– Renato Sacchelli –
Un po’ di tempo fa mi colpì una foto che avevo visto su Facebook, scattata in una città siriana intasata da centinaia di persone affamate, pazientemente in attesa di ricevere del cibo. Pensai subito alla sofferenza di quella moltitudine di sventurati innocenti a causa de la fame, che anch’io patii durante la Seconda guerra mondiale, che dal settembre 1944 all’aprile del 1945 fu combattuta nella mia Versilia, divenuta l’estremo limite della Linea Gotica.
Un giorno dell’estate 1944 avvertii i sintomi di un’agonia per fame: la sentivo così forte da pensare di essere vicino alla morte. Mi trovavo nella pianura di Pietrasanta, in cerca di qualche pannocchia di granturco che potesse essere rimasta nei campi dopo il raccolto effettuato dai proprietari dei terreni. Furono alcuni grappoli d’uva che strappai da alcuni filari di viti ai margini d’ un campo, ingollati in un lampo, a farmi cessare quel terribile languore.
In piazza Carducci, a Seravezza, ogni lunedì c’era il mercato (tutt’oggi si tiene quel giorno). Appena uscivo da scuola per tornare a casa spesso mi soffermavo a guardare i mucchi di foglie e scarti di cavolo staccati dai fruttivendoli dopo la vendita. Pensavo alla fame che mi avrebbero potuto togliere i pezzetti della parte più tenera dei torsoli. Ma questi pensieri svanivano nel momento in cui vedevo che il netturbino del Comune, soprannominato Cancellino, per pulire la piazza caricava sul carretto quanto aveva spazzato.
Un giorno lungo una mulattiera che stavo percorrendo, notai un fagiolo bianco per terra, tra i sassi. Lo raccolsi e me lo misi in tasca. Arrivato a casa lo riposi in una tazzina, e quando mia mamma preparò il minestrone, da consumare a cena, lo misi nella pentola per farlo cuocere insieme alle altre verdure. Ogni tanto toglievo il coperchio per sentire se il fagiolo fosse cotto e quando mi accorsi che si poteva mangiare, senza dire nulla alla mamma lo tolsi con un cucchiaio dal liquido bollente e lo mangiai. Ovviamente non mi fece alcun effetto quel singolo fagiolo: per togliermi la fame, che sempre avevo, avrei dovuto mangiarne un piatto colmo.
Renato Sacchelli