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“La poesia è in tutto, vi spiego perché”. Intervista a Nadia Chiaverini

- Cultura
3 Ottobre 2021

Guido Martinelli

La gioventù è un momento magico della nostra avventura su questo pianetino sperduto nel nulla, a patto che non la si sprechi col “troppo commercio delle genti”, come temeva il poeta greco Kostantinos Kavafis che, parlando invece della vita in generale, aggiungeva l’invito a non sprecarla “con troppe parole e un viavai frenetico” per arrivare a farne “una stucchevole estranea”.

In quel lontano periodo rammento una frase del grande Pasolini che un amico di studi mi scrisse un giorno sopra l’agenda: “La poesia è qualcosa di oscuro che fa luminosa la vita”. Un’asserzione lapidaria che mi ha ispirato sempre, anche quando la poesia mi salutava da lontano e io, gaglioffo e dimentico, la ignoravo perché in altre faccende affaccendato. Profetica e veritiera, perché quando mi trovai in un vicolo oscuro che la diritta via se non smarrita pareva incerta e dolorosa, aggrappandomi a quella parola poetica ne trovai un conforto.

Per questo, in questo momento attuale in cui la pandemia rende meno certo il cammino di tutti noi, sono tornato di nuovo sulle sue tracce. Mi sembrava doveroso, o miei scarni lettori, spiegare perché persista su queste pagine a inseguire i poeti, persone che ammiro perché vivono il loro tempo portandosi dietro questa rara sensibilità che li rende privilegiati e pure in grado di aiutarci, col loro esempio, a non sentirci soli e sperduti. Oggi ho di fronte a me, per la solita breve ma intensa chiacchierata, un’altra poetessa pisana molto attiva, Nadia Chiaverini, conosciuta e apprezzata non solo in ambito locale.

Buonasera dottoressa Nadia, com’è mia rituale abitudine vorrei invitarla a presentarsi da sola.
“Buonasera a lei, allora, come mi chiamo lo sa, aggiungo di essere laureata in Giurisprudenza e da poco pensionata con la famosa quota cento con cui sono tornata a riappropriarmi in interezza della mia vita e poter così curare i miei interessi letterari, dopo aver lavorato tanti anni presso il tribunale di Pisa in qualità di direttore amministrativo”.

Quando è nato questo suo amore per la poesia?
“Ho scoperto la poesia venti anni fa dopo aver seguito un corso di scrittura creativa con Patrizia Napoleone, già professoressa, psicologa e scrittrice, molto brava nel linguaggio poetico che ci ha lasciati da poco, dove ho scoperto l’importanza della parola. Una parola densa, piena di valore rispetto alla società attuale in cui la parola viene urlata, in qualche modo violentata, scarnificata del suo significato. La poesia è, quindi, riuscita a farmi avere un altro sguardo sulle cose. All’inizio era uno sguardo più narrativo, esprimeva i sentimenti, le emozioni ed era anche, in qualche modo, più discorsivo. La liricità e il senso della poesia, magari con un verso più scarnificato, mi costringe invece a trovare l’attimo, la meraviglia della parola: tutto ciò che sta dietro le cose. Quindi, attraverso la poesia sono riuscita in qualche modo ad avere uno sguardo altro, diverso. Per me la poesia è in tutto. Non soltanto nella storia delle persone ma anche nella storia degli oggetti, nel respiro, nell’ascolto. Quindi per me è importante che il verso percepisca la risonanza di quello che uno ha emotivamente dentro di sé”.

Quando le nasce l’ispirazione poetica?
“Per me può nascere in ogni momento, anche quando guido in macchina e ho un’illuminazione, una percezione in qualche modo. In quei momenti mi accosto chiaramente, e sopra un librettino che porto sempre con me mi appunto alcune frasi, semplici parole o sensazioni che in quel momento sento. Magari possono essere il frutto di una riflessione successiva alla lettura di un articolo. Quando, poi, vado a comporre i versi sono sola, che è una condizione non frequente”.

