L’Italia è un Paese strano. In piena emergenza da coronavirus il governo cerca di mettere qualche toppa e, per aiutare chi ha bisogno, stanzia dei bonus a beneficio dei titolari di partita Iva. Lo fa (sbagliando) senza seguire un criterio di effettivo bisogno: è sufficiente dimostrare il forte calo subito a livello di fatturato. Così capita che ne fa richiesta anche chi in effetti non era alla canna del gas: ad esempio alcuni parlamentari, che notoriamente non fanno la fame. Ci sono anche altri politici locali, in tutta Italia. Ma a parte i consiglieri regionali e i sindaci delle città più grandi, tutti gli altri non percepiscono stipendi importanti. Quindi non vivono solo di politica. Qualcuno di loro può aver avuto effettivamente bisogno di quel bonus da 600 euro. Non tutti però…
Chi sicuramente non ne aveva bisogno era Ubaldo Bocci, ex candidato sindaco del centrodestra a Firenze, ora portavoce dell’opposizione. In un’intervista al Corriere della sera ammette di aver preso anche lui il bonus da 600 euro. “Non lo dico oggi ma lo dissi quando mi sono arrivati, a marzo, in pubblico, agli altri capigruppo, per ribadire che il meccanismo era sbagliato. Li ho versati ad aprile e maggio in beneficenza”. Tiene anche a far sapere di non averli chiesti lui ma il suo commercialista: “Quando me lo hanno detto ho preso i primi 600 euro, i successivi di aprile, ho aggiunto altro e li ho donati a un’associazione contro la droga, a un’altra che fa assistenza ai poveri e a un orfanotrofio in India”.
Bocci è il consigliere comunale di Firenze con il reddito più alto, ma ha chiesto e ottenuto il bonus. “È una legge sbagliata“, ammette lui stesso. “Ma quello che sono non lo devo a nessuno. Mi son pagato pure tutta la campagna elettorale, verso l’indennità in beneficenza. Il problema vero non sono i consiglieri comunali: a Firenze in un anno guadagnano meno di un consigliere regionale in un mese”.
Sicuramente la legge è sbagliata e va cambiata. Però, viene da chiederci, perché approfittarsi della situazione facendosi dare, dallo Stato, ciò di cui non si ha bisogno? Anche alla mensa della Caritas danno da mangiare a tutti quelli che si mettono in fila, ma è difficile che chi non ha bisogno vada a chiedere qualcosa. È un principio morale più che giuridico.
Bocci dice che la sua è stata una provocazione. Ecco le sue parole:
Tutto mi potevo immaginare in questo caldo agosto di ritrovarmi sulla gogna per una provocazione annunciata quattro mesi fa. Quando il governo emanò il decreto dei 600 euro a favore delle partite Iva, criticai il decreto stesso perché, a mio parere, era un intervento a pioggia, senza una logica ma soprattutto fatto senza una reale attenzione a chi aveva realmente bisogno. Il fatto che quei soldi potessero arrivare a tutti indiscriminatamente, a prescindere dal reddito, mi sembrava una follia. Di questo ne parlammo ad aprile anche nella riunione dei capigruppo in consiglio comunale, dove, una volta di più, esternai la mia contrarietà al decreto. Ricordo perfettamente che dissi che era assurdo che anche persone con redditi che non meritavano il bonus dei 600 euro, ne potessero usufruire ed evidenziai come, tra i tanti, anch’io avrei avuto diritto (secondo il decreto) ricevere l’importo. Qualcuno sorrise dicendo che non era possibile e a quel punto annunciai la mia provocazione per dimostrare quanto il decreto stesso era stato fatto con i piedi. Chiesi il bonus. È del tutto ovvio che avrei rigirato quei soldi a chi aveva realmente bisogno. Cosa che puntualmente feci come risulta dai bonifici da me fatti. Qualcuno potrebbe eccepire che quei soldi sarebbero dovuti andare alle partire Iva in difficoltà. Ma, sostenni io, il governo avrebbe dovuto mettere dei paletti e non offrirli indiscriminatamente a tutti. Ripeto, lo dissi pubblicamente alla riunione dei capigruppo ed in tempi non sospetti.
