Per ricordare solo alcuni dei momenti salienti che ha offerto al pubblico, il “viaggio” è cominciato ai primi di giugno con una rassegna di teatro scolastico (curata dai licei Gramsci e Machiavelli di Firenze) proseguita tra l’altro con una “festa della musica” della Scuola di musica locale, col “Romanzo della Bibbia” di Aldo Cazzullo e Moni Ovadia e musiche di Giovanna Famulari, col “Menecmi” da Plauto, con l’assegnazione a Gabriele Salvatores del premio “Maestri del cinema” (e con la presentazione di un volume a lui dedicato)), con l’ “Ifigenia in Aulide” di Euripide, un “Otello” con Giuseppe Cederna nel ruolo di Iago, il “Titanic” (Stefano Massini e Corrado Formigli), “L’Io e il Noi” di Umberto Galimberti e una serata in memoria di Tiziano Terzani nel ventesimo anniversario della sua scomparsa (su questi ultimi tre eventi torneremo tra poco) e infine con “Il grande racconto del labirinto” (Arianna, il Minotauro, Teseo, Pasifar, Fedra ed Europa) a conclusione dei numerosi appuntamenti col teatro classico.
All’interno di un programma veramente vasto e di alto livello, come accennato vogliamo qui ricordare – non a caso, ma per il significato direi “etico” che acquistano in questo momento – tre serate particolari. Intanto quella cui hanno dato vita Stefano Massini e Riccardo Formigli, intitolata “Titanic” in memoria del famoso transatlantico super moderno e super lusso che affondò urtando un iceberg. Un riferimento puramente simbolico in quanto quello che sta affondando, oggi, è il nostro pianeta, ferito a morte dagli eccessi dell’industrializzazione, dell’impennata incontrollata delle tecnologie avanzate, di una competizione internazionale per il potere economico e scientifico, per il cinismo della guerre finanziarie e di mercato, la massimizzazione del consumismo e del cosiddetto “benessere”. Massini e Formigli, raccontando alcuni tragici episodi causati da questi fenomeni negli ultimi anni, hanno voluto “profetizzare” un “peggio” che si profila all’orizzonte qualora la società non si renda conto che così continuando si va verso una catastrofe irreversibile. Lanciando a tutti noi un monito: la responsabilità del destino del mondo è nelle mani di ciascuno di noi, delle scelte che da qui in avanti farà ciascuno di noi.
Umberto Galimberti, nel suo “Io e Noi”, da grande filosofo e classicista quale egli è, partendo dalla maliziosa osservazione che i ricchi si autodefiniscono “io” mentre nel “noi” s’identificano i poveri, ha giocato alla grande su alcuni dei temi che gli sono cari. Sull’ io e il noi si muovono i rapporti umani, naturalmente, il privato e il sociale, l’egoismo e l’altruismo. Il passo al legame tra razionalità e follia è breve. “Folli” sono i bambini perché la loro mente, non ancora condizionata dalla ragione, fanno del mondo una lettura libera e multiforme (un pennarello serve a colorare, ma può anche essere ciucciato, o usato per fare rumore o per picchiare il fratellino…). Ma la “follia” è quella parte dell’anima umana che presiede alla creatività e anche ai sentimenti, primo fra tutti l’amore inteso come relazione tra l’io folle e l’io razionale. E il sentimento religioso? Qui Galimberti s’è mostrato molto realista al punto di interpretare, per esempio, il cristianesimo come una religione troppo ottimista perché promette all’uomo la fiducia nel “dopo”, cioè nel domani, parla più di salvezza dell’anima individuale che della società nel suo complesso – sottovalutando però che la predicazione del Cristo è basata sulla fratellanza, sull’amore del prossimo; tutti i precetti cristiani parlano di altruismo.
Straordinaria infine la serata dedicata a Tiziano Terzani, a cura della Fondazione Stensen. Per le testimonianze della moglie Angela e dei figli Saskia e Folco – che hanno raccontato la grandezza dell’uomo vissuto a distanza ravvicinata, una grandezza basata sull’integrità intellettuale e morale e sull’entusiasmo professionale, innamorata della verità degli avvenimenti e degli uomini. Altre testimonianze – questa volta sul valore professionale e ideale – l’hanno portata gli ospiti della seconda parte del programma – i giornalisti Giovanna Botteri e Francesca Mannucchi e il fotografo Vincenzo Cottinelli. Che hanno ricordato la preparazione intellettuale, l’interesse per i retroscena delle vicende politiche nazionali e internazionali, lo spirito di indipendenza da qualunque condizionamento che caratterizzava Terzani.
La terza parte è stata animata da un neurobiologo, il prof. Stefano Mancuso, che ha letto ai presenti un poemetto “scritto” da un albero – il famoso albero piantato nel giardino della casa di Orsigna, al quale Terzani aveva messo due occhi affinché i suoi nipotini fossero consapevoli che l’albero (cioè la natura) li “guardava”. E attraverso il poemetto, infatti, l’albero ci ricorda l’importanza vitale che queste piante hanno avuto e continuano ad avere per il futuro del nostro pianeta – e con essi il mondo vegetale e naturale in genere. Un ennesimo ammonimento, insomma, a prestare più attenzione al rispetto per l’ambiente. Ha arricchito la serata – presentata da Raffaele Palumbo accanto a Alen Loreti, biografo di Terzani – la proiezione di video di Ettore Mo, Ermanno Olmi e Benedetto Valli.
Renzo Ricchi
Foto: Estate Fiesolana (Facebook)