62 views 10 min 0 Commenti

Grassini: “Crisi Covid? Imprenditori abituati a salvarsi da soli, ora ripensare il sistema”

- Economia
29 Giugno 2020

Paolo Lazzari

“La crisi economica dettata dal Covid19? Noi imprenditori italiani siamo abituati alla resilienza, ne usciremo ancora una volta grazie alle nostre forze, perché di sicuro lo Stato è il grande assente di questa partita”. A dirlo è Federica Grassini, presidente di Confcommercio Pisa e vicepresidente di Confcommercio Toscana, oltre che titolare di Ipermoda Factory, da anni punto di riferimento per l’abbigliamento di qualità con il suo grande store a Navacchio (Pisa).

Turismo e ristorazione certo sono stati i settori più martoriati, ma anche il comparto moda non scherza: la cancellazione di ogni forma di cerimonia – matrimoni, altre festività religiose, lauree e feste di ogni genere – ha determinato un crollo del fatturato che si attesta tra il 40 e il 70%.

“Siamo abituati – commenta Grassini – a destreggiarci da soli grazie anche alla presenza delle associazioni di categoria. Le istituzioni? A livello locale si sono date da fare, ma non si può dire altrettanto del Governo: ci hanno abbandonato e usato come bancomat, da anni. Ne usciremo, anche se un po’ acciaccati. Cerchiamo di interpretare questo periodo come l’incipit di una rivoluzione nel modo di intendere le imprese: che siano davvero concepite come risorsa per la comunità e non solo usate per fare cassa. Le aziende sono state bistrattate per decenni, dimenticando che sono portatrici di lavoro: è di tutta evidenza che il Paese si regga sulla piccola e media impresa”.

Dal vortice della crisi qualcuno è già stato assorbito, mentre altri – realtà virtuose come Ipermoda Factory – sono riuscite a tenere duro. “Questo perché ci siamo posizionati bene nel corso degli anni – prosegue Grassini – andando a creare un negozio di abbigliamento multibrand, che ha puntato sulla qualità dell’offerta e sull’eccellenza del servizio con una media struttura di vendita che conta 10 dipendenti oltre a me. Inoltre siamo situati in una zona commerciale e siamo aperti sette giorni su sette”.

Inutile dire, tuttavia, che le ripercussioni dettate dalle chiusure forzate hanno eroso le certezze di molte attività legate ad un settore che vive in stretta connessione con la stagionalità. Un fattore altamente penalizzante se si pensa che i negozi avevano già acquistato la merce primaverile quasi con un anno di anticipo e, sostanzialmente, si è passati di colpo dall’inverno all’estate. “Ci siamo ritrovati – racconta la titolare di Ipermoda Factory- con magazzini pieni di merce e siamo rimasti congelati. Questo ha creato una disfunzione in tutto il sistema, abbiamo dovuto prendere in mano i rapporti con i singoli fornitori e ricontrattare con tutti. Il problema, in una prima fase, era ricevere la merce da chi produceva in Asia. Poi la questione ha investito anche il nostro Paese”.

Adesso si lavora in un regime di promozione, ma la situazione resta ancora difficile: nel comparto, infatti, sono ancora tanti i lavoratori che non hanno riscosso la cassa integrazione.

“Ci sono settori, come il turismo, la ristorazione e la moda, che hanno visto gli incassi azzerati da un giorno all’altro. Noi – precisa – siamo comunque fortunati perché vendiamo una vasta gamma di abbigliamento per ogni età, con taglie di ogni genere. I clienti lo sanno e continuano a premiarci”.

Nel frattempo però lo Stato latita: “Abbiamo pagato regolarmente Imu, contributi, bollette, senza alcuna sospensione e neppure sconto, anche se ci eravamo fermati. Inoltre c’è la questione dei canoni di locazione: una zona grigia che richiederebbe un intervento urgente da parte del Governo. Ci aspettavamo l’unica cosa davvero necessaria, un accesso al credito semplificato con aiuti a fondo perduto, ma non è accaduto. Ricordiamoci che rechiamo ancora le ferite della crisi che si perpetua dal 2008: da allora abbiamo visto decrescere i fatturati e aumentare le spese fisse. Se il Covid ci avesse trovati più solidi non avrebbe fatto questi danni, ma sono anni che i nostri appelli restano inascoltati. Oggi ci troviamo a fronteggiare una vera crisi di liquidità, ad ogni livello”.

