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Salviamo l’artigianato prima che sia troppo tardi. L’appello (e l’esempio) di Ivo Mancini

- Economia
1 Ottobre 2019

Da mesi l’imprenditore fucecchiese Ivo Mancini, 84 anni, sta portando avanti una personale battaglia: salvare l’artigianato, spina dorsale dell’economia italiana. Questa estate l’hanno invitato al Caffè della Versiliana, dove ha raccontato la sua storia e ha detto di volersi impegnare per dare vita ad una Silicon Valley dell’artigianato toscano nel Comprensorio del Cuoio, che insegni (di nuovo) a usare le mani. “Un’accademia specializzata per non disperdere il sapere – ha spiegato – Io ci metto le macchine, l’esperienza, i docenti, i locali, alle istituzioni il compito di metterci il resto”.

Mancini bada al sodo, non si limita alle parole. Proprio per questo nel dicembre 2018 ha aperto, a sue spese, una scuola di meccanica di 400 mq. Lo ha fatto nei locali delle sue aziende di Santa Croce sull’Arno (Futura Lavorazioni Meccaniche e C.M. Tannery), non badando a spese per quanto riguarda i macchinari più moderni e funzionali. L’obiettivo è insegnare un mestiere ai giovani e, al contempo, assicurare continuità alle proprie aziende (produzione e manutenzione macchinari per il settore conciario), che hanno bisogno di personale altamente specializzato. All’inizio la “scuola” di Mancini offriva posto a dieci apprendisti, ma c’è l’intenzione di aumentare gli spazi (fino a 1100 mq) a disposizione e l’accoglienza.

Questo imprenditore della provincia di Pisa (13 milioni di fatturato, 40 dipendenti), è un esempio lungimirante. Non si limita al suo lavoro, propone idee per concrete per le future generazioni. Ma non è uno di quelli che dice “armiamoci e partite”: si rimbocca le maniche in prima persona, come ha dimostrato sino ad ora. Poi, giustamente, si rivolge anche alle istituzioni. “C’è bisogno di un intervento a livello legislativo – ha detto Alla Versiliana – affinché le scuole possano portare con maggiore facilità gli studenti nelle aziende e che gli imprenditori come me possano avere strumenti maggiori, rispetto agli stage attuali, per fare sì che che il giovane in ditta sia messo in condizione di apprendere senza costi eccessivi per l’impresa. Inoltre è necessario che già dalla scuola secondaria di primo livello (le medie per intendersi) gli studenti possano entrare in azienda e iniziare a capire il mestiere in modo da sceglierlo, eventualmente, come proprio”.

Ora Mancini si rivolge al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In una lettera, indirizzata anche al presidente del Consiglio, al ministro del Lavoro e a quello dell’Istruzione, l’imprenditore di Fucecchio chiede di aiutare l’artigianato manifatturiero, e della meccanica in particolare, per evitare la desertificazione del settore.

“Gentile Presidente – si legge nella missiva – ritengo necessario che già dagli ultimi anni della scuola primaria e fino al secondo anno della secondaria di primo livello classi intere di studenti e docenti possano entrare in azienda iniziando a capire il mestiere in maniera conoscitiva… Senza nuove leve professionali adeguatamente formate tutto il comparto in generale rischia la chiusura a causa dell’assenza di tecnici specializzati. Per questo motivo – racconta – ho allestito la mia scuola di meccanica”

“Il lavoro in meccanica c’è – prosegue Mancini – e la mia realtà aziendale ne è  una dimostrazione. Abbiamo bisogno di scovare dei super tecnici a oggi introvabili che sappiano creare, con la mente e con le mani, e che siano supportati nel loro cammino da tanta voglia di fare, con l’aiuto delle famiglie, delle aziende e delle istituzioni”.

“Il mio sogno – conclude – è fare in modo che l’imprenditore del 2020 sia un ‘Verrocchio 4.0′, un maestro. Nel mio caso ho investito soldi per creare uno spazio di formazione”.

Adesso la parola spetta alle istituzioni: si diano da fare prima che sia troppo tardi.

 

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Giornalista.

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