– Ilaria Clara Urciuoli –
Un universo di figure umane, donne e uomini, tipi, ruoli: l’Accademia delle Arti del Disegno dedica il mese di novembre a Remo Squillantini realizzando una mostra attraverso la quale tornare a vedere, con occhi diversi e più consapevoli, quel frammento di storia italiana che segue le tensioni degli anni di piombo ed è anticamera della crisi della Prima Repubblica, quello spaccato che va dagli anni ’70 ai ’90, intravisto attraverso lo specchio di sguardi e atteggiamenti di chi allora aveva già raggiunto una piena maturità.
Evocativo ed eloquente il sottotitolo della mostra “Amarcord. Alba e tramonto di un’epoca”: non a caso fu lo stesso Fellini a dire, osservando alcuni quadri dell’artista toscano: “Vi trovo similitudini con il mio cinema, sebbene Squillantini preferisca raccontare le contraddizioni e l’indifferenza di questo tempo”. Con lui Giovanni Faccenda, curatore della mostra, che sottolinea come l’artista sia stato testimone schietto del suo tempo di cui “evidenziò, con pacato cinismo, l’ambiguità dei comportamenti, l’algida impermeabilità dell’aspetto esteriore, trionfo al limite della ridicolaggine, l’insistita convinzione di onnipotenza taciuta in pose e sguardi rivelatori – piuttosto – di costumi e codici morali tanto biasimevoli quanto indecorosi e urticanti”.
A spiccare sono le donne, tante, che nella pittura poco solida, gelatinosa dell’artista si abbandonano al gioco di una seduzione fatta di ruoli, di fisicità sfiorite esibite come richiamo per uomini che rispondono con sguardi compiacenti e simboli di potere. I molti visi, i tanti corpi dai petti gonfi dietro l’impeccabile cravatta, ci mostrano i salotti di fine secolo, in cui la grazia si perde nell’esibizione, nel riconoscersi in un ruolo da vivere, almeno in quel frangente. Uomo e donna, sebbene non più giovani (o forse proprio per questo), diventano manichini, automi comandati da un bisogno di affermazione che li appiattisce in un gioco di seduzione in cui la donna sembra proporsi alla ricerca del miglior offerente, quello più sicuro, quello più affermato, quello dal sorriso più consapevole.
L’umanità però va oltre la farsa evidenziando di questi soggetti la fragilità, il loro essere comparse o tuttalpiù vittime di una storia che scorre sullo sfondo composto di accennate architetture cittadine o di caldi interni di locali. E se talvolta le relazioni diventano quasi ritratti da collezionare, ciò non esclude che possano invece essere accogliente e genuina vicinanza, addirittura, forse, un timido e sincero amore da vivere nell’innocenza della periferia.
Ilaria Clara Urciuoli
Foto in alto: La gola, 1978 olio su tela