La nostalgia è il rimpianto dei tempi svaniti. Ne è protagonista il nemico principale dell’uomo: il tempo. L’avversario contro cui non è possibile vincere in qualsiasi modo lo si voglia contrastare. Ci tiene legati a sé come un tiranno, ci comanda a bacchetta e impedisce qualsiasi nostra ribellione. Oddio, qualche risultato siamo riusciti ad ottenerlo allungando un pochino il cordone ombelicale con cui ci tiene avvinti a sé. Il computo dei nostri giorni si è allungato.
Ma noi camminiamo e lui vola, noi indugiamo nei luoghi che amiamo mentre lui ne fa tabula rasa. Lui distrugge e ricrea, cambia e muta, e insensibile ai nostri ricordi ci lascia intrisi di nostalgia (nostos, ritorno a casa e algos, dolore, tristezza), di rimpianto di quello che prima era e ora non è più.
Uno di questi luoghi in cui si rispecchia la storia complessiva della gens pisana è senza dubbio la Pasticceria Salza, dal 1898 un marchio d’eccellenza sorto a Torino per opera di Silvio Salza che nel 1928 sbarcò a Pisa sotto le logge di Borgo Stretto, e nel 1931 divenne fornitrice della Real Casa. Da qui provenivano i cioccolatini che la regina Elena di Savoia donava al personale della tenuta di San Rossore prima del rientro al Quirinale in autunno.
Dopo i disastri del secondo conflitto bellico mondiale il locale ripristinò un elegante stile anni Quaranta che da qualche anno, con la nuova proprietà, ha lasciato cadere del tutto, recando tristezza alla maggior parte di coloro che hanno passato per anni da quei tavolini, all’aperto e dentro. “Ci si vede da Salza!” è stata una frase ripetuta infinite volte in passato nelle varie fasi del nostro cammino terreno.
Da grandi bastava rimettere piede entro il locale e si respirava l’aria della tradizione, della Storia con la s maiuscola o minuscola passata da lì, e ti sembrava di rivedere volti scomparsi e nemmeno mai conosciuti, risentire odori e afrori preteriti. La spuma bionda da cinquanta, il diplomatico di mamma, il bianco di babbo, il babà di zia, il tuo agognato bignè di cioccolato, ma anche la schiacciatina con il prosciutto e guai se quella con l’uovo si avvicinava, il cappuccino alto che ti sbaffava il mento, i giornali che
quando trovavi sulla mensa liberi da altre mani e occhi agguantavi con gesto trionfante.
Quante discussioni hanno visto quei tavolini all’aperto o al chiuso di sport, di politica o formali o di nulla, quanti sguardi amorosi o in tralice, frasi sensate o di circostanza, sorrisi amichevoli o sguardi ambigui e sfuggenti. Dando la stura a tanti ricordi uno fuoriesce solingo e imprevisto conquistandosi l’indipendenza.
Una domenica, forse sui vent’anni, noi in branchetto assiepati intorno a un tavolino sotto le arcate e l’occhio sospettoso di un cameriere elegante con riporto palese e modi affettati. Girando lo sguardo verso un tavolo alla mia destra incontrai una vecchina elegante e composta con in testa un vezzoso cappellino d’antan celeste cielo sporco. Teneva le mani, guantate, poggiate entrambe sopra il pomello argentato di un bastone da passeggio nero, e incrociando il mio sguardo curioso distratto per un istante dal cicaleccio dei miei pari, esplose in una frase del tipo: ”Beata gioventù, godetevela finchè non passa”, che nessun altro colse al volo a parte me. Mi colpì al punto che chiesi al cameriere chi fosse, e lui mi spiegò che si trattava di una nobildonna molto colta, forse caduta in disgrazia, cui rivolsi da allora una deferente attenzione allorchè la incrociavo in centro anche se lei non mi degnò più di uno sguardo.
Ora Salza ha fatto un vero e proprio lifting, un’operazione chirurgica voluta dalla bizzarra divinità temporale che lo rende irriconoscibile a noi boomers. Si è omologato perdendo la sua unicità, diminuendo forse il suo fascino, ma confutando quell’aforisma forse un tantino controverso di Walter Fontana per cui “la nostalgia è amore che non siamo riusciti a dare al momento giusto”, possiamo aggiungere che continueremo a cullare tutto l’amore nostalgico dei nostri ricordi legati a quel posto, ignorando la sua trasformazione. Anzi continueremo a guardarlo con il cuore e non con gli occhi. La bellezza sarà fugace ma lascia una scia profumata indelebile cui ci aggrapperemo sempre con ostinazione.
Guido Martinelli