“Libia, Brasile e Milano. Ma Pisa è sempre la mia città”

- Pisani al nord, Toscani nel mondo
28 Aprile 2018

Quando parla di Pisa gli si illuminano gli occhi. Umberto D’Angelo, 48 anni, lavora in un’azienda informatica e ha fatto diverse esperienze all’estero. Vive nel Milanese con la sua famiglia: la moglie Tiziana (“l’ho conosciuta in terra nemica, Genova, durante il servizio  civile”), e le loro due figlie, Vittoria di 15 anni e Giulia di 13.  Laureato in Giurisprudenza, Umberto a Pisa viveva in un condominio nuovo (per l’epoca) che aveva due accessi: uno pedonale da via Mario Lalli 1 e l’altro carraio da via del Giardino 2. “Le mura di cinta – racconta – erano le antiche mura pisane. Dalla finestra di camera mia vedevo la torre pendente, in lontananza ma la vedevo. Avevo ed ho tuttora una casa a Tirrenia, dove mi trasferivo da giugno a settembre. Appena la stagione volge al bello ci torno eccome a Tirrenia, a casa e al Bagno Venere, dove vado da quando sono nato”.

Dove vivi e da quanto sei lontano da Pisa?
Ad Arese ma ho girato parecchio: Pisa, Milano, Pisa, Bologna, Milano (Arese). Sono lontano da una vita, dai tempi del liceo. Ma Pisa è la mia città, ancora e sempre.

Come ti trovi?
Milano complessivamente mi piace: più lati positivi che negativi, è l’unica città europea italiana. Quindi tutto sommato l’unico posto dove vivrei al posto di Milano, è Pisa.

Ci parli del tuo lavoro?
Faccio il direttore commerciale di una business unit della più grande società di informatica italiana, Engineering Ingegneria Informatica. Seguo e ho sempre seguito il mercato Energy & Utilities. Non ho mai cambiato azienda, anche se l’attuale collocazione è il risultato di un percorso di acquisizioni societarie: nel 2010 Engineering ha acquistato (fusione per incorporazione) la società Logos, della quale ero il direttore commerciale e mio padre il presidente. Ho iniziato a lavorare quando ancora studiavo proprio in una società controllata da Logos. Diciamo che conosco meglio il mercato delle utilities che le mie tasche.

La tua giornata tipo?
Beh lavoro, stop. Non ho orari di lavoro rigidi, dipende da me, in qualità di dirigente mi organizzo il lavoro, diciamo che lavoro mediamente dalle 10 alle 12 ore al giorno. Viaggio molto da clienti. Sono rientrato in Italia a dicembre 2016 e da allora ho percorso più di 100.000 Km per lavoro. Il mio ufficio è ad Assago Milanofiori, quindi mi faccio praticamente tutta la tangenziale ovest di mattina, quando vado in ufficio. Rientro a casa attorno alle 21, quando non sono in trasferta, ma spesso sono via tutta la settimana. Tempo libero non c’è, poco anche il week end, capita di lavorare anche il sabato o la domenica, ma il poco tempo libero lo passo in famiglia. Purtroppo non resta tempo per sport o altri interessi, ne avrei molti ma non riesco a coltivarli.

Prima hai fatto altre esperienze altrove? 
Per la mia azienda ho lavorato all’estero in Libia, anni addietro (prima della rivoluzione), e ultimamente in Brasile per tre anni. In Libia non si è trattato di un vero trasferimento, per conto di Logos ho seguito il contratto di un progetto internazionale di informatizzazione dell’acquedotto di stato libico , il Great Man Made River. Penso di aver passato più o meno un anno in Libia, tra Bengasi e Tripoli, ma per periodi di massimo due mesi consecutivi.

Che ricordo hai della Libia?
Mi hanno anche arrestato! Per colpa della vignetta sull’islam mostrata in tv dal ministro Calderoli. Ero a Bengasi quando diedero fuoco al consolato italiano. In Libia vigeva un sistema totalitario, questo è evidente, pure brutale a tratti, ma teneva sotto controllo l’estremismo religioso e le faide tra le tribù. Il Paese l’ho girato abbastanza bene, ma dovevi essere sempre accompagnato e gli italiani non hanno lasciato un buon ricordo. Comunque è stata un’esperienza unica, che rifarei.

