Nell’entusiasmo che attraversava la città a poche ore dalla Luminara, gironzolavo in lungo e in largo cercando di gustarmi ogni angolo, alla ricerca di qualcosa di curioso da immortalare col mio smartphone. Faceva caldo e si sudava, ma nei tratti ombreggiati si stava bene. Mi sono imbattuto davanti alla vetrina di un minuscolo negozio. All’interno un uomo, in piedi, con il monocolo sull’occhio, stava armeggiando con un orologio. All’improvviso mi è venuta un po’ di tristezza.

Quell’uomo, ormai anziano, continua a fare l’orologiaio come quando ero piccolo (fine anni Settanta primi anni Ottanta). Non credo lo faccia per bisogno, forse solo per riempire le giornate. Qualche anno fa ha subito un colpo durissimo, l’improvvisa perdita del figlio. E immagino non sia per nulla facile andare avanti.

Avrei voluto avvicinarmi per dirgli: “Salve, più di venti anni fa ci eravamo incontrati, conoscevo suo figlio”. Poi però non me la sono sentita di rompere quello strano incantesimo. Il tempo si è fermato in Piazza del Pozzetto: tutto è come prima, nulla è cambiato. Anche l’insegna campeggia ancora sul negozio: “Principe Passerotti”. E, a pochi metri di distanza, su un muro resiste una vecchia targhetta di ottone, ormai annerita dal tempo, con la scritta “Circolo culturale Niccolò Machiavelli”.

Non ero amico di Michele Passerotti, ci eravamo solo conosciuti e frequentati per un breve periodo. Ma quando seppi della sua scomparsa, a soli 33 anni, rimasi profondamente colpito.

Appassionato dei colori nerazzurri, da ragazzino aveva scattato foto a tutti i campioni di Serie A che avevano calcato il prato dell’Arena Garibaldi. Nel 1994, dopo la fine ingloriosa del Pisa Sporting Club, aveva rilevato il marchio, che poi era finito sulle maglie di una squadra che militava in Terza categoria. Moda, sport, orologi, profumi, politica, giornali… a Michele piaceva buttarsi in mille avventure. Come ha scritto Doady Giugliano, “viveva in fretta ed ha sempre bruciato le tappe”. Anche alla fine, andandosene davvero troppo presto.

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