“Passata è la tempesta odo… i cittadini fare festa”. Già, una festa riservata ai soli residenti ed ospiti nelle splendide città toscane, soprattutto Firenze e Pisa, che evidentemente hanno ben appreso la lezione impartita dai tragici eventi del 4 Novembre 1966. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti dell’Arno, una volta d’argento. E pur con la lentezza che burocrazia impone, gli interventi di prevenzione sono andati a buon fine.
Lo si è visto e sentito proprio nel corso di quest’allerta rossa che ha mobilitato un piccolo efficientissimo esercito “interforze” il cui operato, nonostante il tam tam catastrofista dei soliti gufi, ha notevolmente attenuato le crisi d’ansia di coloro che abitano o che svolgono attività commerciali nei piani terreni degli immobili. Tutto bene quel finisce bene, dovremmo dire adesso, con i dovuti ringraziamenti ai tanti che ci hanno fatto trascorrere una notte più o meno tranquilla.
Ma (dubitativo è d’obbligo) il futuro cosa ci riserverà? Con la rivoluzione climatica in atto, saranno sufficienti tutti gli accorgimenti che fino adesso ci hanno tutelato? Certo, lo Scolmatore ha fatto bene il suo lavoro, così come le casse di espansione. Hanno altresì giocato a nostro favore la mancanza del vento di libeccio che poteva rallentare il deflusso a mare, e l’aver dragato la foce che fino a qualche decennio or sono, si poteva quasi attraversare a piedi.
Elementi questi, da tenere in seria considerazione per l’immediato futuro, così come è necessario pulire costantemente gli argini del fiume per tutto il suo percorso. Cosa quest’ultima evidentemente trascurata a giudicare dalla grande quantità di rami e rifiuti di vario genere che si sono visti scorrere nelle acque tumultuose, sovente formando nei piloni dei ponti delle piccole ma pericolose dighe che rallentano non poco il deflusso verso il mare.
Se l’Arno è stato sapientemente monitorato e contenuto, discorso ben diverso per coloro che abitano fuori dei grandi centri abitati: campagne e colline. I famosi “reticoli”, ovvero canali e fossati che un tempo la saggezza contadina manteneva puliti, rasati come teste pelate, sono stati abbandonati alla flora e talvolta alla fauna (leggi nutrie che scavano tane negli argini). Gli allagamenti, talvolta anche piccole e dannose inondazioni, accadono anche se l’Arno non si gonfia troppo.
Che dire poi delle splendide colline toscane, che ad ogni temporale considerato impropriamente eccezionale, vista la frequenza del danno, franano su strade e piccoli nuclei abitati. Cosa si è fatto in tal senso? Ecco perché, come abbiamo volutamente scritto in apertura d’articolo, solo i cittadini hanno fatto festa. Per tutti gli altri c’è solo la speranza che qualche illuminato amministratore recuperi risorse per affrontare l’incerto futuro climatico, dando un po’ di speranza a chi i “piedi” se li è bagnati anche a questo giro!
Doady Giugliano
Foto: Eugenio Giani (Facebook)
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Questa rubrica si chiama “Lo Scolmatore” perché, quando il troppo è troppo, è opportuno aprire le paratie dando libero sfogo all’acqua del fiume, per evitare che tracimi allagando tutto. Ogni riferimento al canale Scolmatore, che dall’Arno devia l’acqua in eccesso al mare, è voluto. Un libero sfogo ragionato da cui si possono trarre spunti di riflessione interessanti.