Quando parla del Gioco del Ponte gli si illuminano gli occhi, così come per le altre feste della tradizione pisana. L’assessore del Comune di Pisa Filippo Bedini, che tra le varie deleghe ha anche quella alle Tradizioni della storia e dell’identità di Pisa, ha risposto ad alcune nostre domande sull’importante e atteso appuntamento che conclude il Giugno Pisano.
Assessore Bedini, il Gioco del Ponte torna dopo due anni di stop forzato causa Covid. Che edizione si aspetta?
“L’obiettivo è assolutamente quello di ripartire, alla luce di tutto il lavoro che è stato fatto. La storia del Gioco è una storia di interruzioni, per vari motivi, e ogni volta ripartire è stato complesso. Devo dire che abbiamo lavorato molto per restituire la giusta dignità al corteo storico. Molti costumi sono nuovi, interi corpi sono stati completamente rinnovati, parlo ad esempio dei Celatini, così come sono stati rinnovati i tamburi e tante altri piccoli dettagli. Fare l’elenco sarebbe lungo. Vediamo i frutti di un impegno economico di centinaia di migliaia di euro, su tre anni, che ha previsto interventi su tantissimi aspetti: scarpe, calze, bandiere, addobbi, i gusci per camuffare i semafori. Ogni dettaglio deve essere curato come si deve. Chiunque a Pisa sa che la città per il Gioco si è sempre vestita a festa, bisogna avere l’abito buono ed è questa la novità più importante su cui abbiamo lavorato. Ma c’è anche un nuovo regolamento tecnico, per quanto riguarda il combattimento, fatto dal Consiglio degli anziani, che ha cercato di rendere più spettacolare la battaglia”.
A volte le cose si spiegano meglio con i numeri. Quante persone “muove” il Gioco del Ponte?
Il corteo prevede quasi 800 figuranti, di cui una quarantina a cavallo, compresi i combattenti. Tenga conto che abbiamo 20-25 combattenti per ciascuna delle dodici squadre. A sfilare sono tutte le componenti del Gioco: le parti (Tramontana e Mezzogiorno) suddivise per le diverse magistrature, i corpi armati, gli specialisti, gli sbandieratori”.
Negli anni ci sono stati alcuni cambiamenti sulle regole del Gioco. Si cerca sempre di migliorare, a volte ci si riesce, altre volte no. Prima accennava alla modifica del regolamento tecnico del combattimento. Ci svela qualche dettaglio?
“Il nostro obiettivo era rendere il Gioco più snello e più movimentato, con il carrello che si muove di più, da una parte o l’altra del ponte. In passato a prevalere era la resistenza e negli anni si erano radicati degli espedienti che permettevano, alle squadre, di resistere più a lungo”.
Qualche amico non pisano ci ha fatto notare che, a suo avviso, il Gioco sia poco televisivo, con tempi troppo lunghi. Ovviamente si tratta di impressioni fatte, spesso, da persone che non conoscono nulla della storia e della tradizione. Lei che ne pensa?
“Prima di tutto vorrei sottolineare che il Gioco del ponte si compone di due parti, non solo della battaglia ma anche del corteo. Quest’ultimo necessitava di essere più curato e valorizzato, perché la rievocazione storica si sostanzia, prima di tutto, proprio sul corteo, il fiore all’occhiello della città, uno dei più numerosi al mondo. Restituire al Gioco una credibilità anche filologica è bellissimo. Per quanto riguarda la battaglia, piano piano potrà diventare più spettacolare, su questo non ci sono dubbi e stiamo lavorando in tal senso. Di certo un combattimento che dura venti minuti, o anche di più, con il carrello immobile, è meno spettacolare di uno che vede diversi capovolgimenti di fronte”.
Sul Ponte ormai da qualche anno vediamo i combattenti calzare delle scarpe con delle zeppe enormi. Il motivo, ovviamente, è comprensibile, fare più resistenza sulle tavole del ponte. Non trova, però, che sia un dettaglio più da palestra che da rievocazione storica?
“Nel nuovo regolamento tecnico, approvato di recente, l’altezza massima consentita delle zeppe è stata ridotta a dieci centimetri. Il comandante generale ha avuto il grande merito di coinvolgere tutta la parte militare del Gioco, anche in ogni minimo dettaglio, nulla è stato imposto dall’alto. Questo senza dubbio conferisce al regolamento un’autorevolezza superiore”.
Ricorda qual è stata la sua prima volta al Gioco del Ponte?
