Giuseppe Mazzini (in compagnia di Karl Marx) era convinto che l’Europa fosse “provvidenzialmente chiamata a conquistare il mondo all’incivilimento progressivo”. Anche lui un criminale? E che dire di Vittorio Emanuele II. Anche su Garibaldi aleggia un passato (non confermato) di schiavista. Quale statua salviamo a Pisa? E che dire del Gobbino? Lui non ha colpe, ma bisogna cambiargli appellativo perché in tema di correttezza non ci siamo proprio!
Come diceva qualche anno fa Giovanni Belardelli, “la storia non si legge con l’ideologia dei diritti” altrimenti anche l’effige di Thomas Jefferson scolpita sul monte Rushmore andrebbe cancellata. Jefferson che firmò nel 1776 la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, possedeva degli schiavi in Virginia.
Altro termine introdotto sempre da Belardelli è “Giuridificazione”, cioè, intendere la storia alla luce del diritto attuale, decontestualizzando gli avvenimenti rileggendoli con categorie che oggi diamo per scontate.
“Siamo prodotti del passato: quello che ci piace, ci appassiona o scandalizza è frutto di quanto già accaduto. Siamo prodotti culturali. La storia è la nostra identità, la consapevolezza di ciò che abbiamo dentro”. Dice ancora il professore di storia ed editorialista del Corriere della Sera. È la storia che giudica il presente, non il presente che giudica la storia.
Andrea Bartelloni