La mitica cecìna

- Si va a mangià?
30 Dicembre 2021

Quando ero ragazzino e ogni tanto andavo al cinema una tappa fissa era la merenda a base di schiacciatina (stiacciatina) con la cecìna, accompagnata da un bel bicchiere di spuma bionda. A seconda che la sala cinematografica fosse a Tramontana o a Mezzogiorno (per i non pisani a Nord o a Sud dell’Arno) variava la scelta della pizzeria. Se il film era all’Odeon la meta era il Montino, in un vicoletto vicino al mercato di piazza delle Vettovaglie. Mano a mano che mi avvicinavo pregustavo già il sapore di quel grande disco giallo saporito appena sfornato. Sublime. Se invece il film veniva proiettato al cinema Italia, all’Astra o all’Ariston, tutti a sud del Ponte di Mezzo, preferivo fare merenda da Nando o dal Chimenti, entrambi in Corso Italia. C’erano anche altre pizzerie al taglio molto valide ma quelle che ho nominato erano le mie preferite.

Ricordo ancora oggi, a distanza di più di trent’anni, i volti sorridenti, le battute e i gesti di chi mi ha servito tante volte, così come i profumi e l’atmosfera di casa che si respirava in quei locali. Alcune merende prevedevano una variante: quartino di pizza al posto della schiacciatina, e un etto di cecìna (che non poteva mai mancare). Da bere sempre la spuma, ovviamente.

La cecìna è un must a Pisa, ma si prepara lungo tutta la costa, tra la Maremma e la Costa Azzurra. La ricetta è sempre la stessa, il nome cambia: viene chiamata “socca” in Costa Azzurra, “a’ fainà de ceixei” in genovese, “cecìna” o “torta” nell’area nord della Toscana, “fainè” nel sassarese. Qui di seguito vi proponiamo la ricetta, tratta dal libro “L’Arno – ricordi e sapori a spizzichi e bocconi” (ed. Sarnus), di Fausto Filidei.

Prima di tutto diamo un’occhiata agli ingredienti, che sono molto semplici: 350 grammi di farina di ceci, 1,35 litri di acqua, olio extravergine di oliva (tre cucchiai), sale (un cucchiaino), pepe macinato q.b.

Per prima cosa mettere la farina nell’acqua e disfare con la frusta i grumi: se non ne avete una potete usare anche la forchetta. In seguito bisogna aggiungere il sale e l’olio, girare il composto, coprirlo e lasciarlo riposare per tre ore.
Prendete una teglia da forno e ungetela bene con l’olio (potete aiutarvi con la carta da forno).

Trascorso il tempo di riposo previsto prendete l’impasto e controllate che non vi siano ancora dei grumi (vanno eliminati), dopodiché versate nella teglia e mettetela nel forno, precedentemente riscaldata a 220°. Si deve cuocere per 30 minuti circa. La vostra cecìna sarà pronta quando la parte superiore avrà una leggera crosticina dorata, mentre il resto deve rimanere morbido. Toglierla dal forno e aspettare 3-4 minuti prima di servirla, dopo averle messo sopra del pepe macinato.

Una storia antichissima

Tra verità e leggenda le origini della cecìna risalgono a parecchi secoli fa. Diverse ricette dell’antica Grecia o dei romani prevedevano la cottura in forno di un impasto di legumi. Tra questi i ceci erano molto utilizzati, specie nel Medio Oriente. E le Repubbliche marinare, come Pisa e Genova, avevano moltissimi scambi commerciali con queste realtà. Ecco, quindi, che nel Medioevo le ricette a base di ceci entrarono a pieno titolo nelle abitudini alimentari italiane, anche con il piatto di cui vi stiamo parlando.

Esiste anche una leggenda, che risale al periodo immediatamente successivo alla battaglia della Meloria (1284) con cui Genova sconfisse Pisa. Mentre solcava le acque del golfo di Biscaglia, nell’Atlantico (tra la Francia e la penisola iberica), una galea genovese per giorni si trovò in mezzo a una tempesta. Il carico, tra cui alcuni barili di olio e diversi sacchi di ceci, si rovesciò inzuppandosi con l’acqua di mare. Si cercò di recuperare quel che si poteva, visto che le provviste scarseggiavano, e i prigionieri pisani ricevettero come rancio una scodella contenente purea di ceci. Un cibo immangiabile che molti si rifiutarono di consumare. Lasciata al sole quella poltiglia si essiccò leggermente, divenendo simile a una frittella: i prigionieri, sempre più affamati, il giorno dopo la apprezzarono. Rientrati nelle loro case i marinai genovesi vollero provare a perfezionare la ricetta cuocendo nel forno a legna l’impasto a base di farina di ceci e olio. Il risultato fu molto apprezzato e, per ricordare la vittoria della Meloria, a scherno dei pisani il piatto fu chiamato “l’oro di Pisa“.

 

 

Foto: pisappiamoci.it

 

 

 

 

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Giornalista.

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