Chiamato a realizzare un giornalino monografico per il Circolo Scherma Navacchio, mi capitò di intervistarlo. Per rompere il ghiaccio gli chiesi a bruciapelo: “La scherma è uno sport un po’ violento?”. Mi rispose con una metafora che ricordo ancora oggi, a più di venti anni di distanza: “Tirare di scherma è come mangiare un piatto di spaghetti. Cosa c’è di violento nell’afferrare la forchetta con la mano per addentare la pasta e sfamarsi?”. Poi sorrise, soddisfatto di aver stroncato in poche parole la mia domanda da inesperto.
L’avevo conosciuto alla scuola media di Navacchio: era il mio professore di educazione fisica. Dopo qualche anno, alle superiori, frequentai la sua casa come compagno di classe di uno dei suoi due figli. Imparai a conoscere e apprezzare la grande passione di Carlo Macchi per la scherma, di cui era Maestro, che aveva trasmesso ai figli, Leonardo e Simone, e più di recente al nipote Filippo. Il Maestro Macchi si è spento il giorno di Pasqua, all’età di 71 anni, lasciando un grande vuoto nella sua famiglia, nei tanti che l’hanno conosciuto e apprezzato, e nel mondo della scherma italiana.
Ha dato tanto allo sport, educando tantissimi giovani e fondando dal nulla il Circolo Scherma Navacchio che, dopo anni di sacrifici è diventata una realtà molto conosciuta e stimata, con diversi suoi atleti che sono riusciti a farsi apprezzare sulle pedane italiane ed europee. La serietà, l’amore per la vita e i valori hanno fatto del Maestro Carlo un punto di riferimento importante, che lui mise a frutto riuscendo a convincere le istituzioni a realizzare un impianto sportivo interamente dedicato alla scherma, con i fondi del Coni e su un terreno del Comune di Cascina. La palestra ancora oggi è uno dei centri più importanti per la scherma nell’Italia centrale. Macchi ha collaborato per anni con la Federazione italiana scherma, ricoprendo vari ruoli, tra cui quello di responsabile della Nazionale Under 20.
Conoscendo la scherma ai suoi massimi livelli Macchi comprese l’importanza di accompagnare lo sviluppo di questa disciplina sportiva con un’attrezzatura tecnica adeguata. A tal proposito nel 1989 fondò la DueCi, divenuta nel 1997 Eurofencing, da anni gestita dai figli Leonardo e Simone.
L’amico Simone Macchi mi ha detto queste parole del suo babbo: “Ha lottato fino alla fine come ha sempre fatto nella vita”. Ed è così che lo ricordo io: un uomo forte, che amava battersi per le cose in cui credeva, sempre con il sorriso sul volto e la voglia di aiutare gli altri, dai bambini alle prime armi alle giovani promesse, dai campioni ai disabili. Tutti, per lui, meritavano di godere della bellezza dello sport.
Leonardo Cosentini, assessore alla Cultura e allo Sport del Comune di Cascina, lo ricorda in questo modo: “Per me più di un professore, un amico, un battagliero, un sognatore, un idealista. Una persona capace, una persona buona, una persona generosa, un confidente, un appassionato della vita, dello sport, della condivisione, del merito e del sacrificio. Ha partecipato a tutte le iniziative dell’amministrazione; ha sempre avuto idee lungimiranti, di successo. Ha regalato sorrisi, speranze, aiuto, conforto, abbracci, rendendo possibile ciò che sembrava impossibie. L’ho visto visto l’ultima lunedì: mi sono recato a casa sua e dal fondo di un letto abbiamo parlato di progetti e strategie. Carlo te lo prometto, quelle idee e quei sogni li porteremo in fondo. Cascina oggi è più povera, perde un grande personaggio , un educatore , uno sportivo un uomo buono e capace di raggiungere grandi risultati. Sarò al fianco della tua splendida famiglia perché le tue idee e i tuoi progetti continuino con i tuoi figli e tua moglie e tutti i tuoi splendidi collaboratori. Ti voglio bene amico mio, Cascina non ti dimenticherà mai”.
Giancarlo Freggia, presidente della cooperativa Paim: “Ho appena appreso della morte di un mio grande insegnante, una persona straordinaria, un uomo che ha dato tantissimo alla collettività, realizzando contro tutto e tutti, il suo più grande sogno: avvicinare i giovani allo sport! Non solo ci è riuscito ma addirittura con il suo insegnamento e le sue straordinarie capacità ha creato grandi campioni di scherma. Ricordo che i primi anni ci allenava in uno scantinato perché il Comune lo ignorava e la federazione di allora lo snobbava; ricordo che nonostante la scherma fosse uno sport da “ricchi” lui non ci ha mai fatto pagare una lira (era la sua intima missione “avvicinare anche i meno abbienti a questo nobile sport”). Ho avuto la fortuna di conoscerlo prima come professore, poi come amico e infine in qualche modo come collega, perché negli ultimi anni collaborava magistralmente con Paim utilizzando lo sport come strumento riabilitativo per i ragazzi disabili. Ti voglio bene Carlo, grazie per tutto quello che hai fatto per me e per tutti i giovani che hanno avuto la fortuna di conoscerti, fai buon viaggio e speriamo un giorno di poterci rivedere.
Un abbraccio alla tua splendida famiglia”.
Carlo Sorrente, segretario provinciale del Psi, lo ricorda come “bravo capitano atleta della giovanissima squadra di Di Ciolo, poi bravissimo Maestro; ma quello che pochi sanno è che fu anche un maestro d’armi geniale; aveva la società pochissimi soldi ma molti atleti, per lo più di famiglie popolari, eppure in pedana avevamo le armi più efficienti di tutti (e tutti intendo le società ricche) Carlo riciclava manipolava e costruiva fioretti spade e sciabole come neppure il Benvenuto Cellini sapeva fare con archibugi e cannoni; che le armi a noi ragazzi mancavano sempre ma come per incanto il giorno delle gare regionali, nazionali e internazionali non avevamo né scuse né alibi”.
“Con Carlo Macchi – afferma il presidente della Federazione italiana scherma, Giorgio Scarso – se ne va un uomo che ha fatto della passione per la scherma il carburante per la sua attività quotidiana -. Negli anni ha ricoperto tanti e diversi ruoli ed incarichi per la Federazione italiana scherma, interprentandoli sempre con impegno sincero e con la voglia di dare un contributo importante alla promozione e sviluppo della scherma italiana. A lui va il nostro commosso saluto ed alla famiglia il più sincero cordoglio”.
Caro Orlando, le parole che hai scritto in merito alla morte prematura del babbo del tuo amico Simone, con il quale frequentasti, anni fa, l’Istituto Pesenti di Cascina, hanno scosso profondamente anche il mio cuore. Desidero esprimere alla vedova e a tutti i suoi cari le mie più sentite condoglianze, anche a nome di mia moglie e delle mie figlie Marina e Stefania.
Renato Sacchelli