In manette la trentunenne di Prato che ha avuto una relazione (e un figlio) con un ragazzino di 14 anni. Alla donna, un’operatrice socio sanitaria, è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, con l’accusa di “atti sessuali con minore”. Il test del Dna ha già dimostrato che il secondo figlio che lei ha avuto, nato l’estate scorsa, è del ragazzino. Tra i due era iniziata una frequentazione, divenuta poi intima, dal momento in cui lei gli impartiva ripetizioni di inglese. Indagato anche il marito della donna, con l’accusa di “alterazione di stato”, legata allo stato civile del neonato registrato all’anagrafe.
La denuncia nei confronti della donna è stata presentata dei genitori del minorenne lo scorso 8 marzo. La querela era presentata dalla madre del ragazzino, che adesso ha 15 anni, preoccupata per lo stato di disagio psicologico in cui versava il figlio da qualche tempo e per il contenuto di alcune conversazioni via chat trovate nel telefonino del giovane. Dopo tante titubanze il ragazzo aveva confessato alla madre dei rapporti sessuali con la donna che gli dava ripetizioni di inglese e della nascita di un bimbo. Secondo i magistrati della procura di Prato l’arresto della donna si è reso necessario per evitare l’inquinamento delle prove e perché, vista la gravità del fatto di cui è accusata, la donna potrebbe reiterare il reato di atti sessuali con minori. L’avvocato Mattia Alfano, uno dei legali della donna, ha fatto sapere che presenterà richiesta di scarcerazione al tribunale della libertà. L’abitazione della coppia, che ha un altro figlio più grande, oggi è stata nuovamente perquisita con sequestro di nuovo materiale utile alle indagini.
Una storia, quella di Prato, con tante sfaccettature da tenere in considerazione e interessi dei minori da tutelare. Oltre al piccolo nato dalla storia “proibita”, infatti, c’è anche un altro minore da proteggere, il ragazzino che è diventato padre molto prima del dovuto, con inevitabili conseguenze psicologiche. Capita che i minori abbiano un figlio, in questo caso è peggio perché c’è di mezzo un adulto che, nel caso specifico, godeva della piena fiducia dei genitori del ragazzino.
Colpiscono anche le parole del marito della donna: “Ora che succede, perderò questo figlio?”. Lui probabilmente sapeva e ha mentito, “appropriandosi” di un figlio che non era suo. Per questo è indagato. Ma un caso come questo non si può risolvere solo in punta di diritto. Non ci sono solo le leggi da applicare. C’è molto di più. Anche lui, se vogliamo, è una vittima. Non possiamo dargli la croce addosso per aver accolto un figlio che non era suo.