L’allarme per il coronavirus è sempre più alto. Da Prato arriva la notizia che la comunità cinese ha cercato di affittare un hotel o un residence per potervi alloggiare alcune persone provenienti dalla zona di Wenzhou. Una sorta di “quarantena volontaria” per evitare rischi di contagio. Luigi Yu, segretario dell’associazione economica cinese in Italia “Wencheng”, spiega l’iniziativa al dorso toscano di Repubblica: “Abbiamo cercato di chiedere alle istituzioni una mano per poter affittare un posto o degli appartamenti dove mettere insieme in quarantena le persone che sono tornate da lì ma ci è stato spiegato che la comunità orientale non aveva l’autorizzazione per fare questo. Così ora le persone che sono tornate sono a casa e ci rimarranno per almeno 15 giorni”.
Dal Comune di Prato fanno sapere di non aver mai ricevuto richieste di strutture da destinare ai cittadini in arrivo dalla Cina. E precisano che la richiesta non avrebbe alcun senso dal momento che le circolari ministeriali non prevedono periodi di isolamento per chi già è rientrato né arrivi dalla Cina nelle prossime settimane. L’Asl ha spiegato che l’auto quarantena è inutile. Renzo Berti, direttore del dipartimento della prevenzione della Asl Toscana, al Tirreno assicura che “non ci sono i presupposti sanitari per un’iniziativa del genere. L’isolamento potrebbe essere indicato solo per chi torna con i sintomi o chi è stato in stretto contatto con un malato in Cina. Ma in quel caso dovrebbe chiamare il 118 e scatterebbe il protocollo”. Tra l’altro un isolamento volontario potrebbe essere molto pericoloso, diffondendo un ingiustificato allarmismo in grado di fomentare gli episodi di discriminazione verso la comunità cinese, purtroppo già molto diffusi.
Ma dopo il no degli albergatori la questione si può dire chiusa? Non del tutto. C’è il rischio che nella comunità cinese di Prato qualcuno pensi di organizzare il rifugio per l’auto quarantena in uno dei tanti capannoni della zona. Le autorità stanno vigilando affinché ciò non avvenga
Il sindaco di Firenze Dario Nardella osserva che l’idea la quarantena dei bambini cinesi è “una posizione ingiustamente allarmistica e discriminatoria: io sono preoccupato come lo sono tutti i miei cittadini di questa situazione, che però non può essere deformata fino al punto da giustificare la caccia al cinese. Alimentare una psicosi anti cinese è soltanto da irresponsabili”. Il sindaco si sofferma anche su alcuni episodi di intolleranza avvenuti in Italia: “Fatti come quelli a cui abbiamo assistito in queste ultime ore sono preoccupanti. Penso alla ragazza che è stata costretta a scendere dall’autobus, all’iniziativa di alcuni genitori che si sono rifiutati di mandare a scuola i propri figli dove vi erano bambini cinesi. È una psicosi che spesso tiene conto di tanti altri aspetti: è più rischioso un europeo rientrato in questi giorni dalla Cina di quanto non lo sia un cinese che da tre anni non torna nel suo Paese. Dobbiamo stare con i piedi per terra, massima attenzione e prudenza: secondo me il sistema sanitario italiano sta funzionando benissimo, il Governo sta lavorando bene”.
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