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Crac Banca Etruria: 22 assoluzioni, una sola condanna

- Economia
1 Ottobre 2021

Nel maxi processo di primo grado per il crac della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio assoluzione con formula piena per 22 imputati. Una sola persona condannata, si tratta dell’imprenditore Alberto Rigotti (6 anni). Gli imputati erano accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice. La procura di Arezzo aveva chiesto pene che variavano da 6 anni e 6 mesi a un anno. A Rigotti sono state contestate le sofferenze accumulate dal gruppo Abm Network per circa 15 milioni di euro, soldi che, secondo l’accusa, l’imprenditore e consigliere della banca avrebbe preso dalle casse dell’istituto.

Gli imputati assolti, tutti ex consiglieri di amministrazione o ex revisori: Giorgio Guerrini, Federico Baiocchi De Silvestri, Giovanni Inghirami (che è stato vice presidente di Banca Etruria), Augusto Federici, Lorenzo Rosi (ultimo presidente di Banca Etruria prima del commissariamento), Laura del Tongo, Andrea Orlandi, Ugo Borgheresi, Franco Arrigucci, Mario Badiali, Maurizio Bartolomei Corsi, Alberto Bonaiti, Luigi Bonollo, Piero Burzi, Paolo Cerini, Giampaolo Crenca, Paolo Fumi, Saro Lo Presti, Gianfranco Neri, Carlo Platania, Carlo Polci, Massimo Tezzon. Il 24° imputato era il tributarista e docente universitario Enrico Fazzini, morto il 31 luglio scorso all’età di 76 anni.

“Le sentenze si rispettano. Per alcuni capi di imputazione il mio assistito è stato assolto. Ora vedremo con attenzione come è maturata la condanna e valuteremo per l’appello. Saranno fondamentali le motivazioni”, ha dichiarato l’avvocato Daniela Rossi, legale del finanziere Alberto Rigotti.

Nell’udienza preliminare erano già stati condannati (con rito abbreviato) per bancarotta fraudolenta l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, a 5 anni di reclusione, l’ex vice presidente Alfredo Berni a due anni per bancarotta fraudolenta e l’ex membro del cda Rossano Soldini a un anno per bancarotta semplice.

Il crac (200 milioni di euro usciti dalla banca e mai più rientrati) da cui sarebbe stato impossibile risalire, anche se su questo sono stati sollevati dubbi dagli avvocati difensori, che hanno riportato l’attenzione sull’opportunità di intervento del Fondo interbancario, paventata ma mai concretizzata. La triste parabola di Banca Etruria si concluse con la liquidazione coatta amministrativa del 22 novembre del 2015, a cui seguì l’insolvenza dichiarata nel febbraio 2016.

Letizia Giorgianni, presidente dell’associazione Vittime del Salvabanche, commenta la sentenza con amarezza: “In Banca Etruria sono stati bruciati i risparmi di 35mila toscani, polverizzati 300 milioni di euro di obbligazioni e azioni, ma per questi giudici non c’è stato reato. Una vergogna infinita. Tutti assolti gli imputati accusati dalla Procura di Arezzo di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice. Dal finanziamento allo Yacht Etruria, che ancora arrugginisce nel porto di Civitavecchia, al prestito Sacci (la più grossa delle sofferenze della fu Bpel) e alla San Carlo Borromeo, il resort del guru Armando Verdiglione, in questo immenso buco economico evidentemente – sottolinea Giorgianni – secondo il collegio presieduto dal giudice Giovanni Fruganti e composto dai giudici Ada Grignani e Claudio Lara non c’è stato reato. Tutti assolti, tranne che il capro espiatorio”.

“Bisogna leggere le motivazioni della sentenza ma credo che il caso Banca Etruria debba essere oggetto di altri gradi di giudizio anche per arrivare ad accertare come sia stato possibile che l’istituto di credito sia arrivata ad avere le condizioni economiche che Banca d’Italia ha descritto come drammatiche. Il dispositivo di oggi lascia aperte molte domande”. Lo ha detto all’Adnkronos l’avvocato Lorenza Calvanese, difensore di parte civile per conto di numerosi ex obbligazionisti ed azionisti di Banca Etruria.

Al tribunale di Arezzo resta ancora aperto il filone sulle cosiddette consulenze d’oro che vede tra gli imputati per bancarotta semplice Pier Luigi Boschi, ex vice presidente della banca e padre dell’ex ministro del governo Renzi Maria Elena, insieme a una decina di altri ex esponenti dell’istituto di credito.

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4 Commenti
    Luciano Bruschi

    Si può dire che la sentenza fa un certo schifo? Certo, bisogna legge ancora le motivazioni, ma in realtà è la fiducia nella magistratura che è venuta meno e da molto tempo…

    navajo

    Beh, non c’è da meravigliarsi. Quanti sono stati condannati per i miliardi spariti da MPS?

    dr.Strange

    qualcuno aveva dei dubbi? se Jack lo squartatore fosse stato di area PD, una volta arrestato col coltelo in mano sarebbe stato sicuramente assolto. qui in Toscana è peggio che in Mozambico

    Lucio

    Ritengo non ci sia da meravigliarsi, in questo Paese chi ruba è di sinisra campa felice sulle spalle della povera gente o meglio sui risparmi della povera gente.

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