Buttava bene a Dio quella sera che inventò il rock. Non va, infatti, prestata alcuna attenzione a quella infelice frase di David Bowie, anche i geni sbagliano ogni tanto, per cui questo genere di musica “è sempre stata la musica del diavolo”. Figurarsi! Quando mai! Siamo ormai in tanti, al contrario ( e tra questi persino Papa Woytyla che affermò di esserne un sostenitore) ad essere convinti che fu dopo quei famosi sette giorni in cui dal nulla, con un gran colpo di magia, il supremo creatore creò tutto questo bendidio (appunto) nel quale sguazziamo da millenni come rane in uno stagno, con uno schiocco di dita, per alcuni già con un accenno di tempo a 4/4, inventò il rock. Forse dopo il tostapane.
Certo, quella sera che il rock gli uscì dal cilindro l’Illusionista Supremo forse passeggiava dalle parti del paese a stelle e strisce dove intuì che un sacco di tempo dopo lì ci sarebbero state ciminiere fumanti e trivelle voraci, distese bianche di cotone e fiumi acquitrinosi, volti bianchi sorridenti e nere lacrime diffuse, gioia suprema e dolore a quintali. Intuì, con i suoi super poteri, che proprio lì, in mezzo ai contrasti e alle sofferenze, doveva abitarci il sublime, perché è lì che alligna.
Lo puoi chiamare rock, pop, blues, rhythm & blues, o Giacomino Piedirotti, ma con quella musica Lui ti porta lassù, nel nido degli dei, dove il sublime vive e appaga i suoi istinti. E se l’altra sera qualcuno fosse passato per caso ad Asciano pisano, dal ristopub Route 66 di Via delle Sorgenti, il tempio della musica locale, dove puoi mangiare e bere bene mentre intorno a te si scatena la liturgia rocchettara, avrebbe visto e sentito i Klimt, un gruppo pisano che dalla sua nascita rende giustizia alla musica che proviene dal divino.
Chi sono questi benefattori da ringraziare per il dono che regalano al mondo? Sono sei maturi e valenti professionisti che nel loro tempo libero, dal 2004, hanno sempre omaggiato insieme la musica prediletta sin dai tempi in cui ciucciavano il biberon. Lo hanno fatto in ogni dove facendosi sempre apprezzare per la lor indubbia capacità di far rivivere brani dapprima dei massimi gruppi dell’era d’oro del rock e successivamente, dal 2012 al 2019, solo ai mitici Rolling Stone, prima di fermarsi per un po’ di tempo in cui si sono esibiti con altri gruppi.
Ma siccome le grandi storie d’amore non finiscono, fanno giri immensi ma poi si ritrovano, nel 2024 c’è stata in una classica reunion sempre lì, nel tempio dove ieri sera hanno fatto risuonare di nuovo il rock bello, quello in cui la mano del creatore è più tangibile.
Così, le stupende, immarcescibili note dei Led Zeppelin, Lynyrd Skynyrd, Allman Brothers Band, Joe Bonamassa, Tom Petty, Joe Cocker, Jimmy Hendrix e compagnia cantante, hanno infiammato il pubblico presente scatenando entusiasmi e danze tribali. Gli officianti di tale liturgica funzione rispondono ai nomi di: Luigi Cecconi, detto Chief, l’istrionico frontman, la voce; i due funambolici chitarristi Franco Franconi detto the lawyer e Andrea Guerra detto Zigy affiancati dal metodico Carlo Contile, detto Karl, al basso; l’ottimo Michele Patriarchi, detto Lokomotiv, alla batteria, mentre delle tastiere si è occupato Francesco Busoni detto Xray. È mancato, nell’occasione, Vito Cuviello, a lungo sassofonista dei noti “Dirotta su Cuba”, impegnato con altre formazioni.
Bisogna ritenerci fortunati di aver assistito a tale messa pagana dato che i Klimt hanno ormai deciso di dedicare solo poche funzioni annuali alla divinità rock, necessarie perché, come affermava l’immenso Pete Townshend, amato chitarrista degli Who, “il rock non eliminerà i tuoi problemi ma ti permetterà di ballarci sopra”. E chi non ama il rock si rassegni dato che anche un non addetto ai lavori come il giornalista Massimo Gramellini sostiene che il rock “non morirà mai, non fino a quando il piede di un sognatore batterà a ritmo col suo cuore”.
Grazie Klimt, allora, e non perdiamoci di vista, tutti abbiam bisogno di voi. E chi non rockka con voi peste lo colga! Questa l’ho già sentita, voi?
Guido Martinelli