Immagino, quindi, che lei abbia una famiglia che la tiene occupata?
“Certamente. Ho un marito, due figli grandi, e sono diventata nonna di uno splendido nipotino di due anni e per di più ho dei genitori molto anziani. Quindi, devo muovermi in mezzo a diverse situazioni, e per questo amo molto la notte. Perché la solitudine notturna diviene, per me, un momento creativo. In quei momenti, tutte queste parole, le sensazioni, le illuminazioni che mi sono appuntata riaffiorano, e a quel punto riesco in qualche modo a condensarle. La poesia non è più, per me, dopo sei libri, istantanea. Ma è qualcosa che rivedo in questi momenti di solitudine proprio per andare a penetrare un senso particolare legato a quell’emozione provata e annotata che può pure trasformarsi in qualcosa d’altro”.

Ha detto di aver pubblicato sei libri, quando ha cominciato e qual è stato l’ultimo?
“Ho iniziato nel 2000 e il primo libro è stato pubblicato nel 2004, ‘L’età di mezzo’ della Ibiskos Ulivieri, con cui ho pubblicato successivamente anche ‘L’altra metà del cielo’ e ‘Smarrimenti’. L’ultimo è stato pubblicato nel 2018, e si chiama ‘Notturni e ombre’, Carmignani Editrice. Il precedente, è stato ‘Poesia Stregatta e altre visioni’, dove la poesia era qualcosa di visionario, di magico e, tra apparizioni e scomparse, compare la figura del gatto ‘emblema di libertà e di mistero’. In ‘Notturni e ombre’ siamo andati oltre e vi si trovano molti incontri tra la poesia e la psicologia. Oltre alla visionarietà c’è anche una verticalità, ovvero la psicologia va dentro, nell’inconscio, a cercare qualcosa che non si sa di avere e di pensare. Vorrei anche specificare che molte mie sillogi sono presenti in blog letterari, riviste e antologie a tema sociale e sulla questione femminile”.

Da quel che mi risulta lei è anche molto attiva nei circoli culturali, partecipa a incontri di poesie, letture, e presumo anche a numerosi concorsi letterari.
“Certo, ho anche vinto alcuni premi in concorsi importanti come il “Fazio degli Uberti”, tanto per citarne uno. Ho anche preso parte a numerosi convegni e incontri sulla poesia e mi piace sottolineare pure la mia collaborazione a livello teatrale con Anna Lugnani e le Sibille con la lettura teatrale testi di Sibilla Aleramo e Alda Merini, quest’ultimo in programma a Torino nel marzo 2020 e poi rinviato”.

Quali sono i suoi autori di riferimento?
“Sono poeti contemporanei, perché io ho frequentato il liceo dove ho incontrato grandi poeti classici come Montale, Saba, Quasimodo che hanno lasciato un segno. Poi, all’Università, avendo seguito la facoltà di Giurisprudenza ho preso altre strade. Sono ritornata alla poesia con la contemporaneità, perché ritengo che la poesia e l’arte siano l’espressione della società in cui viviamo. Io non credo al poeta asettico. La bellezza classica è ormai dietro le nostre spalle e non la rinveniamo più tra di noi. L’arte dei nostri giorni è rappresentata anche dai writers che scrivono sui muri, dalla poesia astratta. Certo, anche la poesia sta cambiando, dopo Baudelaire, con la nascita della poesia moderna il poeta ha perso l’aureola e tutti l’hanno raccolta, così adesso abbiamo perso un po’ il canone, e se prima coi versi e con le rime si capiva cos’era la poesia, ora c’è una multiformità e manca una visione univoca da parte di autori e critici che non è un aspetto negativo”.

