Il 3 novembre scorso ricorreva il 45° anniversario della fondazione della sede provinciale pisana dell’Aido avvenuta a Volterra. Ma tale ricorrenza è passata ignorata da tutti. Preciso che Aido è l’acronimo di Associazione Italiana per la donazione di organi tessuti e cellule e il suo scopo è quello di convincere i cittadini a redigere un testamento nel quale dichiarano che, post-mortem, non si oppongono al loro prelievo.
Alla data della fondazione solo 112 erano gli iscritti nella provincia pisana mentre oggi sfiorano i diecimila e questo è stato possibile grazie all’impegno dei volontari che si sono prodigati nella diffusione dei principi associativi. E i risultati sono stati positivi anche se la mancanza di organi non è diminuita. Aumentano i donatori e allo stesso tempo aumenta la possibilità di salvare persone grazie alle continue scoperte scientifiche. Ma non c’è parità e questo disallineamento comporta che alcune migliaia di persone in lista di attesa di un trapianto non sopravvivano. Solo per i non vedenti, il cui deficit è causato da infermità corneali, c’è la possibilità di accedere agli ospedali abilitati e fare il trapianto: non esistono liste di attesa.
Ritornando alle discussioni che si facevano 45 anni fa segnalo che i dubbi di allora persistono ancora fra i cittadini italiani. Noi volevamo creare l’associazione ma nessuno aveva conoscenze mediche e il problema che fu sollevato da un socio creò grande apprensione. Disse: “Se una persona è violenta e gli viene prelevato il fegato colui che lo riceve diviene violento anche lui? Cosa afferma la scienza? Non a caso di una persona irascibile si dice che è un ‘fegatoso’?”
Nella sala scoppio il caos. Tutti facevano domande. Fra le tante ne riporto due:
1) “Se prendiamo un organo da una signora dal comportamento molto libero anche la ricevente potrebbe avere quegli stimoli da farla divenire ‘meno onesta’?”
2) “Se una persona è omosessuale e mi trapiantano qualcosa di lui muto abitudini sessuali?”.
Mentre non pochi borbottavano: “Se è così allora è meglio chiudere tutto. Persone serie che potrebbero cambiare le proprie abitudini”.
Il silenzio ritornò solo quando la signora Armanda Giannelli con un filo di voce affermò: “Pensatela come volete ma è meglio tutto quello che sospettate rispetto a morire”.
Dopo alcuni minuti prese la parola Giampiero Magni (presidente sezione di Volterra) e disse che si sarebbe informato invitando tutti a chiedere delucidazioni ai nostri medici di famiglia. Io ci parlai ma non ottenni risposte convincenti. E quanto affermato dal mio medico era simile a ciò che gli altri avevano udito. Ma Magni ci rassicurò: “I nostri dubbi sono fugati dalla scienza medica”, disse mostrandoci due articoli prelevati dalla biblioteca dell’ospedale di Volterra.
Ci rilassammo perché volevamo essere rassicurati perché desideravamo creare la sezione provinciale pisana dell’Aido per illustrare la nostra visione al maggior numero di persone possibili in quanto pensavamo che di lì a poco i nostri valori avrebbero coinvolto la maggior parte degli italiani e il nostro slogan coniato in quel frangente fu: “Donare non costa nulla. Salva una vita. Aderisci all’Aido”.
Erano quelli gli anni in cui si credeva che la scienza e il progresso avrebbero mutato in meglio il mondo e in noi c’era la convinzione di essere dei portatori di una nuova idea positiva. Ritornando sempre a quella sera, tutti rilassati, si iniziò a parlare e a decidere chi potesse divenire socio Aido e all’unanimità fu stabilito che: “Considerando che nulla della personalità del donatore passa al ricevente tutti coloro che avessero voluto aderire ai nostri valori sarebbero stati accettati. Nessuna esclusione di nessun tipo e nessuna espulsione doveva e poteva essere effettuata”.
Questo principio fu ribadito quando si fondò la sezione Provinciale di Pisa fra gli applausi di tutti i partecipanti. Era nata un’associazione che oltre essere interclassista abbracciava ogni fede, ogni razza, ogni opinione, non escludeva nemmeno coloro che nella vita avevano commesso degli errori. In altre parole, l’Aido sarebbe stata una porta aperta per tutti coloro che accettavano i nostri valori e dalla quale si usciva solo se una persona avesse chiesto di uscirne.
Giuseppe Di Colo
Segretario regionale AIDO
fondatore della Sede provinciale Pisana