Matteo Ruggeri vive negli Stati Uniti da luglio 1998, da sette anni abita a Rockville, nel Maryland, in quella zona che è considerata come parte della Greater Washington Area, che comprende anche il Northern Virginia e il District of Columbia, cioè Washington DC. Lavora in un’agenzia di viaggi, organizzando tour su misura per l’Europa. Ovviamente ora è tutto bloccato a causa del coronavirus.
Com’è la situazione negli Stati Uniti in questa fase di emergenza?
Cambia da stato a stato, ci sono quelli molto colpiti tipo lo stato di New York – e particolarmente New York City – e quelli con pochissimi casi, tipo il Wyoming, che è però uno stato molto esteso con una popolazione bassissima. In generale però, possiamo dire che siamo abbastanza nel marasma, largamente impreparati ed in ritardissimo sui tempi. Cosa che io reputo allucinante per un paese come gli Usa.
Nella città dove vivi come vanno le cose?
Io cerco di muovermi meno possibile, però mi sembra che la gente stia abbastanza chiusa in casa. Fuori è tutto chiuso tranne gli essential businesses, tipo supermercati, farmacie etc. Diversamente dall’Italia, le costruzioni vanno però avanti.
All’inizio sembrava che il presidente Trump sottovalutasse un po’ le cose, poi anche lui si è dovuto ricredere. Stampa e tv cosa dicono a riguardo?
Non direi sembrava. Il Covid 19 è stato ampiamente sottovalutato, fino sostanzialmente al momento in cui si è abbattuto come un uragano sul paese. Questo è evidente a tutti, e mi chiedo se a novembre non possa costare la rielezione a Trump.
Ci puoi parlare della vita di tutti i giorni?
In ufficio non posso andare, perché non siamo considerati essential business; lavoro quanto posso da casa, ma ad orario ridotto (e quindi anche meno pagato). Il nostro business, turismo e viaggi, è tra i più colpiti in assoluto. La spesa in genere la faccio una volta la settimana, sabato o domenica. Per il resto, internet, un po’ di televisione, qualche passeggiata nel vicinato ogni tanto. Tecnicamente non c’è la proibizione stretta di uscire, basta non essere in tanti e non stare troppo lontano. Ma fuori in ogni caso è tutto sbarrato, quindi non è che ci sia molto da fare. E allora, perso per perso, me ne sto più al sicuro.
Mascherine se ne vedono in giro?
Fino a venerdì scorso pochissime, da quando il CDC (Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, ndr) ha detto che sarebbero state utili invece, tutti sembrano averne una. Non ho capito da dove le tirino fuori, perché sono introvabili dai tempi di Wuhan, con i cinesi e gli altri asiatici immigrati che ne facevano scorta e le mandavano a casa loro.
Il Congresso Usa ha stanziato moltissimi soldi (circa duemila miliardi) per fronteggiare la crisi economica derivante dalla pandemia. Le munizioni ci sono… ma per l’emergenza sanitaria come pensi stiano andando le cose? A New York si parla addirittura di seppellire i corpi nelle fosse comuni a Central Park…
La cifra stanziata per l’ emergenza è impressionante, ma non è esagerata, tieni conto che la domanda per il sussidio di disoccupazione è salita di almeno dieci volte rispetto a quella più alta mai registrata in precedenza. Per l’emergenza sanitaria, il discorso è molto diverso, mancano non solo i respiratori (ventilatori) ma anche le cose più basilari, camici, mascherine più sofisticate per uso ospedaliero etc. Inconcepibile. Quella delle fosse comuni a NY è un’ ipotesi ventilata dal New York Times, che è senza ombra di dubbio il quotidiano più autorevole del paese. Non so se succederà veramente, quel che è certo è che i cadaveri continuano ad accumularsi e non si sa dove portarli (al momento ci sono degli enormi camion frigo dove vengono stipati), gli altri stati non li vogliono, e quindi il problema è e resta di New York. Nel resto del paese non mi risulta ci siano delle situazioni così pazzesche.
Vista dagli Usa come pensi sia stata affrontata la crisi in Italia?
A me sembra che finora sia stata gestita come meglio si poteva. Si poteva fare meglio? Certo, col senno di poi si può sempre fare meglio, ma nei momenti bisogna trovarcisi, e questo virus ha colto completamente di sorpresa tutti per la velocità di diffusione e le sue modalità. Probabilmente siamo anche stati tratti in inganno dalla presunta iniziale bassa mortalità – vorrei ricordare che il 27 febbraio in Italia si registravano 300 casi e 7 morti, se non vado errato. Sconvolgente invece è stato l’ approccio completamente lassista di quasi tutti gli altri paesi europei, ed in subordine degli Usa.
Cosa ti manca di più dell’Italia? Pensi mai o hai mai pensato di tornare?
Potrei dirti famiglia ed amici e sarebbe una risposta ovvia, ma in realtà la cosa che mi manca di più è il contatto umano, poi la cultura, le mille sfaccettature del paese e della sua gente. Certo, ho pensato molte volte di tornare se non in Italia quanto meno in Europa. Mi frenava l’età dei miei figli, che sono però adesso al penultimo anno delle superiori. Poi vorrei cercar di fargli fare l’università in Europa, e a quel punto me ne tornerò indietro pure io, diciamo che mi sono posto come obbiettivo la fine del 2021. Faccio anche un discorso in parte egoista, io ho quasi 52 anni, non è che davanti ne ho altri 50. Dal momento che sono divorziato, mi è stato detto che dovrei rimettere me stesso al centro del progetto. Con i figli non è sempre semplice, ma il concetto non è sbagliato, e coi figli più grandi è più facile.
Quando tutto questo sarà finito… come saremo? E come sarebbe giusto essere, secondo te?
Domanda da cento milioni di dollari… la mia speranza è che la gente sia meno egoista ed incattivita di quanto lo sia stata negli ultimi anni, magari si comprenderanno meglio le necessità degli altri e non si userà più l’approccio “mors tua, vita mea”, che è francamente abominevole. Questo virus ci ha messo tutti sullo stesso piano e ce lo ha fatto capire molto bene, speriamo di imparare bene bene la lezione e rivedere le vere priorità della vita, tipo che avere l’aria più pulita è più importante dell’ ultimo brand di cellulare.
Matteo, se non ricordo male ci eravamo incontrati a Novara, l’anno scorso, per una partita di Coppa Italia… segui sempre il Pisa anche dall’America? Ci puoi dare un tuo giudizio su questa stagione nerazzurra prima del forzato stop?
Sì, ci incontrammo a Novara nel dicembre 2018, Novara-Pisa di Coppa Italia appunto. Ovviamente il Pisa lo seguo sempre anche dagli States, è la squadra della mia città – anche se ci ho abitato solo per pochi anni – ed è la squadra che ho sempre seguito da quando cominciai ad interessarmi di calcio. Il gioco del Pisa in questa stagione mi piace molto, raccogliamo però un po’ poco in proporzione alla mole ed alla qualità di gioco espresso, e questo è un peccato. Ma sono fiducioso.
Ricordi la tua prima partita del Pisa?
Certo, fu un Udinese-Pisa in serie A nella stagione 83/84, ero un ragazzino, ci andai con un cugino di mio padre
E quella che, invece, non potrai mai dimenticare?
Cremona, ça va sans dire.
Il giocatore che più ti è rimasto nel cuore?
Pasquale Casale. A ruota Klaus Berggreen e i due Mannini, Alessandro e Daniele.