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“Vi spiego perché Marco Tangheroni era un professore fuori dal comune”

- Cultura, Primo piano
2 Marzo 2024

Andrea Bartelloni

Professoressa associata di Storia medievale presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, dove insegna Storia medievale e Didattica della Storia, Cecilia Iannella inizia la sua conoscenza più approfondita con il professor Marco Tangheroni (di cui aveva seguito le lezioni e che sarebbe stato il suo secondo relatore in commissione di laurea) nel periodo della stesura della tesi quando, in preda ai dubbi e alle perplessità che spesso tormentano i laureandi, si recò al ricevimento del professore.

“Un colloquio per me illuminante, per i suggerimenti scientifici e metodologici; per la capacità di rendere comprensibili questioni complesse; e, soprattutto, per l’estrema generosità d’animo. Tra i suoi molti impegni di ricerca, didattici, istituzionali, e gli inderogabili logoranti appuntamenti ospedalieri, il professore mi dedicò più di un’ora di tempo, sollecito e paziente nell’ascoltare le mie piccole difficoltà. Sono uscita dal suo studio consapevole di aver incontrato una persona rara. E, negli anni a seguire, quando ho avuto il privilegio di condividere con il professore quello stesso studio, i gesti di generosità caratterizzarono le giornate dipartimentali: accoglieva e rispondeva a tutti con lo stesso stile e la stessa misura, fosse una matricola o il Rettore”.

Cecilia Iannella

Altro aspetto per il quale Marco Tangheroni era ben noto era l’assenza di pregiudizi.
“Accadeva spesso che studenti, ricercatori più giovani e colleghi non appartenenti all’Università di Pisa, che magari conoscevano il professore da poco tempo, si stupissero molto nell’apprendere la sua ‘visione del mondo”’e il suo essere cattolico. E spessissimo, meravigliandosi, sussurravano: ‘Però, chi l’avrebbe detto che una persona di idee così conservatrici sia in realtà tanto ‘aperta’ e senza pregiudizi’. I pregiudizi, evidentemente, erano i loro. Scherzavamo molto su questa cosa e, benevolmente, vi sorrideva”.

Quale era l’agire quotidiano di Tangheroni in qualità di docente universitario e collega?
“Il rispetto per le istituzioni e la consapevolezza di rappresentare l’Ateneo e lo Stato, la profonda convinzione di svolgere una funzione fondamentale (la formazione dei giovani) e la responsabilità che ciò comporta, la considerazione dell’esperienza e delle competenze altrui, lo spirito di collaborazione e condivisione di un progetto comune. Ideali semplici e cristallini, quotidianamente praticati, ma sempre vissuti con ironia e con un certo divertito distacco. Per questo non di rado, soprattutto difronte a quei colleghi che vivevano l’accademia con eccessiva seriosità e affettazione, un po’ provocatoriamente sorridendo affermava: ‘Fare il professore universitario, e lo storico in particolare, è un mestiere, un mestiere come un altro’. In buona sostanza svolgere il proprio lavoro con serietà, ma senza prendersi troppo sul serio”.

Come è cresciuta Cecilia Iannella alla scuola del prof. Tangheroni?
“Il mio coinvolgimento in prima persona nell’insegnamento universitario è stato, per così dire, inaspettato. Erano gli anni in cui svolgevo il dottorato di ricerca presso l’Università di Torino e una sera, piuttosto sul tardi, il prof. Tangheroni mi telefonò dall’ospedale, dove era stato ricoverato d’urgenza, dicendomi che l’indomani mattina lo avrei dovuto sostituire a lezione. Non solo per quel giorno ma, probabilmente, per il corso intero. La notizia mi paralizzò: eravamo all’inizio del semestre con un corso che contava un centinaio di studenti, io stavo facendo il dottorato, avevo tenuto qualche seminario, facevamo gli esami insieme, ma un corso era decisamente un’altra cosa. È stata un’esperienza estremamente formativa, e fortunatamente il professore rientrò prima del previsto”.

Abbiamo letto sui giornali che è stata premiata come “Docente dell’anno 2023” dall’Ateneo di Pisa per il corso di “Didattica e metodologia della Storia”. A questo proposito, che dire del Tangheroni docente?
“La storiografia riflette ancora, e giustamente, sugli studi dedicati da Tangheroni alla Toscana, alla Sardegna, alla Catalogna e su alcune sue importanti intuizioni nell’interpretazione dei processi storici di tali regioni. Tuttavia, un ambito in cui il professore eccelleva era proprio la didattica (allora non stimata, al contrario di quanto accade oggi, attraverso i Questionari di Valutazione degli studenti). Non solo per la disinvoltura e la competenza con cui affrontava temi e contenuti disparatissimi (come ha ben evidenziato Stefano Chiappalone in questa sede, L’Arno, 20 febbraio 2024), quanto per il modo di praticarla, che aveva due presupposti irrinunciabili: il rispetto per la disciplina (ricostruire il più oggettivamente possibile e senza condizionamenti che cosa, tra le mille possibilità, è accaduto e in che modo e perché) e gli insegnamenti più autentici che possono derivare dal fare e studiare la Storia. Spesso inizio i miei corsi con alcune considerazioni generali (‘la Storia educa alla complessità, alla responsabilità, all’alterità’) che sono citazioni dirette del pensiero del professore. Su quest’ultimo aspetto Tangheroni ha scritto pagine significative nel volume, postumo, Della storia. In margine ad aforismi di Nicolás Gómez Dávila (Milano, 2008). E per il premio che mi è stato assegnato, posso dire che molto devo alla didattica che ho visto praticare dal prof. Tangheroni”.

Si sente molto parlare molto di Università e Terza missione. Può spiegare in che cosa consiste?
“In poche parole, consiste nella divulgazione dei saperi e delle competenze universitarie fuori dall’Università e l’interazione degli Atenei con il territorio. Per esempio, le conferenze e i seminari presso associazioni, la partecipazione a progetti con le istituzioni (amministrazioni locali, scuole, sovrintendenze ai beni artistici, etc.), la collaborazione con aziende private e con terzi, nonché un’intervista su una rivista locale on line come quella che stiamo facendo, costituiscono Terza missione. Ma se fino a qualche tempo fa erano iniziative di tipo quasi esclusivamente personale, oggi sono attività istituzionalizzate e monitorate dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario. E anche in questo ambito Tangheroni sarebbe stato certamente un campione perché la stessa generosità con cui accoglieva tutti nel suo studio la dimostrava quando lo invitavano a ‘parlare’ da qualche parte: fosse il circolo culturale di periferia piuttosto che un prestigioso Istituto di ricerca, il professore andava ovunque lo chiamassero, innanzitutto per onorare la fiducia dell’ospite. Per tutte queste cose e il modo in cui le affrontava, è stato per me davvero un privilegio lavorare accanto a Marco Tangheroni”.

Andrea Bartelloni

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