

Sabato 14 Dicembre, presso la libreria Blu Book in via Toselli 23, alle ore 17, verrà presentato il primo libro della collana, ovvero “Scusate stasera si parla d’amore” di Guido Martinelli. Presenterà l’evento Mariachiara De Neri con il prezioso contributo del Gruppo di lettura Romance e la voce della cantante Sara Gambini.

L’opera raccoglie 22 voci fittizie, maschili e femminili, di varia età, estrazione sociale e provenienza geografica raccolte un po’ alla rinfusa, come se fossero tante persone sedute sopra un grande divano in uno spazioso salone con tanta voglia di raccontare, senza rispettare un ordine o avanzare pretese letterarie, tutte quelle sfaccettature dell’amore da loro vissute in prima persona. Ventidue brevi racconti in cui si parla di tutti i tipi di amore, non solo quello uomo-donna, compresi quelli tra fratelli e nonno-nipote. Per dare un’idea di cosa si tratta su gentile concessione dell’Editore Felici vi proponiamo, di seguito, un racconto dedicato dall’autore a suo nonno Umberto.

A NONNO UMBERTO

I baffi neri e folti, la maglia spessa di lana in tutte le stagioni, quel sorriso ruvido che diventava persino una grassa risata dopo una di quelle tue collere tremebonde. Non mi incutevi timore perché sapevo com’eri: grande, tenero, comprensivo, acuto, ruvido, ma anche dolce come l’uovo sbattuto che ci preparava zia Teresa. Ero piccolo, allora, ma era impossibile non capirti.

Lo bevevamo insieme, tutte le mattine, quell’ovetto, e quando la mia tazza tonda era vuota strizzavi l’occhio e mi dicevi: «Bravo, è così che si diventa grandi». Mi piaceva vederti andare via col fucile a spalla con i tuoi compari di caccia e avrei dato un braccio per venire con voi all’avventura, ma non mi ero concesso e allora mi sfogavo inseguendo gli uccellini con la fionda intorno casa.

Me l’avevi fabbricata tu, un giorno nevoso davanti al fuoco del camino che se mi allontanavo solo di un metro rabbrividivo, mentre tu stavi lì, fiero e sicuro di te, in camicia, e mi sorridevi beffardo e affettuoso. Rammento quando, durante la mia quarta estate, babbo ti disse che era stato trasferito in città e quindi ce ne saremmo andati via con lui e tu, con un’espressione insolita, mi apostrofasti con un: «In città ci vai con quelle gambe secche lì?» io pronto ti risposi balbettando: «Ci… ci va… vado… do… do con le tue no no… nonno» che rimase storico in famiglia.

Già, tu eri per me il “papà nonno”, la testa lucida e bianca che decideva tutto nella fattoria: le semine, i raccolti, le fascine di legno da mettere in salvo per l’inverno, gli animali da allevare e come e quando macellare, e pure i mariti e le doti per le donne che la mamma te lo rinfacciò tante volte: «Papà, potevate consigliarmi meglio, però».

Eri quello che mi ha insegnato a scalare il ciliegio davanti la stalla e a mettere le esche per pescare le trote nel fiume, che ridesti come un matto quando finii con le scarpe dentro i flutti facendo infuriare mamma e zia. E la tua mano che tremò carezzandomi l’ultima volta che ci siamo visti dopo il mio decimo natale.
Te ne sei andato dormendo: la migliore fine.

Dopo la tua fuga nell’altro mondo, come mi spiegò mamma con gli occhi lucidi, mi sei apparso tante volte nei sogni, sorridendo tranquillo con quei baffi sempre più folti. Quella volta, più grandicello, che ritornai nella stalla ormai vuota, inutile, desolata e ritrovai il tuo bastone scheggiato in mezzo a una balla di fieno, piansi come quei vitellini che portavamo insieme a pascolare.

Le mie lacrime, quasi adulte, erano per il tempo che non abbiamo potuto condividere, i consigli rimasti inespressi. Aveva ragione mamma: eri l’asse portante di tutta la fami- glia, ormai dispersa nel mondo e nell’aere accanto a te.

Ti mando un saluto e un brindisi immaginario con quel gotto di rosso con cui concludevi le tue giornate. Alla tua salute vecchia quercia: la qualità del tempo che ho vissuto fino a oggi è anche merito tuo.

Guido Martinelli

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Un fiume unisce la Toscana e rappresenta il modo di vivere forte e intraprendente del suo popolo. L'Arno.it desidera raccontarlo con le sue storie, fatiche, sofferenze, gioie e speranze. Senza dimenticare i molti toscani che vivono lontani, o all'estero, ma hanno sempre nel cuore la loro meravigliosa terra.

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