– Giuseppe Capuano –
Se dico Mondadori tutti rispondono: Milano. Esatto, ma non basta. Vale di certo al 100% per il fondatore, Arnoldo. Ma non vale con la stessa percentuale per Alberto, il primogenito di Arnoldo. Per Alberto bisogna aggiungere anche Pisa e dintorni. Qui vive uno dei nipoti di Alberto, Sebastiano Mondadori, che incontro in gipsoteca alla presentazione del suo ultimo libro “Verità di famiglia”, edito da “La nave di Teseo”. Un libro che descrive in maniera romanzesca e fortemente documentata la vita di suo nonno Alberto, grande figura tragica di imprenditore nell’editoria, creativo, idealista, sognatore, visionario. Nel libro gli aneddoti si mischiano alle foto, ai ricordi, alle lettere, in un vorticoso ma fedele raccontare.
Tanti personaggi famosi rimbalzano fra le pagine, altri fanno semplicemente capolino, formando una rete di personalità da capogiro: Orson Wells, D’Annunzio, Ungaretti, Monicelli, Kerouac, Sartre, Simone de Beauvoir, l’immancabile Hemingway e tanti altri ancora. L’intero ‘900 ti corre incontro e il lettore se ne sente immerso. Come in molte altre figure tragiche ha grande significato la differenza, di prospettiva e di visione del mondo, con il padre. Rapporto tormentato di due personalità così diverse, l’uno più concreto, almeno dal punto di vista del business, diremo oggi, l’altro più visionario e innovatore, il primo legato a filo doppio con il fascismo, il secondo democratico e progressista. Alberto poi non si accontentava del suo lavoro in Mondadori e nella casa editrice che aveva partorito, il Saggiatore, ma coltivava molti altri interessi e passioni: cinema, poesia, giornalismo. In un tourbillon di attività e iniziative che erano la costante della sua vita di ricerca.
Nel 1935, insieme all’inseparabile cugino Mario Monicelli, gira “I ragazzi di via Pal”, vincendo alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione delle pellicole a passo ridotto. In palio ai vincitori è offerta la possibilità di partecipare come assistenti alla regia nel nuovo film del bizzoso Machaty, “ballerine”, nei nuovi studi Pisorno di Tirrenia. Per loro non è previsto nessun compenso però hanno a disposizione un alloggio a due passi dal mare. “Si sentono felici, stanno facendo il cinema”, scrive Sebastiano con evidente affetto e ammirazione. Successivamente… “si può permettere una camera ammobiliata a Pisa, dove l’ha seguito Mario. Così la sera se ne vanno a passeggiare sul Lungarno”, continua Sebastiano.
Da poeta, con la raccolta “Quasi una vicenda”, nella collana “Lo specchio”, vince nel 1957 il Premio Viareggio. Sono poesie dedicate alla mamma e al babbo. Il fatto suscita un gran clamore, il premio è vinto ex aequo anche da Pasolini e Penna, due poeti sicuramente più “attrezzati” che, sembra, non la prenderanno molto bene.
E c’è ancora tanta toscana nel libro di Sebastiano che inizia proprio con il racconto della costruzione, negli anni ‘50, sulla collina vicino a Camaiore, di Villa Medusa, la residenza fortemente voluta dal nonno. Il modello erano le ville californiane degli anni ‘30, concepite in contiguità tra casa e giardino, tra interno e esterno, dove natura e architettura si mischiano e si armonizzano. Quello spazio, quel luogo, quel working in progress che dura anni darà negli anni a venire ospitalità a molti dei protagonisti della cultura del tempo. Sebastiano scrive: “La casa di Camaiore è prima di tutto un ritrovo festoso di amici”. Ma questa parentesi versiliese finisce nel ‘71, la splendida casa rimarrà quasi sempre vuota, fino alla vendita nei primi anni del secolo. C’è tempo solo di ricordare che là, nel gennaio del ‘76, avvenne l’ultimo fugace incontro di Sebastiano con il nonno, un mese prima della morte di lui. Sebastiano da cinque anni abita a Pisa, dice che gli piace molto. Specialmente passeggiare sui lungarni, come il suo amato nonno.
Giuseppe Capuano