La stagione 2016-2017 è già nella storia del Pisa calcio. È stato un anno vissuto pericolosamente, per usare una citazione cinematografica. La società è arrivata sull’orlo del baratro, con il rischio concreto di tornare a giocare coi dilettanti. Poi, dopo mesi e mesi di apnea, è arrivata la “liberazione”, con la vendita del club e l’arrivo della famiglia Corrado, a riportare serenità e un progetto serio di calcio. L’eccitazione ha lasciato spazio, troppo presto, ad una crisi di gol e di risultati che è sfociata in un’amara retrocessione. Un fallimento (sportivo) che ha tanti responsabili. Eppure anche di questa esperienza bisogna fare tesoro, per risalire al più presto dove ci compete. Abbiamo rivolto alcune domande ad Andrea Chiavacci, collaboratore de Il Tirreno e di TuttoPisa, nonché da sempre tifoso dei colori nerazzurri.

Quello che si è chiuso per il Pisa è un anno da dimenticare o un anno da cui ripartire sognando di nuovo in grande?

È un anno da non scordare perché ha unito ancora di più la tifoseria. È successo di tutto ma adesso bisogna voltar pagina e spero che la società faccia tesoro di questa breve parentesi in B per capire cosa non ha funzionato e rilanciare il progetto per riportare in alto il Pisa.

Cos’è mancato per centrare la salvezza? Era davvero un’impresa impossibile? Avendo fermato alcune big sembrava che il Pisa fosse in grado di farcela…

Quello che è successo nella prima parte di stagione non è un alibi ma un dato di fatto. Purtroppo la squadra ha speso tante energie fisiche e nervose, pagandole al ritorno dove addirittura ha fatto meno punti rispetto all’andata. Devo però dire che una volta tornati alla normalità societaria mi aspettavo qualcosa in più. Il mercato alla lunga non ha dato i frutti sperati e la squadra dopo Vicenza è diventata irriconoscibile. Salvarsi era un’impresa difficile ma non impossibile. La salvezza si conquista negli scontri diretti non fermando Frosinone e Verona. Nelle gare da dentro o fuori all’Arena siamo stati poco pericolosi e non abbiamo messo la cattiveria agonistica che serve in quel tipo di partite. Appena si subiva uno schiaffo non eravamo in grado di reagire.

Terminata una stagione si fanno i bilanci e si attribuiscono le “colpe” dell’insuccesso rispetto all’obiettivo prefissato, la salvezza. Fermo restando che un po’ di responsabilità ce l’hanno tutti, come in ogni attività umana, ti sentiresti di attribuire delle percentuali?

Non mi sento di dare percentuali ma come ho detto prima i disastri della precedente gestione hanno inciso in modo importante. Il mercato però è stato insufficiente. Gattuso, parlando solo del lato tecnico, è stato molto bravo nella prima parte quando ha dato una grande organizzazione di gioco in fase di non possesso. Quando invece ha provato a costruire una squadra più offensiva non è riuscito a fargli fare quel salto di qualità sperato. Abbiamo giocato quasi sempre in orizzontale, senza mai verticalizzare il gioco anche perché abbiamo giocatori più adatti alle ripartenze che alla costruzione, quindi trovavamo difficoltà enormi quando si doveva fare noi la partita. Sicuramente anche i tanti infortuni hanno inciso.

Si riparte dalla Lega Pro e di certo non sarà facile, ma il Pisa deve farcela a tornare in B. Nessuno ha la bacchetta magica, ma cosa servirebbe?

Innanzitutto bisogna scegliere un allenatore che dia garanzie al di la del palmares. E’ una scelta decisiva perché il tecnico stesso dovrà individuare assieme alla società quei giocatori da categoria che servono per essere competitivi.

La Curva Nord del Pisa
Qual è stato il momento più bello di questa stagione?

Quando i Corrado hanno comprato il Pisa. In campo ricordo comunque con piacere la vittoria contro il Novara il giorno del ritorno in B con Gattuso che esultava dalla tribuna, era squalificato, dopo la prodezza in extremis di Daniele Cardelli.

E quello più brutto?

Purtroppo tanti momenti nella prima parte di stagione. Su tutti vedere i ragazzi del settore giovanile giocare in un parco pubblico della periferia di Pisa. Questa è un po’ la fotografia della situazione allucinante creata dai Petroni.

La sorpresa maggiore (come prestazioni) dell’ultima stagione?

Dario Del Fabro per tre quarti di campionato è stato un leader della difesa. Non lo avrei immaginato alla vigilia della stagione. Peccato che anche lui ha chiuso in calo come tutta la squadra.

Mi potresti dire la prima partita che ricordi di aver visto all’Arena? Con chi eri?

Pisa-Cremonese del 25 gennaio 1987. Finì 1-1, con reti di Nicoletti per loro e gran gol di Piovanelli per noi. Al ritorno andammo a vincere proprio a Cremona all’ultima di campionato andando in A. Diciamo che ho scelto la stagione giusta per iniziare. Quel giorno di gennaio allo stadio ero con mio babbo e ti ringrazio di avermi fatto questa domanda perché il suo ricordo lo porto sempre con me ogni volta che salgo i gradoni dell’Arena Garibaldi.

Che ricordi hai di quella tua prima volta?

Vidi male la partita, eravamo in rettilineo di gradinata e la visuale non era il massimo, dato che non eravamo arrivati in tempo per prendere i posti migliori.

Allora non c’erano ancora i posti assegnati…

Già , dovevi arrivare presto allo stadio. Mio padre però era uno che prendeva con calma le cose. Però dopo quella volta anche noi iniziammo ad andare all’Arena con netto anticipo, minimo 3-4 ore prima dell’inizio della partita. Questa tradizione l’ho portata avanti quando andavo in curva.

E ora che segui le gare in tribuna stampa?

Mi è rimasta l’abitudine. Arrivo sempre con netto anticipo.

Su Facebook hai scritto un messaggio molto toccante su Rino Gattuso. Che persona è, vista da vicino come hai avuto modo di sperimentare tu?

Gattuso è una persona schietta, trasparente e vera. Così come lo vedi è. Questa è l’impressione che ho avuto in questi due anni. Con i giornalisti ha un rapporto molto diretto e come è giusto che sia non gli sono state risparmiate anche critiche sul gioco e sulle scelte. Alla fine però credo che al di la della retorica sia stato un uomo che ha dato molto e ha ricevuto molto da questa piazza. A me personalmente lascia un ottimo ricordo e mi ha fatto piacere quando l’ultima sera, in sala stampa, ci ha salutato tutti con un po’ di emozione. Si vedeva che era sincero. Ora gli faccio un grosso in bocca al lupo per la sua nuova avventura con la Primavera del Milan. Avrà meno pressioni e potrà far crescere moltissimi giovani.

Mi sapresti indicare un pregio dei Pisani? E un difetto?

Un pregio dei pisani è quello della passione. Da poche parti in Italia c’è un attaccamento così viscerale alla squadra. Un difetto forse è che a volte siamo polemici su qualsiasi cosa, e mi ci metto anch’io, ma forse anche questo è dovuto al grande amore verso la squadra.

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