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Un vampiro si aggira per Pisa

- Cultura
29 Gennaio 2020

Guido Martinelli

Uno dei ricordi più nitidi della mia fanciullezza alla scuola elementare “Oberdan” vede come protagonista un compagno più alto e maturo di noi bimbetti di mamma, teneri e inconsapevoli cuccioli d’uomo. Era anche più alto, con un espressione decisa, a tratti dura e beffarda quando ci osservava in disparte mentre ci rincorrevamo come puledri al galoppo. Lo sentivamo che era più esperto di noi, e durante quelle interminabili ricreazioni ci riuniva in cerchio nel cortile battuto da torme agitate di grembiuli neri per raccontarci le storie dell’uomo lupo che passeggiava e colpiva vicino a noi, nel quartiere di Don Bosco e dintorni, dove abitava lui. Rammento lunghi ma piacevoli brividi di paura durante i primi racconti che poi svanirono quando compresi che le imprese narrate erano poco probabili e frutto della fantasia dell’affabulatore. Tali tremori sono in parte riemersi allorché mi sono imbattuto nelle pagine del libro “Tirami fuori da qui” di Emiliano Dalle Piagge (nella foto in alto), ennesimo prodotto della piccola biblioteca di narrativa “Incipit” delle Edizioni Ets, presentato presso il famoso palazzo pisano Roncioni, nella sede della casa editrice, che è pure vicino a uno di quei vicoli in cui le pagine si riempiono di sangue. Stavolta per colpa di un vampiro che si aggira nel centro di Pisa seminando il panico.

L’opera di Emiliano è veramente coinvolgente, e le pagine tratteggiate da una mano ispirata e sapiente si leggono tutte d’un fiato per scoprire se Errante, il protagonista che ha nel nome il destino del cavaliere alla ricerca del suo Santo Graal, riuscirà ad afferrare questo mostro che, novello Zorro, dopo le sue riprovevoli azioni lascia sui muri accanto alle vittime il ghigno di un vampiro “occhi ritorti dal male, mascelle scoperchiate, denti come spine, orecchi puntuti”.

Il nostro eroe ha un aiutante, l’affascinante Birda. “Maglione della nonna due taglie più grandi,la writer più cazzuta che esiste. Ha bombardato coi suoi pezzi mezza Europa, una leggenda underground, una vera maledizione per le autorità” che lo accompagnerà nella corsa affannosa e rischiosa alla ricerca di questo vampiro assetato di sangue viaggiando all’interno di un mondo giovanile precario, senza grandi speranze e fiducia nel futuro, ma vitale, intelligente e vivace.

Dopo l’affollata presentazione nella stupenda cornice del famoso palazzo che da poco tempo ospita gli uffici di questa importante e storica casa editrice pisana sono riuscito ad intrattenermi con l’editor, insieme a Daniele Luti, della collana “Incipit”, ovvero lo scrittore ed ex docente di lettere di scuola superiore Pierantonio Pardi.

Che caratteristiche ha questa collana?
È nata nel 2002 e da diciassette anni pubblichiamo due titoli l’anno, completamente gratuiti, e si può definire un po’ di nicchia dato che pubblica testi di qualità frutto di selezioni molto accurate fra i manoscritti che ci arrivano. Ha l’intento di scoprire e valorizzare nuovi talenti ma allo stesso tempo ha pubblicato anche autori già famosi e conosciuti come Afo Sartori, Davide Guadagni. In genere puntiamo sugli inediti che spaziano da un genere all’altro. Il libro di Emiliano è a metà tra il nero e il giallo mentre il precedente, “L’abat-jour” di Guido Del Monte era, invece, un libro che occhieggiava alla nouvelle vague, ad ambienti cinematografici, ed era un romanzo di interni, chiuso, un po’ alla Bergman. Quindi gli stili che proponiamo sono un po’ variegati e diversi. In questo ambito, un anno fa abbiamo organizzato un corso denominato “La conquista del romanzo” e tra i partecipanti io ho scelto proprio il libro di Emiliano perché sono rimasto conquistato da questo suo stile veloce, sincopato, molto bello, da questa sua scrittura visiva che mantiene un bel ritmo dall’inizio alla fine. Il romanzo di Emiliano è molto bello, e parla di vampiri in una modalità un po’ anomala, diversa. La Pisa che descrive è un po’ minimalista, viscerale. Come dicevo prima è un mistery thriller che però occhieggia un po’ al pulp e allo splatter. Al suo interno il lettore trova il sentimentalismo, l’erotismo, il sesso, e soprattutto la paura che attraversa un po’ tutte le pagine del romanzo fino allo scioglimento finale in cui si scoprirà l’identità del vampiro che si aggira tra i vicoli della nostra città.

Presentiamo ora l’autore Emiliano Delle Piagge. Parlaci di te e illustra il percorso che ti ha portato fin qui.
Ho 37 anni e sono tecnico audio-video all’Università di Pisa. Sono laureato in cinema musica e teatro all’Università di Pisa dopo aver frequentato il liceo Scientifico “Buonarroti” con indirizzo linguistico e la mia classe è stata l’ultima dell’interessante “Progetto Brocca”. Questa esperienza formativa è stata germinale, fondamentale, perché la mia docente di lettere, Paola Raspadori, che era presente poco fa alla presentazione, mi ha trasmesso, insegnato un metodo analitico per poter interpretare i testi e capire la letteratura che è stato fondamentale allorché, quasi vent’anni fa, ho iniziato a scrivere. Nel corso del percorso letterario intrapreso in questi anni sono arrivato a crearmi uno stile personale efficace. Così ho potuto cogliere, scoprire molti aspetti della mia personalità e conoscermi meglio. Ma per arrivare fin qui è stato fondamentale l’incontro con Pierantonio.