“Abitavo a Porta a Lucca, nei primi anni Ottanta, ricordo che c’era una visibilità importante del Gioco, in ogni angolo della città, con tantissime bandiere che sventolavano sui terrazzi. Non ho mai partecipato attivamente al Gioco, né come figurante né come combattente, anche se mi era stato proposto. Il mio ricordo è quello di una città che si vestiva a festa, con una forte partecipazione della comunità cittadina attraverso colori e simboli. Se si leggono le testimonianze settecentesche il Gioco era una festa di popolo, con le famiglie più ricche che custodivano i costumi. La città viveva tutto l’anno lo spirito del Gioco, addirittura c’erano due edizioni. Questa grande partecipazione popolare l’ho vista quando ero piccolo ma, piano piano, anno dopo anno, è scemata. Con il rischio forte, per il Gioco, di divenire un evento autoreferenziale”.
Cioè un Gioco che vede la cittadinanza un po’ lontana?
“Sì, che coinvolge solo gli addetti ai lavori”.
Come fare, secondo lei, ad avvicinare di più i pisani a questa antica tradizione?
“Credo sia indispensabile restituire la dignità e la coerenza rievocativa che devono avere eventi come il Gioco. Niente scarpe Adidas o Nike, per capirsi, né bottigliette di plastica in mano. In più è di fondamentale importanza dare modo alle magistrature di poter svolgere funzioni sul territorio. Noi ci stiamo muovendo proprio in tal senso, ma ovviamente è un lavoro lungo. Abbiamo dato quattro spazi per le sedi delle seguenti magistrature: Mattaccini, Santa Maria, Leoni e San Martino. Oltre a fare allenare i combattenti le magistrature è giusto che organizzino serate, cene e momenti conviviali, per farsi conoscere dai cittadini ed entrare in contatto diretto con loro. C’è un lungo lavoro da fare anche nelle scuole, facendo di tutto per riavvicinare al Gioco i bambini. Purtroppo, causa Covid, abbiamo perso due anni”.
A Siena il Palio viene vissuto tutto l’anno. Lo stesso non può dirsi del Gioco del Ponte a Pisa. Come potrebbero i quartieri (quelle che a Siena sono le contrade) essere più sentite e fare da traino alla sana rivalità per animare il Gioco? Le faccio questa domanda perché, a volte, l’impressione è che la rivalità sia sentita solo dai combattenti, dai loro familiari e amici, ma per nulla, o quasi, dai cittadini.
“Il paragone col Palio è improponibile. Prima di tutto perché, a Siena, le contrade sono tutte l’una contro l’altra. Poi la storia è molto diversa, la tradizione dei pali medievali è antichissima. Quello di Siena, tra l’altro, non ha mai avuto i problemi che nel corso del tempo ha avuto il Gioco, è sempre stato sostenuto, diciamo così. Una cosa su cui sicuramente a Pisa si deve lavorare tanto è l’aggregazione. Le nostre magistrature, come le contrade senesi, devono avere sedi proprie e svolgere attività “civili”, cioè non strettamente legate al combattimento. Questo è fondamentale. Molto spesso, tra l’altro, a Pisa capita che chi vive in un posto non sappia neanche di quale magistratura fa parte. Questo scollamento tra cittadinanza e Gioco fa colmata”.
Tempo fa abbiamo scritto un articolo sul gioco del Mazzascudo (leggi qui) antenato del Gioco. C’è qualche possibilità di poterlo, un giorno, rivedere, ovviamente solo a livello dimostrativo (non nel combattimento vero e proprio)?
“Nel 2019, in occasione del Capodanno pisano, abbiamo sostenuto lo sforzo di Massimo Catastini e della sua associazione, impegnata per la rievocazione del Mazzascudo. C’è la nostra completa disponibilità ad aiutare Pisa e le sue tradizioni, anche quella antichissima di questo combattimento che si svolgeva nella Piazza delle Sette vie, l’antica Piazza dei Cavalieri”.
Progetti futuri per quanto riguarda le rievocazioni manifestazioni storiche?
“Siamo all’ultimo anno della nostra amministrazione, non c’è tanto tempo per programmare. Pensiamo che nel futuro ci sarà da muoversi sempre di più nella direzione cui accennavo prima, puntando sulle emozioni e ridando piena dignità alle antiche tradizioni, penso ad esempio al palio remiero di San Ranieri. Poi bisognerà tornare nelle scuole e fare attività di promozione forte, a livello culturale, rispetto agli eventi. Sempre a livello culturale mi faccia ricordare che abbiamo rilevato il nucleo centrale dell’Archivio Zampieri, oltre 500 documenti, circa 6mila pagine originali, risalenti fino al 1600, che raccontano la storia e l’evoluzione del Gioco del Ponte. Un passo avanti importante per la valorizzazione della tradizione e dell’identità culturale della nostra città”.