Certamente esiste più libertà e diversità anche in questo campo, e quindi i suoi punti di riferimento autoriali quali sono?
“Del Novecento, da un punto di vista europeo, apprezzo molto il tedesco Rainer Maria Rilke, poi tornando indietro nel tempo il già citato Baudelaire, e facendo un successivo salto di nuovo in avanti nel Novecento devo dire che mi piacciono gli americani in genere. Tra gli italiani Campana e Pavese. Pensando alle donne la polacca Szymborska, la prima e più autentica Alda Merini. Tornando di nuovo tra i contemporanei italiani Milo De Angelis e il pistoiese Roberto Carifi che parla della poesia come un dono. Un’immagine che apprezzo molto e nella quale trovo somiglianze con la mia ispirazione poetica. Come le dicevo, credo talmente nella produzione poetica contemporanea da aver dato vita, in anni precedenti, ad eventi divulgativi per far conoscere questi autori dei nostri giorni al maggior numero di persone possibili. Per esempio, tra i tanti nel 2010, rammento che con Edda Conte e Claudia Turco creai ‘Alda e le altre’, ovvero Alda Merini, Antonia Pozzi e Amelia Rosselli. In questo incontro lanciammo uno sguardo sulla poesia contemporanea al femminile all’epoca poco conosciuta. Altra iniziativa è stata una manifestazione contro la violenza contro le donne, ‘La parola contro il silenzio’, con la commissione Pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Pisa, nel 2013. ‘La poesia incontra la psiche: notturni e ombre’, con la psicoanalista Cristiana Vettori e la psichiatra Marina Zazo. Io, infatti, prediligo realizzare incontri non solo per parlare della mia poesia, ma anche e soprattutto di poesia in generale e delle modalità con cui essa riesce a collegarsi col mondo circostante. Ho organizzato anche degli incontri con Giacomo Cerrai, ‘La poesia non dimentica’, per ricordare poetesse dimenticate: Patrizia Vicinelli, Piera Oppezzo e Nadia Campana”.

Prospettive per il futuro?
“Ho già pronta una silloge divisa in due parti. La prima che si chiama ‘Sull’orlo della gioia’ e l’altra che invece si chiama ‘Il tempo della melagrana’. Queste due parti sono due aspetti di me che con quest’opera vorrei integrare e proporre”.

Dopo tutte queste sue interessanti osservazioni, secondo lei, quale ritiene sia la funzione della poesia nella società attuale? Serve a qualcosa?
“La poesia, innanzitutto, non deve servire a nessuno. Serve nel senso che è libertà, è rivoluzionaria, e non può essere asservita a niente e nessuno. La poesia non può cambiare il mondo, come diceva Patrizia Cavalli, che affermava che le sue poesie non avrebbero cambiato il mondo, ma sono convinta che abbia un valore universale in tutti i tempi e in tutte le latitudini”.

E in situazioni pandemiche come l’attuale che stiamo vivendo dove la si trova?
“La poesia c’è sempre, magari è nascosta sotto il selciato, è in una pozzanghera. Credo che una mia poesia di ‘Notturni e Ombre’ esprima meglio il mio pensiero”.

Quella lacrima che scende
al risveglio/ in automatico
senza vero dolore
quando l’occhio più non sopporta
tutto questo squallore
il vuoto intorno ad un mondo
privo di sostanza
qualcosa/un grigiore/ sempre che avanza
che s’innesta in questa vita
senza vera violenza
quel dolore rimasto attaccato
alla suola della scarpa.

Anche lì, sotto la suola delle scarpe, si annida la parola poetica, grazie Nadia, di cuore, per le sue parole e per il suo impegno.
“A lei e auguri poetici a tutti”.

 

Trovo, riflettendoci, che Nadia Chiaverini abbia fatto delle osservazioni veramente importanti, e soprattutto la ringrazio, ora, per avermi fatto conoscere Roberto Carifi, un autore toscano che nei giorni successivi al nostro incontro sono andato a scoprire e apprezzare. Mi piace, di conseguenza, concludere citando un commento sullo stesso Carifi del critico Davide Brullo che lo definisce un “amuleto contro le virali stupidaggini della letteratura moderna”. Una definizione centrata cui forse toglierei la parte finale allargando il concetto alla poesia in genere.

Contro la stupidità, ovvero la mancanza di senso logico o consapevolezza emotiva profonda delle nostre azioni, non c’è amuleto o antidoto migliore del sentire poetico. Provate e poi fatemi sapere. Son tutt’orecchi.

Noi torneremo, c’è già una poetessa del nostro territorio in rampa di lancia: la cascinese Serenella Menichetti. E altri sono già stati allertati. Non c’è scampo, la poesia vi sta accerchiando. Per il vostro bene. E gratis. E siccome siete persone intelligenti sono certo che apprezzerete e vi troverete pure voi a seguire tracce poetiche.

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