Quali sono gli autori che hai amato e che sono stati fonte di ispirazione?
Innanzitutto Steinbeck, non quello di “Furore”, che pure resta un’opera stupenda, ma di “Vicolo Cannery” e “Quel fantastico giovedì” che è la continuazione del precedente scritta a distanza di dieci anni, e “Pian della Tortilla”. Poi abbiamo Hemingway con “Fiesta” e di “Isole della corrente” in cui l’autore è più femminile, sensibile, e si registra un cambiamento totale del suo machismo. Ancora John Fante con “Chiedi alla polvere” che mi ha folgorato. Senza dimenticare Henry Miller per il suo surrealismo di “Tropico del cancro” che è stato un libro unico, un’esperienza trascinante.

Com’è nata, invece, l’ispirazione del libro?
È partito tutto da un graffito che ho visto un giorno, in città, sulla serranda di un edificio. Questo graffito non era un gesto artistico ma quasi un atto vandalico, brutale, e rappresentava la faccia di un vampiro. Mi ha subito ricordato il vampiro di Murnau, il regista tedesco autore del celeberrimo “Nosferatu”. Questa figura ritratta talmente bene, unita alla mia cultura cinematografica, mi aveva inquietato al punto di suscitarmi degli incubi nei quali il vampiro era presente. Fra l’altro nel libro sono presenti tre incubi del protagonista Errante di cui due sono veri, sono i miei, solo un po’ riadattati alle esigenze della storia. Tornando ai graffiti scoprii che ce n’erano altri tre, quattro in città e quindi ho capito che c’era qualcuno che li disegnava in maniera seriale e allora m’è venuta l’idea che potessero essere legati a un crimine. Cioè, che tutte le volte che un crimine veniva commesso come marchio sui muri della città il criminale in questione, di cui ancora non sapevo niente, lasciava il suo segno. Da lì è nata la storia.

Già, e come la definiresti allora, in quattro parole, questo tuo lavoro, senza anticipare tanto ma mirando all’essenziale e cercando al contempo di stimolare la curiosità del lettore?
Furioso, perché dentro le pagine c’è una furia, che tende all’annichilimento ma per cercare la vita. Mi preme sottolineare un aspetto, presente nel libro, ovvero la speranza che le stelle, che non rispondono mai ai desideri degli uomini, siano finalmente disponibili a venire incontro alle aspettative umane. E forse la risposta alle nostre istanze è proprio li, dietro l’angolo, alla portata di tutti.

E come definiresti i tuoi due personaggi?
Errante è incazzato, non sa dove sbatacchiare la testa, e spera di intravedere un messaggio che non sia semplicemente quello della realtà, che ci sia qualcosa di bello e stimolante che lo attende. Birda è una tipa tosta, diciamo che incarna la figura della ragazza dei nostri tempi che guarda al futuro sia per la disinvoltura morale un tempo tabu per le donne sia per un certo anelito al cambiamento tipico del genere femminile. D’altronde il futuro è delle donne.

Nel tuo futuro ci sono altre creature pronte a colpire tra un vicolo e l’altro della nostra città o la situazione si sta normalizzando in città e tu puoi dedicarti ad altro?
La città si sta normalizzando e non voglio continuare a seguire questo filone. Mi piace cambiare genere, sia pure inserendoci le mie tematiche per cui qualcosa di perturbante ci sarà sempre, però miro a dedicarmi a qualcosa di più sognante, etero, dalle tinte meno fosche.

A chi dedichi questo libro?
A mia moglie Martina, che mi ha supportato.

 

Dopo aver salutato Emiliano e Pierantonio, con gli ultimi, ennesimi e doverosi complimenti a entrambi, ripenso di botto al mio mostro personale, al licantropo dei miei giorni imberbi. Mentre guadagno il lungarno gelido e ventoso che mi accoglie con un brandello di gelida ostilità, rammento pure che anni dopo le tenerezze fanciullesche, quando ormai veleggiavo nell’inquieto arcipelago dei miei vent’anni, m’imbattei in un articolo di un quotidiano locale in cui si parlava delle notti estive di luna piena della zona di Don Bosco disturbate da lamenti sgraziati da bestia ferita.

Una sferzata violenta mi sbrinò il cervello in quel bar poco distante dai luoghi descritti. Il nome del giornalista non corrispondeva a quello del mio vecchio compagno, per cui di getto lo ripensai con minor affettuosa malinconia supponendo che in quelle sue perdute storie fantasmagoriche ci fosse qualcosa di vero. Ma all’altezza di Piazza della Berlina mi sono scrollato i dubbi dalle spalle concludendo che si trattava solo di fantasie da lettore incallito. Certamente, però, quando m’imbatterò nuovamente in città in Emiliano credo che cercherò di convincerlo a riprendere il suo fortunato percorso dentro le mostruosità, solo apparentemente normali e rassicuranti, che ci girano intorno. Siamo tutti freaks inconsapevoli alla ricerca di un autore che ci esalti. Emiliano, non ti allontanare eccessivamente, il tuo compito non è ancora terminato.

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