In Brasile com’è andata?
Mi ci sono trasferito, su richiesta di Engineering, che mi ha affidato la direzione dell’intero mercato utilities LATAM. Quindi avevo un area che andava dall’Argentina alla Colombia, anche se il 90% del business era in Brasile. Ho vissuto a San Paolo per tre anni. Mi sono trovato bene, San Paolo è una città dove un europeo può vivere bene, ma la vita è molto cara. Avevo un appartamento messomi a disposizione dall’azienda al 40° piano di un palazzo abbastanza famoso (Mandarim), la vista era meravigliosa ma dopo un po’ il vetro cemento stanca. Ho completato il mio mandato: ho brasilianizzato la divisione LATAM Energy & Uitlities, sostituendo il personale distaccato dall’Italia con nuove assunzioni di colleghi brasiliani che hanno creato una struttura locale con grandissime professionalità da me reperite sul mercato con un po’ di fortuna, un po’ di intuito, un po’ di incoscienza. Diciamo che quando arrivai a San Paolo l’azienda pagava stipendi in euro e incassava in Reais, il che non è salutare. Oggi c’è una fabbrica software locale, una delivery locale e una rete di commerciali…. tutte strutture da me create e interamente composte da colleghi brasiliani. Fatto questo, il compito assegnatomi era stato completamente eseguito.

Hai mai pensato di restare in Brasile?
Me l’hanno proposto, passando il mio contratto di lavoro ad Engineering do Brasil. Ci ho pensato ma la voglia di tornare era tanta, la famiglia è sempre rimasta in Italia, rientravo per periodi di una settimana ogni due mesi. È stata una bella esperienza, ho conosciuto un mondo incredibilmente diverso dal nostro, ho viaggiato e ho visto mille brasili diversi, ho lasciato diversi amici lì. Ora sto bene in Italia e mi diletto guardandomi su Netflix tutti i film che passano in lingua portoghese, che mi piace praticare nel limite del possibile.

C’è una cosa di Pisa che porteresti a Milano?
I pini marittimi, la cecina, la spuma bionda, la luminara sui Navigli, ovviamente per San Ranieri.

Se chiudi gli occhi e pensi a Pisa, cosa ti viene in mente?
Via San Francesco con i suoi mille negozi e odori, il campo sportivo Santa Marta dove giocavo da mediano nella Freccia Azzurra, e poi Tirrenia con i suoi pini marittimi contro il cielo azzurro.

Mi diresti un pregio dei pisani?
Noi pisani abbiamo un alto senso di noi stessi.

E un difetto?
Noi pisani abbiamo un troppo alto senso di noi stessi. C’è un modo fuori che la maggior parte dei nostri concittadini stanziali nemmeno immagina, ma ci sentiamo comunque i migliori.

Come te la cavi in cucina? Il tuo piatto preferito?
So cucinare un po’ di tutto , molto meglio il pesce e la carne rispetto ai primi piatti. Adoro fare grigliate sia di carne che di pesce. Ma in Brasile da solo mi sono specializzato in risotti, peperonate ecc. Il mio piatto preferito… ci devo pensare: il cinghiale con le olive, il mucco pisano, una cena da Poldino, qualsiasi cosa va bene. Anche il cacciucco e il ponce mi garbano, si può dire? (ride).

Ricordi la tua prima volta all’Arena?
Me la ricordo sì, ero un bimbetto, con mio padre si andò a vedere Pisa–Arezzo. La mia famiglia è di origini aretine, mio padre è di Arezzo, e ovviamente stava per l’Arezzo, mentre io per il Pisa. Mi ricordo che in tribuna ci toccò andar via perché un imbecille prese di punta mio padre, che di certo non si sbracciava, figuriamoci, solo parlava con me che avrò avuto sei anni. Ecco di cretini cosi a Pisa ce n’è sempre parecchi allo stadio. La mia prima volta fu questa. Ho ritrovato il piacere di andare allo stadio con i Pisani al Nord.

E il giocatore del Pisa che porti nel cuore?
Non ho dubbi Klaus Berggreen.

Facciamo un gioco: ti svegli e sei stato eletto sindaco di Pisa. Mi dici la prima cosa che faresti?
Qualsiasi cosa, ma farei. A Pisa si parla troppo e non si fa nulla, la città è quella che ho lasciato una, anzi due vite fa. Fare, fare, anche sbagliando, ma fare. Sveglia! Se proprio devo dire una cosa, eccola: riqualificherei il litorale che è abbandonato a se stesso, e una volta riqualificato indirei una consultazione per creare il Comune del litorale… solo così il mare pisano ha una speranza, staccato da Pisa.

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Giornalista.

1 Commento
    Antonio C. - Pisa

    Grandissimo Umbe,
    tanti cari ricordi mi legano a questo personaggio in giro per Pisa, Tirrenia e nelle trasferte elbane in moto.
    Felice che sia recuperato l’attaccamento ai colori nerazzurri.
    un forte abbraccio,
    Pio

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