La mia era una provocazione e non certo un approfittarsi di una legge fatta male. Oggi mi trovo nella gogna per aver fatto quel che avevo detto ad alleati e avversari. Così come i 600 euro di aprile, poi automaticamente prorogati nel mese successivo, sono transitati nel mio conto e immediatamente versati ad associazioni impegnati nel sociale.
Qualcuno sostiene, legittimamente, che se uno vuol fare beneficienza, la deve fare con i soldi propri e non con quelli della comunità. Certo, è assolutamente vero. Ma il mio obiettivo era palesare quanto quel decreto fosse fatto male.
Ho la fortuna di avere una condizione economica agiata. Questo mi ha permesso di poter devolvere ad associazioni che si occupano di disabilità e tossicodipendenza, i gettoni incassati nel 2019 dal comune di Firenze. Cosa che naturalmente ripeterò anche per il 2020. Sarebbe dovuto essere, come trovo giusto, un gesto assolutamente riservato.
Ma gli eventi mi hanno portato a renderlo pubblico. In questa mia breve esperienza politica, ho sempre ritenuto che la la politica fosse un campo dove la passione, la libertà di pensiero, la competenza, l’interesse comune dovessero sempre prevalere su tutto. E che, finito il percorso, uno doveva avere un centesimo meno di quando aveva cominciato.
Per quel che mi riguarda, quando lo scorso anno fui candidato a Firenze, mi dimisi dal consiglio di amministrazione di una Sgr. Non era un fatto dovuto, ma mi sembrava doveroso rinunciare ad un ruolo di quel livello per non avere nessun conflitto di interesse. Nonostante che questo mi portasse a delle rinunce di carattere professionale ed economico. Così come ho deciso che se volevo impegnarmi davvero in politica fosse giusto rimettere il mandato dall’azienda in cui avevo lavorato per oltre vent’anni. Anche se questo, economicamente, non fosse conveniente. Oggi mi ritrovo a dovermi giustificare per aver chiesto il bonus di 600 euro. L’ultima delle mie intenzioni era approfittarmi di una legge mal scritta. Ho scelto di contestarla con una provocazione. Non entro nel merito di chi, guadagnando con la politica, decine di migliaia di euro al mese, abbia chiesto il bonus. Ne tanto meno voglio fare la caccia alle streghe. Penso piuttosto ai tanti amministratori locali che con i gettoni di presenza, arrivano ad incassare 5/600 euro al mese. E che magari hanno un attività che sta soffrendo. Accusarli di aver ottenuto il bonus mi sembra, obiettivamente, grande ipocrisia. La sensazione è che, una volta di più, si voglia fare di tutt’erba un fascio. Ci sono persone che si approfittano del loro status di politici ma ce ne sono tante altre che si impegnano con convinzione, con passione, convinti di poter dare un piccolo contributo al benessere della comunità. Così come ci sono decine di migliaia di partite Iva che con grandissime difficoltà stanno soffrendo questi drammatici mesi. Sinceramente non mi sento di aver tolto loro 1200 euro che a me non spettavano. A loro chiedo scusa se hanno avuto questa convinzione. Ma gli voglio dire che il mio intento era solo e soltanto quello di far capire a chi ci governa di quanto fosse iniqua la legge. Continuo ad andare a testa alta, convinto che, ne l’ipocrisia né la facile demagogia possa aiutare l’Italia a rimettersi in gioco. In tutto ciò ci sarà che mi sparerà addosso tutto il fango possibile e di più. Questo naturalmente mi amareggia. Mi dicono che fa parte del gioco. Avanti”.
La Lega prende le distanze da Bocci
“Siamo assolutamente amareggiati e sconcertati riguardo al caso inerente al bonus Inps chiesto ed ottenuto anche dal consigliere comunale Ubaldo Bocci”, scrivono in una nota il commissario regionale della Lega in Toscana, Daniele Belotti, e il segretario provinciale di Firenze, Alessandro Scipioni. “Nonostante la sua spiegazione, che evidenzia come il suo atto fosse solamente una provocazione, considerata la drammatica situazione causata dal Covid, pensiamo che aver richiesto il contributo sia stata una mossa, comunque, sbagliata. Teniamo a precisare – concludono – che Bocci siede a Palazzo Vecchio come indipendente di area centrodestra, ma che non è tesserato col nostro partito”.