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Il sacrificio di Comasco Comaschi, martire della libertà

- Cronaca
19 Marzo 2022

Può capitare di non conoscere le storie delle persone a cui sono dedicate le strade. Ma è una lacuna che, specie in alcune circostanze, è doveroso colmare. Come in questo caso di cui vi parliamo oggi. C’è un viale, a Cascina (Pisa), che prende il nome di Comasco Comaschi, una delle prime vittime del fascismo. Artigiano del legno nonché insegnante alla Scuola d’arte, fu ucciso dalle squadracce fasciste il 19 marzo 1922, cento anni fa. Il giorno dei funerali uno sciopero spontaneo dei lavoratori manifestò la rabbia e il dolore della cittadinanza. Tutta Cascina fu parata di rosso e di nero, con una folla enorme di persone che partecipò al corteo funebre. Fu l’ultima manifestazione libera prima dell’avvento in Italia del fascismo.

Il Comune di Cascina ha voluto ricordare Comaschi con una corona di fiori deposta al monumento eretto in suo onore. Per l’occasione è stata inoltre inaugurata una targa e una mostra fotografica nella sede della Pubblica Assistenza. E a seguire un convegno dal titolo “1922-2022 Comasco Comaschi – Anarchico assassinato dai fascisti”.

Il sindaco di Cascina, Michelangelo Betti, ha sottolineato che “il 19 marzo 1922 rappresenta una data centrale per il ’900 cascinese. L’assassinio di Comasco Comaschi precede di alcuni mesi la Marcia su Roma e l’avvento del fascismo, definendo il clima nel Paese nel 1922. Con le squadracce che imperversano ovunque. A distanza di un secolo, l’anniversario dell’uccisione di Comaschi ci dà l’occasione per un approfondimento di carattere storico e anche di un parallelo sul quadro internazionale che oggi abbiamo di fronte. A 100 anni dalla morte di Comasco, ritornano elementi di preoccupazione e guardare al nostro passato può essere utile per le scelte che guardano al futuro”.

“Voglio ringraziare l’amministrazione comunale di Cascina e le associazioni che hanno dato vita a questa doverosa celebrazione della figura di Comasco Comaschi nel centenario dell’assassinio per mano fascista – ha sottolineato l’assessore regionale alla memoria, Alessandra Nardini –. Se la Toscana oggi è una terra con una cultura democratica profonda e diffusa, lo deve a figure come lui. Comaschi è stato un protagonista della vita e della crescita di questa comunità. Ma il suo impegno, il suo coraggio, il suo sacrificio rappresentano molto di più. La vicenda di Comasco è una delle più emblematiche del contributo che il movimento dei lavoratori nella nostra regione ha dato all’allargamento delle basi della democrazia e all’affermazione dei diritti nel nostro paese. A 100 anni dal suo assassinio e dall’avvento di una dittatura che lasciò solo macerie, la sua scelta fiera, pagata con la vita, di opporsi al fascismo dice a tutti noi che l’impegno contro ogni forma di autoritarismo non va mai dismesso”.

Comasco era nato a Cascina il 27 ottobre 1895 da Ippolito e Virginia Bacciardi. All’epoca Cascina era piena di tanti piccoli artigiani del legno. Seguendo l’esempio del padre Ippolito, che militava nel movimento anarchico, Comasco si avvicinò a quelle idee libertarie che lo portarono, piano piano, ad un impegno sociale molto forte, tradottosi nella nascita della locale sezione della Pubblica Assistenza, oltre che all’impegno come insegnante nella scuola d’arte di Cascina, e nel lavoro, come artigiano ebanista.

L’affermarsi dello squadrismo fascista vide Comasco ben saldo nei propri ideali, a difesa anche dei suoi allievi minacciati dai fascisti. All’inizio del 1922, quaranta giorni prima della fatale aggressione, Comasco subì una prima grave azione di violenza, inseguito e bastonato da un centinaio di fascisti. Suo fratello Vasco gli propose di mettersi in salvo emigrando, ma Comasco non sentì ragioni: mai e poi mai avrebbe lasciato la scuola e il suo lavoro, giudicando un gesto da vigliacchi la scelta di allontanarsi. Purtroppo questo coraggio gli fu fatale.

La sera del 19 marzo 1922, dopo aver partecipato a una riunione nella frazione di Marciana, mentre faceva ritorno a casa in calesse, con altri tre anarchici, vicino al Fosso Vecchio cadde in un agguato tesogli da un gruppo di fascisti, che esplosero contro di lui diversi colpi di arma da fuoco. Comasco fu colpito alla testa e subito perse la vita. Dalle indagini fu individuato un gruppo di fascisti. Finirono in manette Pilade Damiani, Giovanni Barontini, Orfeo Gabriellini, Vasco Paoletti, Gaetano Diodati, Antonio e Italiano Casarosa, Francesco Del Seppia e Arturo Masoni. Tutti negarono e fornirono un alibi. Alcuni possibili testimoni temendo ritorsioni evitarono di denunciarli. E così, nel giro di pochi mesi, vennero tutti rimessi in libertà.

Nel maggio del 1945, dopo essere tornato dal Nord Italia dove aveva fatto parte della Guardia Nazionale Repubblicana, Orfeo Gabriellini in mezzo al Corso di Cascina venne preso di mira dalla folla e picchiato, perché riconosciuto come uno degli assassini di Comasco. Salvato dal maresciallo dei carabinieri, fu portato in caserma, dove confessò la propria responsabilità. Per lui, dopo la denuncia di Vasco Comaschi, si aprì un nuovo processo, con Gabriellini e altri imputati vennero condannati con pene tra i due e i dieci anni. Ma l’amnistia decisa dal guardasigilli Togliatti fece scattare importanti sconti di pena e, nel giro di poco tempo, tutti furono di nuovo liberi.

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Giornalista.

2 Commenti
    Roda

    Altra storia a senso unico,dato che i comunisti e gli anarchici uccisero per primi, ma tutti zitti e si inventano martiri solo da una parte …

      Orlando Sacchelli Post author

      È vero o non è vero che Comasco Comaschi fu ucciso in un agguato? Per quale ragione fu ucciso e da chi? Mi risponda a queste domande, per favore.
      Quando lo avrà fatto potremo discutere degli altri morti ammazzati, senza partigianerie, le assicuro. Ma prima, però, risponda a queste domande.
      Se vuole avere un dialogo sereno e pacato, senza fare sconti a nessuno, com’è giusto che sia, ci metta la faccia e scriva il proprio nome e cognome.
      Distinti saluti, Orlando Sacchelli

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