Grazie a un bel reportage uscito su il Giornale, realizzato dal vicedirettore Marco Zucchetti, ho conosciuto la storia di un toscano che si fa onore nel mondo: Claudio Corallo. Fiorentino, 73 anni, agronomo, da anni vive e lavora a São Tomé e Príncipe, un arcipelago di una ventina isole nell’oceano Atlantico al largo dell’Africa centro-occidentale, nel golfo di Guinea. Si guadagna da vivere coltivando cacao. Ha iniziato nel 1992, quando si è trasferito São Tomé. Prima, per diciotto anni, ha vissuto nello Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, specializzandosi nella coltivazione del caffè. La sua produzione è di alta qualità, ma l’instabilità politica del Paese lo costringe, a inizio anni Novanta, a trasferirsi altrove. Anzi, il suo non è un trasferimento ma una vera e propria fuga rocambolesca, per salvare la pelle. In questa fuga perde quasi tutto, salvo alcuni preziosi semi di caffè che porta con sé per la sua nuova avventura.
Com’è che dal caffè si è dedicato al cacao? Lo ha spiegato lui stesso alcuni anni fa in un’intervista al sito Velier Explorer: “Il clima e il terreno erano favorevoli, ma imprevedibilmente mi sono innamorato delle piante di cacao… sentendone il rumore del vento tra le foglie… Il caffè, poi, soprattutto le varietà di Arabica, ha avuto dei problemi per il cambiamento climatico a partire dal 2011. Le piante non fioriscono…”.
Corallo ritiene di aver scoperto un segreto, che a molti apparirà strano: l’amaro nel cioccolato è un difetto. “Ho reperito campioni di tutti i migliori cioccolati per imparare – racconta a Marco Zucchetti -. Erano tutti uguali: l’amarezza non era naturale, ma derivava da errori nella lavorazione… Il cacao è esigente e comanda. Va raccolto, stoccato e fermentato con precisione e tempestività. Farlo ha un prezzo alto e le grandi compagnie hanno preferito investire in marketing, nel bluff dell’amarezza. La realtà è che per fare il cioccolato bono ci vole il 5% di fantasia, ma il 95% di lavoro rigoroso.
Tutti noi abbiamo sempre dato per scontato che il vero gusto del cacao, non addolcito dallo zucchero, fosse amaro, invece questo imprenditore fiorentino trapiantato in Africa ci svela che la verità è un’altra. Davvero interessante. E sicuramente vale la pena, per i turisti che arrivano sull’isola, farsi una degustazione di cioccolata, che Corallo organizza ogni giorno nel proprio laboratorio.
La cosa divertente e a dir poco sorprendente è che a Corallo la cioccolata non piaceva affatto. Come ricorda nell’intervista al Giornale “a me la cioccolata non è mai garbata. L’ho sempre trovata amara. Mangiavo il Toblerone e all’uovo di Pasqua preferivo le sorprese. Del cacao ho sempre amato solo due cose: il rumore delle foglie mosse dal vento, quasi un fruscio di carta pergamena, e il profumo dolce della cabosse, il frutto appena spaccato”.
Ma alla fine di questa storia qual è il vero segreto del cacao? La parola a Claudio: “Il cacao meno lo tocchi, meglio è. Chi viene da me in laboratorio deve uscire con la voglia di fermare gli sconosciuti per strada e raccontare loro che ha assaggiato qualcosa di mai provato prima”.
Siamo certi che chi ha gustato i suoi prodotti avrà toccato con mano la magia di un cioccolato davvero speciale. Un prodotto di nicchia nato da una materia prima africana, di altissima qualità, lavorata grazie alla bravura e all’intelligenza di un grande toscano nel mondo.