– Giuseppe Capuano –
È tempo di Carnevale e qui a Viareggio, archiviato il bellissimo corso notturno di giovedì grasso, si pensa già alle prossime sfilate e ai successivi corsi notturni (inizio ore 17) di martedì grasso e del gran finale di sabato 25 con la premiazione finale dei carri vincitori. Tra l’altro questa è un’edizione speciale, quella del 150° anniversario. A distanza di un secolo e mezzo il Carnevale è la viva testimonianza di un’arte in cui sberleffo, satira, allegoria e voglia di evasione trovano forma nella creatività dei maestri della cartapesta.
Per capire meglio il “mondo” che sta dietro a questa grande e bella manifestazione ci siamo recati alla Cittadella del Carnevale, abbiamo sbirciato all’interno dei pochi capannoni aperti per ritocchi e/o piccoli interventi e abbiamo conversato con il “maestro” costruttore Luca Bertozzi.
Ciao Luca, ti andrebbe di presentarti ai nostri lettori?
“Sono un costruttore di carri di prima categoria. Ho fatto tutta la gavetta, da comune appassionato a costruttore. Ho iniziato nel 2005, prima con 7 mascheroni isolati, poi con 5 maschere di gruppo, son diventato costruttore di seconda categoria, con tre carri, e questo è il mio terzo carro di prima categoria”.
Come avviene il passaggio di categoria?
“Tutti possono diventare costruttori. Si partecipa a un bando di concorso triennale, inizialmente a quello delle maschere isolate, e poi, al termine del triennio c’è una classifica finale che comporta avanzamenti e retrocessioni. Un po’ come negli sport di squadra, ma su base triennale”.
Come hai iniziato?
“Io non sono figlio d’arte. Ho fatto l’Istituto d’arte a Pietrasanta, l’Accademia di belle Arti a Carrara ma poi mi sono accorto che per imparare davvero dovevo iniziare da qui, dal lavoro sul campo. Anzi, dal lavoro nel capannone e pertanto ho iniziato a seguire i maestri carristi. Ora sono uno di loro”.
Quali abilità e competenze ci vogliono?
“Devi saper fare tante cose. Devi essere falegname, pittore, carpentiere del ferro, decoratore, scultore. E poi devi saper formare una squadra di professionisti che sappiano collaborare. A quest’ultima fatica ci abbiamo lavorato in sei, a partire da settembre. L’idea/progetto va presentata alla Commissione all’inizio dell’estate ma cominciamo a pensare al che fare già dal giorno dopo la fine della manifestazione”.
A proposito, che fine fanno i carri?
“Fino ad agosto devono restare a disposizione per poter essere usati, per esempio, in mostra in qualche evento, poi da settembre devono essere smantellati, recuperando molti materiali, o venduti, anche a pezzi, per qualche carnevale minore”.
Dunque questo è un vero e proprio mestiere…
“Sì, siamo artigiani. Nei mesi di costruzione dei carri lavoriamo costantemente a questi ma nell’arco dell’anno possiamo produrre altro, per esempio io lavoro alla produzione di scenografie. Al progetto approvato dalla Commissione viene elargito un budget, non a preventivo ma tout court, e con quello devi saper fare tutto, cioè comprare i materiali, pagare i lavoranti, l’affitto del capannone, fino a mantenere un guadagno per il sostentamento”.
Ai vincitori dei Corsi è assegnato un premio in denaro?
“Sì, al vincitore del primo premio ad esempio è assegnata una cifra che, mediamente può coprire il 10% del costo del carro”.
Hai mai vinto qualche premio?
“Sì, in tutte le categorie ho vinto dei premi. L’anno scorso siamo arrivati quarti ma il nostro è diventato il carro più famoso, a livello di media e social, con Achille Lauro come protagonista. Lo stesso artista ha ringraziato e si è compiaciuto, l’obiettivo era quello di far dialogare il mondo del Carnevale con quello esterno, il mondo dei giovani, della musica, della moda, delle relazioni social”.
Per questa edizione a cosa hai pensato?
“Sono andato alla ricerca delle origini del Carnevale. Come dicevano già i canti carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico: bisogna godere del risveglio della bellezza, dell’amore, dei sensi e dei piaceri della vita, consapevoli della loro fugacità. Come racconta in “Carneval Divino”, la ricorrenza infatti trae le proprie origini dai Saturnali della Roma antica o dalle feste dionisiache del periodo classico greco. Durante queste festività era lecito lasciarsi andare, liberarsi da obblighi e impegni, per dedicarsi allo scherzo e al gioco. Questo carro perciò è dedicato a Bacco, ma non a quello classico della mitologia. Ho pensato alla nostra territorialità, alle scene tipiche della vendemmia, Bacco diventa un personaggio carnevalesco vestito in modo barocco, che emerge dall’interno di un grande tino e brinda alla gioia e al divertimento. I figuranti invece sono più vicini alla tradizione mitologica, ci sono satiri, baccanti, ninfe”.
Da dove vengono i figuranti?
“Non sono legati ai rioni, provengono anche da un’ampia fetta di territorio limitrofo, anche da Pisa, San Miniato, Lucca. C’è una lista, si iscrivono ai vari gruppi, durante l’inverno facciamo un po’ di prove “coreografiche” e piano piano i gruppi assomigliano sempre di più a delle tifoserie”.
Che musica hai scelto per la sfilata?
“Canzoni popolari, mazurche, polche, stornelli, e al termine della sfilata la famosa aria della Traviata che invita alla libagione”.
Allora, arrivederci alle sfilate. E per far riposare la tristezza ricordo che fino alla notte di martedì grasso si balla, si ride, si brinda, si mangia alla festa in Darsena, un’altra tradizione di “chi vuol essere lieto sia”.
Giuseppe Capuano