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Sorrente: “Bisogna azzerare la casta che sgoverna indisturbata da 25 anni”

- Interviste, Politica
30 Luglio 2017

Uno dei problemi più grandi di Pisa è che è sottomessa a poteri esterni alla città, i cui centri di comando risiedono a Firenze e Bologna, oltre che a Roma. Ne è convinto più che mai Carlo Sorrente, segretario provinciale del Partito socialista italiano (Psi). Sessantadue anni, laureato in Informatica, Sorrente si occupa da sempre di politica ma, come tiene a precisare, per “dovere civico” non come professione. Dalle sue parole emerge una critica durissima agli apprendisti stregoni (leggendo scoprirete a chi si riferisce) e una non meno forte ai sindaci di Pisa degli ultimi 25 anni.

Il prossimo anno a Pisa si voterà per eleggere il nuovo sindaco. Come arriva la città a
questo fondamentale appuntamento?

Stremata dopo una seconda legislatura inadeguata per la nostra città rispetto alle sfide in atto, anche a causa delle divisioni di alcune componenti interne alla maggioranza.

A suo avviso quale eredità lascia Marco Filippeschi?

Una città impoverita, insicura, lacerata, e purtroppo sottomessa agli interessi di “Ditte” etero dirette, i cui centri di comando sono altrove a Firenze, Bologna e Roma.

Ci sono dei temi caldi su cui potrebbero giocarsi le elezioni?

La sicurezza sociale, individuale e il degrado urbano.

Dopo Livorno e Carrara il M5S potrebbe avere “fame” anche di Pisa. E forse anche la Lega, dopo il “laboratorio Cascina” potrebbe sognare il colpaccio… come vede queste due forze all’ombra della Torre?

I risultati di Cascina e di Livorno sono per i cittadini di quelle località inconcludenti, sterili e nonostante abbiano usufruito di un lungo periodo di “luna di miele”, leghisti e pentastellati appaiono alle loro comunità ancora in “vacanza”. Si stanno dimostrando degli “apprendisti stregoni” mentre le città “affogano” nei problemi che hanno ereditato dai monocolori degli ex governanti. Questo naturalmente crea insoddisfazione risentimento e delusione nei cittadini. Le persone percepiscono che contro il malgoverno gli slogan urlati da superficiali ed incompetenti Pirgopolinici (millantatori, spacconi, ndr) riempiono le orecchie ma lasciano le pance vuote e non risolvono i problemi. Magari se fossero supportati dall’estro di Titus Maccus farebbero anche buonumore, ma nella realtà di tutti i giorni con queste farse c’è poco da ridere.

In quali condizioni arriva alle elezioni il centrosinistra? Ci sono profonde divisioni o alla
fine marcerà unito?

Sono ormai da due anni che lanciamo l’appello a ricostruire un tavolo di confronto per una sinistra di governo che superando le scelte fatte segni concretamente la discontinuità da questa legislatura; a questo punto dovremmo concludere che il centrosinistra a Pisa non esiste più per colpa di una pseudo-maggioranza rissosa, in continua difficoltà in consiglio e nei quartieri della città. Ma i socialisti sono un movimento politico dalla “dura cervice” ed il
pessimismo della ragione lo integriamo con l’ottimismo della volontà. Senza il P.S.I. non ha senso parlare di centrosinistra, contrasteremo chiunque cerchi di barare con la storia e con il futuro dei cittadini.

E il centrodestra? Si è formata una leadership o il candidato ancora una volta arriverà da
fuori?

Domanda complessa, vedo poche idee ma molto confuse, risultano più mosche cocchiere che cavalli di razza tali da fare la differenza; appare evidente la carenza di “berlusconiani” locali capaci di lanciare un’idea di “rivoluzione liberale in salsa pisana”. Quello che poteva essere il candidato più insidioso è andato a fare il sindaco dei “montagnard”, è di famiglia volitiva e virtuosa, farà del suo meglio tra l’Abetone e Cutigliano (Diego Petrucci, ndr).

Il dibattito politico nazionale in qualche modo inciderà sul voto locale?

Per certi versi tantissimo, nella nostra città le due campagne elettorali sostanzialmente coincideranno, anche se tecnicamente non si sa, ad ora, se ci sarà, come auspicabile in termini di risparmio, un election day; tuttavia come è noto le elezioni comunali hanno un impatto diverso sugli elettori rispetto alle competizioni politiche nazionali, e
comunque a pochi mesi dalla fine della legislatura parlamentare risulta fumoso il sistema elettorale con il quale si andrà a votare. Giustamente gli elettori sanno che le elezioni nazionali hanno un respiro politico più ampio rispetto alle esigenze di governo del territorio, dove ideologie e “mistiche esoteriche” sono meno importanti od addirittura fuorvianti. “Una buca non è né di destra né di sinistra”, parafrasando quella splendida canzone di Gaber che ironizza su alcuni “stereotipi valoriali” del “secolo breve”.

