– Giovanni Caldara –
Un avveniristico “vinodotto” collega le cantine sparse nel suggestivo borgo millenario a Radda in Chianti
Occorre un occhio attento alla “meccanica della magia” per apprezzare appieno il fascino che sprigiona dalla visita di un borgo come Volpaia, frazione di Radda in Chianti (SI). Qui, terra di grandissimi vini, anzitutto quelli della celebre maison, ci vorrebbe il talento di un regista visionario come Tim Burton, un adulto dallo sguardo di bambino, per catturare il fascino evocato dai sofisticati congegni meccanici che come automi abitano le profondità della terra, per poi spuntare alla vista di tanto in tanto e dove meno te lo aspetti, e capaci di orientare e incanalare quei flussi in continuo movimento: non già di cioccolato però come in un suo celebre film, ma del vino più prezioso. Perché è dagli anni Ottanta che sotto l’antichissimo borgo fortificato scorre un avveniristico “vinodotto”.
L’opera ingegneristica inizia laddove il trattore scarica nella vasca le uve da cui comincia il lento cammino che, sotto la sapiente regia dell’uomo, le porterà a trasformarsi in vino. Il lungo reticolo di tubi d’acciaio raggiungerà tutti i luoghi essenziali alla sua produzione come le tinaie, le cantine, la vinsantaia e l’area dedicata all’imbottigliamento. È un’opera voluta dalla famiglia Mascheroni Stianti, attuali proprietari del Castello di Volpaia, che si pone in continuità ideale con il “genio” che abitava un tempo lontano tra i signori di questo borgo: i Della Volpaia, appunto, che non faticherebbero a riconoscere i nuovi proprietari come loro degni eredi. Non fu Lorenzo della Volpaia, del resto, l’amico di Leonardo da Vinci che costruì l’orologio planetario di Palazzo Vecchio a Firenze, come anche – lui e i suoi abili familiari – quegli orologi, le sfere armillari, i compassi, i notturlabi?
Quando si visita una cantina moderna, anche tra quelle più prestigiose, siamo soliti conoscere (e ammirare) i diversi luoghi deputati alla produzione di vino in successione uno appresso all’altro. Non di questo genere è invece la scoperta di Volpaia, che si differenzia già dal ritmo “imposto” ai suoi ospiti: una sua visita è anzitutto al borgo millenario che, oggi come allora, è organizzato in un sofisticato sistema rurale che lo mantiene vivo, cosicché l’enoturista si trova impegnato in un su e giù tra sotterranei, palazzetti, viuzze, chiese sconsacrate e fabbricati nascosti da antiche mura, tutti adibiti alla paziente confezione di un vino (ma anche di olio), che è tra i più celebrati dalla critica italiana e internazionale.
Nella bella sala degustazione, avvolti da bottiglie di annate storiche, ecco l’assaggio dei vini del Castello di Volpaia: eleganti, dalla vocazione all’invecchiamento in bottiglia. Protagonista è ovviamente il Sangiovese, con i suoi tre cru: Coltassala, Il Puro, Balifico. Ma ci sono anche i vini della tenuta maremmana di famiglia, Castel Prile, qui vinificati, tra cui il fresco e piacevole Vermentino e il balsamico e aristocratico Prile. Altrettanto piacevole è la sosta all’Osteria Volpaia dove i sapori della cucina di terra convivono con le suggestioni che giungono dal mare secondo l’estro garbato dello chef Roberto Giallini, già all’Andana in Maremma ai tempi di Ducasse. Quindi, a suggello di un rigenerante intermezzo, la sosta in una delle belle camere affacciate su un paesaggio incontaminato che – a ragione – ci è invidiato e sognato in tutto il mondo.
Giovanni Caldara