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Il Covid-19 a Chicago raccontato da una famiglia toscana

- Cronaca
15 Aprile 2020

Nell’estate del 1956 la vita doveva ancora servire la sua mano migliore alla famiglia Natali. A Lucca, nella piccola frazione di San Leonardo in Treponzio, il ritmo del tempo era scandito dal duro lavoro nei campi che circondavano la casa su due piani, troppo piccola per ospitare tre generazioni sotto un unico tetto. Gli ortaggi venduti al mercato, inoltre, non assicuravano che una sopravvivenza composta di stenti e rinunce. Così, un giorno Stefano Natali e sua moglie Rosa prendono una decisione per certi versi inattesa: fanno i bagagli, si procurano un biglietto per una traversata transoceanica in nave e partono alla ricerca di un futuro migliore. Con loro c’è anche Fausto, all’epoca un bambino di soli cinque anni.

La destinazione? La terra promessa: gli Usa e, nella fattispecie, Chicago. Stefano ha sentito dire che, se lavori duro, qui puoi davvero scalare le gerarchie sociali. In Italia avrebbe potuto provare a spostarsi al nord, dove le grandi industrie – specie quella automobilistica – cominciano a macinare fatturati importanti. Nella sua testa, tuttavia, sgomita un altro sogno: non vuole fare l’operaio. Vuole realizzare qualcosa di suo. Rosa è dello stesso avviso.

Gli inizi però non sono dei più confortanti: per arrivare in alto, serve partire dal sottosuolo. La coppia si procura i lavori più umili e faticosi, dandosi da fare per sette giorni alla settimana. Stefano arriva a guadagnarsi un impiego da elettricista, occupandosi della manutenzione dei pali della luce sulle ventose strade di Chicago: deve arrampicarsi fino in cima in ogni condizione atmosferica, anche quando fa meno venti. Spesso torna a caso completamente assiderato. Rosa, intanto, si divide tra il lavoro da cameriera e quello di contabile.

Gli enormi sforzi profusi indirizzano Fausto, l’unico figlio, verso una vita più semplice: può studiare, formarsi ed iniziare a lavorare, anche lui. La fibra è quella dei genitori e, con dedizione e sacrificio, il risultato viene raggiunto. Nel corso degli anni la famiglia Natali acquista gradualmente una serie di appartamenti in centro città, affittandoli in serie. Oggi ne possiede circa quaranta: è passata una vita da quando si moriva di fame.

La nuova minaccia, però, si chiama Covid19. A parlarne – oggi che Stefano e Rosa non ci sono più – sono Fausto, la moglie Nicolina (originaria della Campania, trasferitasi negli Usa nel 1972, ndr) ed i figli Steven e Vincent. “Di colpo – racconta quest’ultimo – è cambiato tutto. Anche qua è quasi tutto chiuso: restano aperti i negozi che vendono beni essenziali, come supermercati e farmacie, ma anche gli store per la casa, perché gli americani hanno tempo per dedicarcisi”. Le stime, per la sola Chicago, parlano di circa 19mila contagi. Il virus, come in tutto il globo, ha portato con sé forti ripercussioni sia a livello sanitario che economico. “Trump – raccontano i Natali – ha promesso di erogare 1200 dollari per ogni singolo americano, più 500 per ogni bambino“. Una misura accolta con particolare favore, dal momento che sia Vince che Steve, sposati rispettivamente con Katie e Allison, hanno quattro figli ciascuno. Ma è chiaro che non basterà: “Serve un’immediata iniezione di liquidità per le imprese, altrimenti crolla tutto. La maggior parte degli americani vive su un equilibrio sottile, con le entrate mensili. Alcuni dei nostri inquilini ci stanno comunicando che non sanno se potranno pagare l’affitto: diventa un problema di natura sia economica che sociale”.

Nel frattempo Steven, il maggiore della nuova generazione, lancia qualche idea che proviene dal suo lavoro nel mondo della finanza. “In Italia non c’è la cultura di acquistare le azioni, mentre qui si tratta di una cosa all’ordine del giorno. Noi abbiamo preso diversi stock dalla Coca Cola: oggi costano la metà del loro valore reale e quando il mercato riprenderà ci guadagneremo”.

Vincent invece prosegue il lavoro di famiglia, occupandosi della gestione degli affitti. Prima faceva il coach di football a New York: “Mi ha fatto male vedere le fosse comuni – racconta – nella città in cui ho vissuto per anni. Abitavo a New Roshelle, proprio l’epicentro del Covid19 a NY, la città più colpita degli Stati Uniti”.

Adesso la speranza è quella di un rapido ritorno alla normalità: “Facciamo scorte e usciamo per spesa soltanto ogni due settimane – concludono – ma speriamo che esca in fretta un vaccino o una soluzione, anche perché ci piacerebbe tornare nella nostra amata Italia in vacanza”.

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