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Michelangelo e il potere

- Cultura
4 Novembre 2024

Volto austero, quasi impenetrabile, sguardo pensoso, rivolto altrove. Ci accoglie così il Bruto di Michelangelo, opera scelta per aprire con generosità ed eloquenza la mostra a cura di Cristina Acidini e
Sergio Risaliti “Michelangelo e il potere”, ospitata nelle sale che per eccellenza rappresentano la politica nel capoluogo toscano, quelle di Palazzo Vecchio. Con i suoi lineamenti volutamente non idealizzati il Bruto, giunto come prestito dal Museo del Bargello, ci racconta le tensioni della Firenze medicea. L’opera dunque non è solo il ritratto di un uomo, ma il simbolo di una città che si ribella e afferma la propria libertà: Bruto uccide Cesare per arginare il pericolo dell’uomo solo al comando; così quest’opera è metafora di chi difende con la sua lotta la Repubblica fiorentina.

La mostra, aperta fino al 26 gennaio prossimo, da un lato ci permette di ricostruire la figura di Michelangelo e i suoi innumerevoli rapporti con i potenti, dall’altro ci guida in un viaggio alla ricerca di prospettive nuove e avvincenti sul periodo in cui l’artista è vissuto e sulle dinamiche del potere. La Sala dei Gigli ospita infatti i ritratti di uomini che hanno fatto la storia, tele che vanno a comporre una sorta di costellazione di personaggi illustri che orbitano attorno al Ritratto dell’artista di Giuliano Bugiardini. Troviamo così il profilo austero di Savonarola dipinto da Fra’ Bartolomeo, lo sguardo severo di Pier Soderini nell’opera attribuita a Ridolfo del Ghirlandaio, il celebre Cosimo I in armatura di Agnolo Bronzino, la bellezza algida della Vittoria Colonna ritratta da Cristofano di Papi dell’Altissimo.

Ai piedi di questo panteon le lettere originali scritte da Michelangelo (e leggibili su supporto digitale in trascrizione); alle spalle una gipsoteca con i calchi delle opere che hanno reso celebre il maestro, tra cui quello della Pietà Vaticana, della testa monumentale del David (che sembra con la torsione del collo, rivolgere lo sguardo al Bruto nella stanza precedente) e ancora dei due Schiavi (il Barbuto e il Morente), della Notte delle Cappelle Medicee. Suggestiva anche la riproduzione del Busto di Michelangelo, eseguita a partire dall’originale di Daniele da Volterra.


A dare valore aggiunto al percorso espositivo è la stessa sede in cui le opere sono ospitate. Come spiega
Cristina Acidini “anche le opere d’arte più celebri e i documenti più noti possono esprimere nuovi significati, quando vengono inseriti in un contesto che esalta certi loro aspetti, abitualmente difficili da percepire”.

Ilaria Clara Urciuoli

Foto: Leonardo Morfini

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