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Mps, il peccato originale: “Il Comune (e il partito) voleva tutto il controllo”

- Economia
3 Novembre 2021

Le date sono molto importanti nella storia. Il Monte dei Paschi di Siena nasce nel 1472: il Monte Pio viene istituito per aiutare poveri e bisognosi della città toscana. Stiamo parlando della banca più antica ancora in attività. Gli ultimi anni sono stati durissimi, come evidenziato dalle cronache, con alcune discutibili scelte manageriali (in primis l’acquisto senza badare a spese di Antonveneta) che, sommati agli effetti delle crisi finanziarie globali, hanno quasi distrutto Mps, salvato solo grazie all’intervento dello Stato.

Il quotidiano La Nazione dedica un approfondimento alla storia della banca di Siena, partendo dal durissimo braccio di ferro tra le istituzioni locali (Comune e Provincia di Siena) e il Governo, iniziato nel 1992. Ma occorre fare una veloce premessa: dalla riforma bancaria del 1936 Mps era uno dei sei istituti di credito di diritto pubblico (erano autorizzate anche a fare credito agli enti pubblici), insieme alla banca San Paolo di Torino, alla Bnl, al Banco di Sicilia, al Banco di Napoli e al Banco di Sardegna. Non erano necessariamente le banche più ricche ma quelle più legate al territorio. Tutto cambia nel 1990 con la legge 218 (legge Amato), con gli istituti di credito di diritto pubblico che possono modificare la forma giuridica, in vista dell’entrata in vigore della normativa Basilea I. Tutto è finalizzato all’obiettivo di rafforzare le banche italiane sui mercati internazionali. Il modello di riferimento preferito è quello della società per azioni.

Il quotidiano fiorentino intervista il professor Giovanni Grottanelli de’ Santi, all’epoca presidente di Mps e poi, dal ’92 al 2000, a capo della Fondazione Mps. “Il Monte – racconta – era una delle ultime banche di diritto pubblico che fu privatizzata… A Siena il dibattito era talmente aspro che attaccarono un manifesto nel quale scrissero che tradivo la mia città. Ma il sistema del credito correva veloce verso le privatizzazioni, era solo una questione di tempo”.

A giudicare da ciò che è accaduto negli ultimi anni, con lo Stato che di fatto oggi controlla la banca, sembra un salto indietro nel tempo. De Santi ammette: “Con il senno di poi e per colpa delle ‘belle amministrazioni’ al vertice della banca, forse sarebbe stato meglio non privatizzare. Ma era contrario alla normativa europea e allo spirito dei tempi”. Particolare che non va sottovalutato: in quegli anni, infatti, le privatizzazioni erano sulla bocca di tutti i partiti, e chi non le inseriva nei propri programmi sembrava un extraterrestre.

A Siena nasce un duro braccio di ferro tra chi vuole frenare il cambiamento e chi, invece, preferirebbe attendere. Il grande salto, con la nascita della spa, arriva nell’agosto 1995, con un decreto del ministro del Tesoro Lamberto Dini. Negli anni di Tangentopoli non poteva mancare una grande inchiesta per tangenti, legata anche a Mps, con arresti, paginate sui giornali e tutto ciò che ne consegue. Alla fine tutto viene archiviato.

Il cambiamento innescato anni prima non si può fermare, la banca più antica del mondo diventa società per azioni, affiancata dalla fondazione. Il controllo su quest’ultima viene posto sotto il Comune di Siena, per mezzo delle nomine per la deputazione. Le mani della politica, e in particolare della maggioranza, finiscono per controllare il “giocattolo” di Rocca Salimbeni.

La critica del professor de’ Santi è molto dura ancora oggi: “Ciò di cui non ero convinto, e che portò alle mie dimissioni anticipate dalla presidenza della Fondazione, è che il Comune di Siena avesse per statuto la maggioranza delle nomine, cosa che portava al controllo della banca. Continuo a pensare che la mia interpretazione sullo statuto fosse quella corretta, che la deputazione dovesse essere espressione di tutto il territorio, Università, Curia, organismi della società. Non solo del partito politico di maggioranza. I risultati si sono visti dopo, banca e Fondazione rovinate per gli amministratori scelti dal partito di maggioranza”.

Quattro anni dopo la nascita della spa arrivò la quotazione in borsa. Il valore raddoppiò, un successo. Gli anni bui e la crisi mortale (o quasi) erano del tutto inimmaginabili.

 

Foto: Wikipedia

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Giornalista.

4 Commenti
    Adriano Zoin

    Malgrado tutto, questa banca è statala gallina dalle uova dòro delle alte cariche di coloro che si dichiarano DEMOCRISTIANI ALL`ITALIANA!!!

    Franco

    Questo è l’onestà del PD fregando miliardi di € a tutti noi italiani poi non capisco sono sempre al governo senza essere mai votati

    Sergio

    La sinistra, targata PD o altro, proprio come “ha fatto fallire MPS ha fatto la stessa cosa con lo Stato” in entrambi i casi le casse sono vuote ma i responsabili restano sulle loro poltrone, a nessuno sembra strano?.

    Giandomenico Carletto

    Allora il colpevole di tutti i guai di MPS e’ il capo del partito di quel periodo. E’ ora di portare il conto a tutto il partito.

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