L’Italia è quel Paese dove chi chiede che vengano rispettate le regole passa da cattivo e delinquente, chi le viola da vittima. Questo è ciò che è successo con il “caso Degosus”, sul quale il Cittadella ha marciato alla grande, “quasi alimentando” un impianto accusatorio e denigratorio nei nostri confronti senza precedenti.
Così dopo la sconfitta di sabato scorso sono fioccati tanti commenti della serie “giustizia è fatta”.
Eh sì, perché noi italiani siamo fatti così: chi sta nelle regole è un coglione e chi le elude va perdonato e pure applaudito.
Incredibile, a ripensarci ulteriormente a mente fredda, la direzione arbitrale: il Var lunghissimo dopo la rete di Piccinini ha dato proprio l’idea di voler andare a cercare il capello per annullare il gol.
Tutta la partita l’arbitro ha assecondato ogni atteggiamento dei veneti, senza mai esitare.
Alla fine ha dato la metà dei minuti di recupero che andavano assegnati
A coronare la giornata della beffa la condotta violentemente antisportiva di Luca Pandolfi, perché comportarsi così è atto di voluta provocazione allo scontro.
Alla fine adesso c’è un po’ meno di amarezza visto che lo Spezia non è andato oltre il pari con il Palermo.
Il vantaggio rimane di +4, ma lo scontro diretto al Picco il 9 marzo non andrà perso, perché potrebbe anche succedere un arrivo a pari punti a fine stagione.
Ciò che non mi trova d’accordo è la linea della nostra Società che, a fronte di palesi condotte antisportive in campo e fuori (ricordiamoci delle offese pervenute a Corrado da Cittadella, per arrivare all’esultanza riprovevole di Pandolfi) sceglie la strada del silenzio e del fioretto.
No, cara Società, fare così non va bene e non si ricevono medaglie: in Italia in certi momenti bisogna ringhiare.
La Società metta le mani avanti sin d’ora perché a Spezia tutto si svolga secondo regolarità, che alla nostra squadra sia permesso di arrivare serenamente allo stadio e che negli spogliatoi ci siano solo ben chiari e identificati addetti ai lavori.
Che sia invocato un arbitro di altissimo livello e gente esperta al Var.
A tredici giornate dalla fine non è più tempo di porgere l’altra guancia o fingere indifferenza, adesso bisogna mostrare i denti.
Andrea Cosimi