Qual è il difetto più grande dei pisani? E il pregio?

Per noi il difetto coincide con il pregio: l’essere stati i nostri “avi”, non genetici certo ma mitici, per centinaia di anni i cittadini di una delle capitali del mondo fra le più avanzate, cosmopolite, splendide e potenti. Questa Grande Storia viene percepita da chiunque venga ad abitare a Pisa e ne diventa, anche inconsapevolmente, parte integrante.

Proviamo a fare un gioco. Si sveglia tra un anno ed è sindaco di Pisa. Mi dice la prima cosa
che farebbe appena insediato?

Azzerare “la casta” che da un quarto di secolo “sgoverna indisturbata” la nostra città alle spalle di noi pisani pazienti e laboriosi, poi decoro, sicurezza sociale ed individuale. Infrastrutture sociali, digitali e di “mobility” per sostenere il patto per lo sviluppo tra i lavori ed i saperi, senza millantare banalità. La strada è in salita ed a problemi complessi non si risponde con soluzioni semplicistiche che nessuno ha nel cilindro perché non esistono.

Pisa non è mai stata una “roccaforte rossa”, ma anzi, una città dove, nel 1990, le forze “moderate” raccolsero la maggioranza assoluta dei voti. È ancora così o è cambiato qualcosa?

Nel 1990 era Sindaco della città Sergio Cortopassi, un socialista di cultura e tradizione lombardiana della sinistra P.S.I. che guidava una maggioranza di centrosinistra allargata ai liberali, che nella nostra città hanno avuto prevalente una storia laica risorgimentale e progressista, ricordo infatti la coppia risorgimentale Pellegrino Rosselli e Janet Nathan, che veicolò i principi liberali mazziniani e di giustizia sociale ai nipoti Carlo e Nello Rosselli teorici del socialismo liberale. La Nathan e suo marito Pellegrino ospitarono e protessero nel loro palazzo Giuseppe Mazzini, fino alla sua morte avvenuta appunto a Pisa nel 1872. Nella legislatura precedente al pentapartito di Sergio Cortopassi fu sindaco di una giunta di sinistra il socialista autonomista Giacomino Granchi del P.S.I. e prima ancora Oriano Ripoli, socialista tra leader toscani della sinistra lombardiana ed infine il primo sindaco donna della città, Fausta Giani Cecchini, anche lei della sinistra socialista e partigiana con l’azionista socialista Riccardo Lombardi; è doveroso sottolineare che il primo cittadino della liberazione e della ricostruzione 1944-1951 fu il comunista e “Padre Costituente” Italo Bargagna, la sua figura di coraggioso antifascista è particolarmente cara ai socialisti pisani. Fu l’unico rappresentante di una forza politica, allora era dirigente del P.R.I., oltre agli Anarchici ed ai Comunisti, che presenziò nel marzo del 1921 al funerale di Carlo Cammeo sfidando l’ostracismo della coalizione neofascista cittadina formata dall’Arcivescovo Metropolita, dalle più importanti famiglie imprenditoriali non solo “gentili”, dai vertici della Massoneria locale, quella “allegra combriccola” assegnerà unanime nel consiglio comunale nel 1924, su proposta del sindaco squadrista Guido Buffarini Guidi, la cittadinanza onoraria al presidente del consiglio Benito Mussolini. Poi, è vero, c’e’ stato un periodo durato quindici anni in cui vi fu una prevalenza “centrista” di sindaci democratico-cristiani, amministratori di grande spessore morale e di solide competenze amministrative, mi sovvengono, fra gli altri, Renato Pagni e Umberto Viale. Al confronto, lo dico senza vis polemica, i sindaci che si sono succeduti negli ultimi 25 anni, tutti ex PCI, sembrano ai più né carne né pesce.

Che vuol dire, nel 2017, essere “socialisti”?

Dobbiamo cercare di essere il partito del lavoro, dello studio, dell’approfondimento, della solidarietà e del bene comune; il movimento socialista e democratico dei lavori e dei saperi con al centro l’umanità, che valorizza l’insegnamento cartesiano del “dubito ergo sum”. Il P.S.I. è impegnato per le “Le Comunità Civiche ed i Territori”: pari opportunità per tutti i cittadini, nessuna comunità, nessuna persona e nessun territorio sia lasciato indietro. Un progetto in movimento “laico, tollerante e pluralista”.

Chi sono (davvero) i populisti?

“Davvero” non lo so. Essere populisti è un disvalore? E da quando? I partiti come li conosciamo nella democrazia occidentale nascono come “populisti” in contrapposizione alle destre oligarchiche di Illuminati generati da una democrazia elitaria, selettiva per censo, casta ed “intellego”, penso all’invettiva di Platone versus il potere del popolo, appunto la “democrazia populista”. La questione, e il secolo breve ce lo ha insegnato drammaticamente, è che essere “democratici, populisti” non è sufficiente, dobbiamo essere anche e sopra a tutto “laici, tolleranti e pluralisti”.

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Giornalista.

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