L’accesso al credito – fa notare la presidente di Confcommercio Pisa – è stato sbandierato come veloce e sburocratizzato, quando in realtà si è dimostrato lento, farraginoso e poco chiaro. “Le banche non erano preparate: hanno guardato sempre al merito creditizio, anche per il finanziamento dei 25mila euro, negandolo a chi presumevano fosse un soggetto a rischio. Che dire poi della cassa integrazione in deroga? Ad aprile tutti dovevano riscuotere, siamo a giugno e molti ancora aspettano”.

In Germania e Svizzera – il parallelismo che vuole essere uno spunto costruttivo – i negozi sono rimasti chiusi per meno tempo e quando hanno riaperto hanno trovato aiuti concreti sul conto: “Le tempistiche in una situazione del genere – osserva Grassini – fanno la differenza tra la vita e la morte di un’azienda. Servivano aiuti rapidi e proporzionati, ma sono stati dati in ritardo ed a pioggia, non è stata fatta distinzione tra chi ha visto il fatturato scendere in picchiata e chi invece lo ha addirittura incrementato in questi mesi”.

Oltre l’abbigliamento c’è spazio anche per una panoramica globale: “Chi lavora con il turismo straniero – argomenta ancora – ha visto il suo fatturato azzerato. La ristorazione? Spesso i locali del centro di Pisa e della provincia sono piccoli, perché le dimensioni sono condizionate dalla grandezza di edifici storici. Hanno visto dimezzati i coperti, ma i costi fissi sono rimasti gli stessi. In questo senso, dove il Governo è stato assente, hanno tentato di porre una pezza le amministrazioni locali: da noi l’istituzione del suolo pubblico gratuito è stata un incentivo importante. La possibilità di apparecchiare fuori, da piazza delle Vettovaglie al lungomare di Marina di Pisa e Tirrenia, ha significato tanto per i ristoratori. Inoltre il Comune di Pisa ha anche pensato ad un contributo per gli affitti di famiglie ed aziende, così come la Camera di Commercio ha stanziato contributi a fondo perduto per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, gesti importanti in un momento di grave difficoltà per tutti. Sostegno per pagare l’affitto della durata di 3 mesi: i locatori vengono saldati direttamente dall’amministrazione. Non solo: i budget che erano stati messi a disposizione per le fiere internazionali che non si sono tenute sono stati utilizzati per il sostegno economico alle imprese. Parliamo di qualcosa come 1 milione e 300mila euro di rimborsi per le spese sostenute per la messa in sicurezza delle attività”.

Anche Confcommercio non è rimasta inerte, ma ha assicurato la continuità dei servizi anche durante il lockdown, senza limiti di orari nel fornire supporto ed informazione, così come ha sospeso la fatturazione dei servizi erogati per tre mesi e li ha rateizzati per tutti i soci nei sei mesi successivi alla ripresa del lavoro e continua ad investire risorse importanti in progetti finalizzati alla ripresa. Tutta la parte inerente ai servizi contabilità e paghe è stata fornita gratuitamente e si è scelta la via della rateizzazione per venire incontro alle esigenze delle aziende.

Tornando a parlare di moda, difficile comunque – sostiene Grassini – pensare ad una ripartenza vera per il settore dell’abbigliamento prima della primavera prossima.

In coda c’è spazio per un frammento di ottimismo, connotato tipico della capacità dell’imprenditoria italiana di resistere e di inventare strade nuove dove sembrano esserci soltanto percorsi accidentati: “Un ritorno del virus in autunno? Oggi mi pare un allarmismo non necessario e immotivato: gli scienziati stessi non hanno fornito sicurezze e, comunque, nel caso il Paese sarà più preparato a gestire la situazione. Con la consapevolezza – ammonisce – che un lockdown di 10 settimane o poco più breve decreterebbe la morte economica dell’Italia. In questi mesi abbiamo acquisito familiarità con tutti i protocolli di sicurezza ed il virus, se dovesse tornare, sarà con ogni probabilità meno aggressivo. Un plauso va a tutta la categoria degli imprenditori, perché ha dimostrato un grandissimo senso di responsabilità: ci siamo premurati di rendere sicure le nostre imprese ed i nostri dipendenti in maniera spontanea e in molti casi è stato fatto più di quanto richiesto dalle istituzioni”.

Condividi la notizia:
Lascia un commento