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Quelle strane scarpe ai piedi di un soldato tedesco

- Cultura, Primo piano
11 Gennaio 2025

Dopo tanti anni dalla fine della Seconda guerra mondiale su un libro donatomi da mio figlio (“Viaggi nella Storia-La linea Gotica agosto 1944-aprile 1945 – I luoghi dell’ultimo fronte di guerra in Italia”) ho visto una foto, scattata da Davide Del Giudice, raffigurante l’osservatorio tedesco posto sul monte Folgorito (912 mt, Versilia). Avevo visto quel luogo dopo lo sfondamento del fronte di guerra sui monti di Seravezza (Lucca), avvenuto nel mese di aprile del 1945. Ed è su questo che desidero soffermarmi.

La Linea Gotica, edificata dai tedeschi, si estendeva dal mar Tirreno, nel nord della Toscana, fino all’Adriatico, all’altezza di Pesaro. La Versilia si trovava sul lembo estremo del lato tirrenico. Lì si combatterono aspre battaglie, con i tedeschi che riuscirono a fermare l’avanzata delle truppe alleate, in marcia verso il Nord, per poco più di sette mesi.

Per lo sfondamento del fronte gli Alleati impiegarono soldati del 442° Reggimento della 92esima Divisione, di origine giapponese, in Versilia chiamati “filippini”. Erano ritenuti più combattivi rispetto agli afroamericani e proprio per questo erano stati scelti per questa missione, come testimoniò il colonnello Usa Miller in un convegno a Massa del 1994. L’attacco finale partì seguendo il consiglio dato da un partigiano, Pacifico Luisi (chiamato Sciamino), che suggerì al comandante delle truppe alleate di percorrere un sentiero, dal monte Carchio, per sorprendere alle spalle i tedeschi, attestatisi sul monte Folgorito. L’attacco simultaneo da due lati si concluse vittoriosamente per gli Alleati, che riuscirono così a sfondare il fronte.

Appena ho visto quella foto, di cui parlavo all’inizio, mi è tornato in mente quell’osservatorio tedesco. Quando lo vidi notai con sorpresa che sui sassi davanti all’ingresso erano stati abbandonati un paio di particolari calzature che noi ragazzi di Seravezza chiamavamo “sgroi”. Un paio me li aveva fatti realizzare anche mia mamma, da un falegname nostro vicino di casa che si chiamava Carducci. Si trattava di una tomaia di stivali attaccata con dei piccoli chiodi agli zoccoli di legno. In passato ho scritto diversi racconti relativi al periodo tragico vissuto durante lo sfollamento, imposto da un ordine criminale impartito dai tedeschi. Ho visto saltare in aria la mia casa insieme alle altre del mio rione, il Ponticello di Seravezza (Lucca). Alcuni ricordi li ho riportati nel mio libro intitolato “Quando cadevano le castagne”.

Ancora oggi non so come sia riuscito a sopravvivere durante i sette mesi in cui la guerra insanguinò la nostra Versilia, all’incredibile fame e agli stenti patiti. Non avevo mai parlato prima di questi “sgroi”, forse perché non la ritenevo una notizia importante. Ma grazie alla foto che ho visto su un libro ho ripensato a quel soldato tedesco ignoto che, sui monti della Versilia, come gli altri uomini pativa il freddo e, per resistere, portava le nostre rudimentali calzature.

Renato Sacchelli

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