– Luca Bocci –
Sebbene sia popolarissima tra gli stranieri, l’immagine da cartolina della Toscana non ci ha mai troppo appassionata. Per come la vediamo noi, per capire il carattere di questa terra speciale bisogna andare oltre ai filari di cipressi e alle città d’arte per guardare nelle parti più selvagge di questa regione. Nessuna zona è più selvaggia ed indomabile di quella che si estende a cavallo del confine col Lazio, tanto speciale da essersi conquistata un posto d’onore nell’immaginazione dei toscani. Dopo che vi abbiamo raccontato la storia di Domenico Tiburzi, il Robin Hood toscano, ora tocca ad un’altra leggenda della Maremma, la famosa vittoria contro i cowboys di Buffalo Bill riportata dai butteri in una sfida che ha fatto storia. ASCOLTA IL PODCAST
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Il famoso showman americano offrì l’equivalente di un anno di paga di un buttero se fossero riusciti a domare e cavalcare uno dei suoi famosi mustangs per cinque minuti. I butteri ci riuscirono, tra gli applausi scroscianti del pubblico. Sebbene tutti in Toscana conoscano questa storia, ben pochi sanno esattamente come andarono le cose e persino dove si tenne la famosa sfida. Quando hai tra le mani una bella storia, a cosa servono i dettagli? Basta e avanza per dimostrare che siamo i migliori! Peccato, perché si tratta davvero di una storia incredibile, che spiega perché il buttero sia diventato il simbolo non ufficiale della Maremma.
Come i loro cugini d’oltreoceano anche i cowboys toscani non se la passano per niente bene, pagati poco per un lavoro che rimane faticosissimo. Ora che le paludi sono state bonificate ed i latifondi sono una memoria lontana, i giorni dei butteri sono contati. Se capitate da quelle parti d’estate, potete ancora vedere come vivono in uno dei tanti spettacoli organizzati nella zona.
La storia dei cowboys toscani e di come siano diventati delle leggende viventi in questo episodio di What’s Up Tuscany, il podcast dedicato a tutti coloro che amano questa terra e la gente che la rende unica al mondo. Fateci sapere cosa ne pensate partecipando alla conversazione sui nostri canali social. Ogni feedback è graditissimo, quindi non esitate!
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LA SFIDA TRA I BUTTERI E BUFFALO BILL
La famosa disfida non avvenne in Toscana ma a Roma, l’8 marzo 1890. Per garantirsi un poco di pubblicità gratuita Buffalo Bill era solito lanciare una sfida pubblica ai cavallerizzi di ogni paese che visitava, mettendo in palio un grosso premio per chiunque riuscisse a battere i suoi famosi cowboys. Nessuno di solito accettava la sfida ma le cose andarono in maniera ben diversa all’ombra del Cupolone. Mentre stava allestendo la sua enorme arena vicino alle caserme del Regio Esercito nella periferia della capitale, a Prati di Castello, Buffalo Bill fece il giro dei salotti bene per farsi pubblicità. Durante una di queste feste, l’ospite d’onore, dopo un bicchiere di troppo, iniziò a vantarsi del fatto che “nessuno può battere i miei cowboys”. Lì vicino passava uno dei più illustri membri dell’aristocrazia locale, Onorato Caetani, conte di Sermoneta. Il nobile di cavalli se ne intendeva parecchio e fu ferito dalla spacconeria dell’americano. Caetani rispose alla scommessa di Buffalo Bill con un’altra: avrebbe messo a disposizione sette dei suoi stalloni più selvaggi della sua tenuta di Cisterna, nell’Agro Pontino, vicino a Latina. Se i cowboys fossero stati in grado di domare questi cavalli intrattabili, che erano stati rifiutati da ogni cliente, avrebbe ammesso la sconfitta e pagato.
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Un cronista del Messaggero passava da quelle parti e rilanciò sulle pagine del quotidiano la sfida del nobile romano, sfida che fu fatta propria dal pubblico, che si presentò in massa in quello che sarebbe diventato uno dei quartieri più chic della capitale. La sfida si tenne il 4 marzo ed i cowboys dimostrarono che sapevano il fatto loro. Gli ci vollero solo 15 minuti per catturare e domare i sette stalloni. Il pubblico ci rimase male ma applaudì a scena aperta la tecnica dei cowboys, mentre Buffalo Bill se la rideva contando i soldi degli incassi. Non tutti furono impressionati dai cowboys, primi tra tutti gli esperti italiani. I cowboys giocavano sporco, facevano male ai cavalli, li facevano sanguinare, andavano in venti contro un singolo cavallo. Così son buoni tutti, dissero. Buffalo Bill non la prese benissimo e rilanciò la sua solita scommessa: avrebbe dato cento dollari a chiunque fosse stato in grado di catturare e montare i cavalli selvaggi del West per almeno cinque minuti. La somma fece impressione, specialmente ai butteri. Loro ci mettevano un anno per guadagnarli – il che spiega perché furono diversi a far sapere di voler raccogliere la sfida.
