Credo non ci siano dubbi nel ritenere cosa sana e giusta amare la nazione in cui siamo nati e viviamo, e che sia persino auspicabile coltivare nel cuore un sano patriottismo. Lo è di meno provare un esasperato amor patrio che porta persino a desiderare di dominare le altre nazioni, ovvero essere pervasi da quel nazionalismo che nel secolo scorso ha portato tanti lutti nel nostro stivale e nel continente in cui esso si trova. A parte lo sport, dove cercare di primeggiare in modo incruento sugli altri Paesi è l’obiettivo di chi lo pratica col sostegno di chi segue le gare.
In quest’ottica è importante essere fedeli e rispettosi verso i ricordi storici di fatti e persone che hanno permesso il raggiungimento dell’Unità del nostro Paese. Tra i tanti importanti personaggi risorgimentali a cui le nostre città dedicano vie, piazze, strade, scuole, a Pisa siamo molto legati alla figura di Giuseppe Mazzini, l’uomo che vestì sempre di nero, ovvero in lutto, poiché l’Italia non era libera e indipendente, dato che egli esalò il suo ultimo respiro nella nostra città, in casa Rosselli-Natan, sotto il falso nome
di Giorgio Brown, il 10 marzo 1872.

La casa fu proclamata Museo nazionale nel 1910 e venne rasa al suolo il 31 agosto 1943, ma dopo la sua ricostruzione post-bellica vi è sorta la Domus Mazziniana, museo e istituto storico ora diretto dal professor Pietro Finelli, che ricopre un ruolo culturale importante nel tessuto cittadino della città della torre pendente
Quest’anno ricorre il 153° anniversario della scomparsa del grande patriota e per questo la Domus ha organizzato una serie di eventi di alto livello che per tre giorni hanno compreso spettacoli, presentazione di libri, conferenze, conclusesi la sera del 10 marzo con un bel concerto risorgimentale presso il Polo Carmignani di Piazza dei Cavalieri.
L’evento musicale è stato preceduto da una Lectio magistralis a cura del professor Andrea Bocchi, dell’Università di Udine, sulla figura di Mazzini vista dal poeta Giosuè Carducci, con l’ausilio delle letture di Francesco Ficini e Mariangela Riz. Il grande vate della letteratura definisce il politico genovese, costretto per lunghi anni in esilio per il suo fervore patriottico, un “esule antico”, “l’ultimo dei grandi italiani antichi e il primo dei moderni”.

Gli omaggi alla grande figura in questione sono proseguiti con il clou della serata, il concerto risorgimentale a cura del Coro e dell’Orchestra dell’Università pisana diretti rispettivamente dai maestri Stefano Barandoni e Manfred Giampietro. Durante il concerto è stato eseguito per la prima volta in pubblico “La terza Italia-Inno a Giuseppe Mazzini” (da Giosuè Carducci) di Manfred Giampietro.
Una ricorrenza e una serata degne senza dubbio di essere ricordate.
Guido Martinelli