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Anno nuovo, speranze vecchie

- Cultura, Primo piano
6 Gennaio 2025

L’inizio dell’anno nuovo, l’ennesimo per fortuna, ha riportato in auge una perduta reminiscenza scolastica, e per la precisione il grande Giacomino leopardato con il suo classico “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”, di cui riesumo lo stupendo inizio.

Venditore: “Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”
Passeggere: “Almanacchi per l’anno nuovo?”
Venditore: “Sì signore”.
Passeggere: “Credete che sarà felice quest’anno nuovo?”
Venditore: “Oh illustrissimo sì, certo”.
Passeggere: “Come quest’anno passato?”
Venditore: “Più più assai”.
Passeggere: “Come quello di là?”
Venditore: “Più più, illustrissimo”.
Passeggere: “Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?”
Venditore: “Signor no, non mi piacerebbe”.
Passeggere: “Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?”
Venditore: “Saranno vent’anni, illustrissimo”.
Passeggere: “A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?”
Venditore: “Io? non saprei”.
Passeggere: “Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?”
Venditore: “No in verità, illustrissimo”.
Passeggere: “E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?”
Venditore: “Cotesto sì”.

Dialogo valido ancor’oggi, passati più di due secoli, a dimostrazione sia della grandezza di un autore che ha saputo leggere l’animo umano nel profondo come pochi, sia del fatto che la tecnologia muta l’apparenza e non la sostanza. Ogni inizio anno ci vede intenti a scrutare oroscopi e altri eventuali segnali del destino per scorgere se i prossimi 365 giorni saranno migliori; se finalmente la fortuna si ricorderà di noi e tutti i nostri desideri saranno appagati. La speranza che prima o poi c’imbatteremo nell’età dell’oro attraversa tutti noi. È il solito eterno dissidio tra cuore e testa, ragione e sentimento.

Tutti noi ben conosciamo i confini entro i quali ci è consentito muoverci ma coltiviamo l’insopprimibile desiderio di essere l’eccezione che conferma la regola, e che il destino non è frutto delle nostre mani ma un’entità esterna, una divinità capricciosa che un giorno ci prenderà in simpatia e cambierà il nostro mondo. Come un biglietto della lotteria, anche se le statistiche narrano di fini tristi per quei designati dalla sorte che un giorno la fortuna premiò con una cascata d’oro e di nequizie.

Ma perché toglierci questo ennesimo giochino? Per quale motivo dovremmo cessare questo comportamento? La spes unica dea che ci cammina sempre accanto, ci dà morale e fiducia, e non dobbiamo rinnegarla. Buon anno, allora, senza remore, a tutti!

Guido Martinelli

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