Il giorno della sfida, l’8 marzo, pioveva come Dio la mandava. Molti butteri non si presentarono nemmeno, ma nove si fecero vivi, qualcuno a cavallo, altri a piedi. Le cronache dell’epoca raccontano come fossero più di ventimila ad affollare l’arena a Prati, nonostante il nubifragio. E qui la storia e la leggenda iniziano a divergere. Sebbene ogni toscano giuri e spergiuri che i butteri venivano dalla Maremma, in realtà erano tutti originari dell’altra area “maledetta” del centro Italia, quell’Agro Pontino ancora ben lontano dall’essere bonificato. Intuendo la mala parata, Buffalo Bill cambiò le regole della sfida. Per incassare i cento dollari, ognuno di loro avrebbe dovuto catturare, sellare e montare per cinque minuti uno dei suoi stalloni selvaggi. I butteri non la presero per niente bene. Se i cowboys potevano mettersi venti contro uno, perché mai loro dovevano fare da soli? I primi due, Alfonso Ferrazza e Augusto Imperiali, ce la fecero senza troppi problemi. “Augustarello” catturò, montò il suo cavallo e fece diversi giri dell’enorme arena, grande quanto quattro campi di calcio, tra l’entusiasmo del pubblico. Tutto molto bello, ma se la prese un po’ troppo comoda. Buffalo Bill aveva da concludere il suo spettacolo ed i butteri gli stavano mandando in tilt la scaletta. Senza aspettare gli altri butteri, montò sul suo stallone bianco ed annunciò al pubblico che la sfida era finita. La gente pensò che avesse ammesso la sconfitta, il che spiega gli applausi scroscianti – le cose non stavano proprio così. In realtà Buffalo Bill non ne voleva sapere di pagare la scommessa e, una volta finito lo spettacolo, fece sapere che i butteri non avevano vinto perché ci stavano mettendo troppo tempo.
Augustarello e soci prima protestarono vivamente, poi diedero vita alla classica rissa da saloon senza saloon, iniziando a pestare chiunque gli capitasse a tiro. Alla fine, i cento dollari rimasero nelle tasche di Buffalo Bill. La sera, ad un party organizzato dal Conte di Sermoneta, fu sentito ammettere che i butteri erano stati bravissimi e gli offrì dello champagne dopo aver fatto saltare i tappi con dei colpi precisissimi del suo famoso Winchester. I butteri avrebbero sicuramente preferito contare i suoi dollari. Il pubblico romano se la legò al dito e rise delle scuse dell’americano. Per loro l’eroe era Augustarello, mentre l’americano si beccò il soprannome di “Er cappellaccio” e una generosa dose di sarcasmo sferzante. Nonostante avesse incassato parecchio, Buffalo Bill non portò mai più il suo Wild West Show nella capitale. Un caso? Forse, ma nessuna delle sfide lanciate dai butteri laziali e toscani fu mai accettata, nemmeno per il centenario della disfida. Poco importa, il mito della storica vittoria dei butteri era nato lo stesso.
Le leggende si comportano un po’ come gli pare, senza preoccuparsi troppo della realtà. Se funzionano e hanno presa sul pubblico, prosperano lo stesso. L’impresa dei butteri di Latina fu fatta propria dai cugini della Maremma, specialmente da quelli di Albarese, dove sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Il pubblico romano non si è certo dimenticato di loro. La vittoria di Augusto Imperiali è stata raccontata in diversi libri, inclusa una graphic novel pubblicata nel 2010. La storia d’amore tra gli italiani e il Far West è continuata incontrastata, passando dalle pagine dei fumetti di Tex Willer ed i mille emuli di Bonetti fino alle centinaia e centinaia di spaghetti western, la musica di Ennio Morricone e chi più ne ha più ne metta.
Come successo nel vero West ai cowboys, anche i butteri non se la passano per niente bene, relegati come sono al ruolo di comparse in spettacoli folkloristici abbastanza tristi. Nel 2011 ci pensò un articolista del New York Times a raccontare come stessero i butteri nel nuovo millennio. Loro, i butteri, non sono cambiati per niente. Come i loro antenati rimangono l’espressione dell’anima di questa terra selvaggia, impossibile da domare.
Foto: agriturismocirene.com